Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Lingue e Istituzioni Economiche e Giuridiche dell Asia e dell Africa Mediterranea Tesi di

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1 Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Lingue e Istituzioni Economiche e Giuridiche dell Asia e dell Africa Mediterranea Tesi di Laurea Strategie e formati di distribuzione dei beni di lusso in Cina. Il caso Gucci. Relatore Ch. Prof. Alessandra Perri Correlatore Ch. Prof. Paolo Magagnin Laureanda Gaia Rudoni Matricola Anno Accademico 2012/2013

2 Se vuoi qualcosa nella vita, allunga la mano e prendila -Into the Wild-

3 Ringraziamenti Ai miei genitori. Per i loro sacrifici fatti in mio nome, per essermi sempre stati accanto durante questo lungo e a volte difficile percorso di studi e per avermi insegnato a non arrendermi mai nella vita. Alla mia mamma, per esserci sempre per me. Al mio papi, che come me è di poche parole, ma che con i suoi silenzi spesso dice molto. Spero in questo giorno di rendervi orgogliosi di me. A mia sorella Tania e al suo compagno Andrea. Per avermi insegnato a rialzarmi dopo ogni caduta, a stringere i denti e ad arrivare più forte che mai ai traguardi che mi ero prefissata. Alla mia amica Camilla. Per esser diventata la persona su cui contare in qualunque momento della vita, per aver condiviso con me questi ultimi anni, pieni di momenti felici e a volte difficili, per avermi insegnato a credere in me stessa e avermi dato forza e coraggio per poter a termine gli studi. Alle amiche d infanzia Eleonora, Marika e Valentina. Perché dopo alcuni anni lontane ci siamo ritrovate più unite che mai, per l amore incondizionato che ci doniamo a vicenda ogni giorno da 25 anni. A Marco e Matteo. Per essere amici dal cuore d oro e persone umili, compagni di viaggio di stupende avventure in Cina. A Federica, Rossella e Benedetta. Per aver fatto nascere un amicizia vera e profonda dall altra parte del mondo, per aver conquistato insieme a me la Cina e per avermi sostenuto quando ne avevo bisogno. Ad Alessandra. Per esser stata la coinquilina perfetta, per esser ora l amica perfetta. A Michela L., Michela M. e Giulia. Per non esser state delle colleghe, ma delle amiche, per aver condiviso con me giornate di lavoro che si sono trasformate in momenti indimenticabili, per aver riso e pianto insieme a me e per esser diventate punti fermi della mia vita.

4 A Sean. Per esser una persona stupenda e l amico con la A maiuscola che tutti vorrebbero avere, perché so che in qualunque parte del mondo saremo, potrò comunque contare su di te. A Leonardo. Per essere in grado, con la sua gioia di vivere e con i suoi sorrisi, di trasformare le mie giornate più brutte in momenti di felicità. Al mio nuovo amico Luca. Per aver letto per primo la mia tesi, per esser stato in grado di trasmettermi serenità e forza in questo ultimo mese. Allo staff Gucci di Milano Galleria. Per avermi fatto vivere un esperienza lavorativa indimenticabile e assolutamente costruttiva. In particolare grazie a Paola Cacco, direttrice del negozio, per il sostegno e per l aiuto ricevuto anche per la realizzazione della tesi. Al Dott. Andrea D amato. Per la sua estrema disponibilità e gentilezza, per il tempo messo a mia disposizione e per il grande aiuto che mi ha dato. Al Prof. Magagnin. Per la sua grande professionalità, disponibilità e gentilezza dimostratami durante tutto il periodo di stesura della tesi. Alla Cina. Per avermi fatto innamorare di lei. #grazie

5 Abstract- 前言 我的论文主题基于中国奢侈品市场, 通过我在米兰的 Louis Vuitton 和 Gucci 专卖店里的对负责中国客户经验, 这两份工作, 我有了中国新奢侈品客户的近距离接触 同时我也更进一步地考虑, 认识和了解了在 80 年代对奢侈品概念不是很完善的中国人, 而如今他们毫无疑问地成了这个市场的主角 有了第一次机会在 La Rinascente 百货店的 Louis Vuitton 专柜店, 接着在全世界最有名之一的品牌 Gucci. 我在这两次的工作经验里调查了品牌策略和最受欢迎的国际品牌在中国是如何形成的, 最后, 我们来了解如何, 哪里适合开销售站点 那么, 从古拉丁语里的奢侈的大体概念来分析, 我首先分析和总结了它的意义, 相反, 在汉语里存在双重意义 : 从一个是豪华, 另一个是奢侈 前者是指显著的积极意义, 后者是带消极意义 而最后, 大部份是表示在富人的举动肯表态 它的意义很大成程上影响了中国奢侈品经济 根据美国 McKinsey & Company 顾问公司最近调查, 中国是最大的奢侈品购买商和零售商国之一, 并仅次于世界排行第一的美国 根据 2012 年的亚洲销售总额是 150 亿欧元, 而全世界总额是 2120 亿欧元 中国销售额数据分析 ( 如果考虑整个中华大区, 包括香港, 台湾, 澳门 ) 它的总价值是 273 亿欧元 在 2010 年和 2011 年中国经济增长率为 30%, 但是因为受全球经济危机的影响, 中国的经济也跟着缓慢起来, 奢侈品需求下跌至 7% 这个飞速惊人的经济发展是通过 70 年代末的政策变动, 经济改革和文化革命失败后的门户开放政策 四个现代化 政策计划即 门户开放 政策推动了中国经济飞速发展, 也显著地提高了中华人民的生活质量 接着,2001 年中国加入了全世贸易组织, 意味着中国对全世界开了市场的大门, 给全世界的商业机会创造了优越的条件 随之显示出思想主义与消费主义的新的现象 就这样开始产生了中国社会内部里的新的唯物主义的新的态度和表现 新的奢侈品消费者之间他们互相交换现代价值 在汉语上下文章里, 唯物主义表示于社会等级 这种思想强调对中国人有多么重要, 当一个消费选择反映自身社会地位时候 当然, 从这个角度, 即极度唯物主义带给了中国人一个真正的奢侈品痴迷

6 购物的自然表现和选择对新的消费者越来越重要即 : 保护形象和送礼 谈到保护形象在中国社会里有着巨大的作用, 在社会内部里通过奢侈品的消费, 展现, 拥有可以毫无疑问的扩展自身价值和荣誉 至于送礼 - 这一行动主要表现在以做礼物为目的购物, 即最终目的是 保留面子, 又是为送礼者也是为收礼者 送礼文化也在很多社会里存在, 但是中国最为明显 :2012 年, 以送礼为目的的销售占总销售的 25% 就这样在汉语里奢侈品的概念与中国奢侈品消费跟西方的消费有差别 : 年轻人, 大部分是属于中国精英社会新阶级 ( 女性们的购买力和比率越来越扩大 ) 最后章节以品牌的重要性和中国消费者对品牌的认识结尾 本论文的第二部份主要谈论中国的奢侈品战略与渠道 一个奢侈品公司的产品分配选择象特定产品的销售是否成功 这里分配的意思是从完成品的销售活动到最终用户 当然产品在市场的最终目标是建立销售点, 建立一个品牌特征, 即让消费者感受和获取产品大部份信息, 然后消费者们再以信息为基础怎么样在市场上展现的, 再去购买 又关于中国产品分配制度,2004 年从选入到 WTO, 从部门开放到外海投资等等注册了引人注目的发展 : 从那时候开始, 中国的国外企业的确有了明显的增长 在中国, 产品分配渠道选择上也是和其它国家一样, 首先在直接和间接的过程中从基础着手, 在贸易中间商的供应与需求层次上形成了各自的特色 相继的章节里更深入分析直接与间接的双方选择 就像上面提及到一样, 直接分配渠道预测生产者和最终消费者的中间商缺陷, 就这样允许让品牌直接经营销售活动与销费者, 更深入地认识客户, 更坚定地维持品牌形象和销售点风格地一致性 这些所有正面因素表示了哪些是对企业的最有效奢侈品分配方式, 尽管需要较高的初始投资, 实现了更高的利润, 并在危机时刻降低经营亏 通过直接渠道选译, 企业输出产品同时还决定在中国市场上自己的奢侈品派上用上 : 为了实现这种渠道, 企业经常信任自己国家的工人, 和外国结合一起经营外贸活动, 促销和当地市场的产品分配 而间接分配, 它是由生产者, 消费者或最终客户之间的一个或更多的中间上形成的 引进这奢侈品的公司们在第一次发展阶段为了减少在市场上吸引力不够大的产品或者认识不广的风险, 与那些直接分配或地方当地中间商, 公司要求经营上

7 的最低固定支出 通过奢侈品公司的直接分配, 和一个有效的当地奢侈品提供商创造更高的合资可能性 : 这些战略最终为品牌创造一个明确的分配网 在章节的第二个部分描写了在中国的市场既为是直接分配又是间接分配奢侈品的主要分配与提供 奢侈品直接分配渠道主要形态是旗舰店, 即所有全是企业, 与 200 多平方的表面积, 设立在全世界首都主街里 在旗舰店内部里可以找到产品分类和自主品牌所有的产品目录 ; 它的最终目的不完全是为了高度的营业额, 而是为了传达品牌的价值和生活风格标志 2011 年记录了奢侈品公司方面在中国的这种设立销售点趋向 : 其间有英国的注意品 Burberry 开了它的最有名的技术和全世界和北京的旗舰店和创新, 意大利著名女士名牌 Max Mara 在中国成都开了在亚洲最大的旗舰店, Louis Vuitton 在上海六六广场开了世界最大的旗舰店, 法国品牌 Moncler 在北京三里屯 North Village 开了一家在中国最大的旗舰店 还有重要的分配渠道当然是个别品牌直接经营的销售点方式 : 比如整体店面积 50 到 200 平方米, 这些店可以在主要城市的著名大街上找到, 这些战略经常象征着一个高信用的回报 潜力性很大的客量输送到这些中心里 个别品牌销售的主要作用是保证销售额和达到公司所要求到的目标 在中国直到 90 年代末, 像 Ermenegildo Zegna 和 Burberry 国际有名的时装名牌通过直接在顶级洒店或五星级酒店设立销售点方式已经占脚了中国市场 加入国际贸易以后, 对中国的消费者奢侈品的需求迅速增长, 精品店的数目也过度增长 比如, 最重要的中国城市 : 北京, 上海, 深圳, 广州到至今还占据名品销售主要地位, 但是中国市场, 中国是发展中国家, 城市化也很迅速, 所以竞争性也越来越激烈 本论文继续研究和分析直接分配的其它形态 : 专卖店与专卖店, 厂家直销折扣店, 短期店等等 第二章节谈论间接分配渠道, 毫无疑问主要的渠道是百货公司 : 巨大的奢侈品购物中心, 它很受奢侈品公司的喜爱 在 2012 年, 成都, 天津, 沈阳, 北京等城市被评为前例, 这些城市均有全世界最大的十万平方米的新的贸易中心, 以最出名的有 : 东方新天地, 新光天地, 北京银泰中心和世贸天界 多品牌的销售店即代表相对不是很著名品的提供产品方式 通过中间商专家的帮助, 品牌可以有能力地给新的消费者意见 但是在中国, 这种销售方式对于奢侈品角度来讲不是很成熟, 就以 2013 年的在上海开业的 10 CORSO COMO 店为例, 同时也意味着庆祝米兰店

8 10 CORSO COMO 在上海的南京路开业, 整个四层里紧紧地摆满了有特色设计的时尚产品, 一个咖啡厅, 与一个画廊 还有对间接分配的主要表现是免税店, 它们通常坐落在机场, 游轮船, 以及地方自由区的销售店里 毫无疑问, 最理想的分配渠道的方式是机场 : 根据最近数字报道,2010 年, 中国游客在法国机场购买的金额为 6,5 亿欧元 论文的第二章节简单描述特计经营 本论文的第三章节, 即最后一节谈论商业案例 : 我选择了在中国的 Gucci 的商业活动与案例 Gucci 在消费者之间称为众多品牌当中消费量最大的品牌之一, 最有名声, 声誉,Gucci 到至今仍维持和代表在国际上意大制造传统 1921 年,Guccio Gucci 在佛罗伦萨创办, 属于法国的 Kering 集团,2012 年 Gucci 公司的利润占 Kering 整个集团的 50% 以上 : 在 Luxury Division 的报道 Gucci 集团利润是 62,1 亿欧元, 即 36,4 亿欧元 在第三章的第三段里讲述 Gucci 在中华人民共和国的商业活动 从 1998 年 Gucc i 进入中国大陆, 从来没有停止过对中国的消费者的征服, 直销店的数目一年比一年增多, 至到现在已经足足有 59 家店 相继地在第二, 第三线城市的为销售店的开业, 在分配的选择战略也越来越受到公司的关注 最后一段小节主要谈论 Gucci 在中国最近几年的销售战略和去向 : Gucci 表示,2012 年的销售额有所下降 ; 中国消费者的无标志产品的需求越来越增, 对奢侈品的品种要求是越来越奢侈

9 Sommario INTRODUZIONE... I 1. IL MERCATO DEL LUSSO IN CINA IL LUSSO NEL CONTESTO CINESE Definizione e interpretazione del concetto di lusso in Cina L economia cinese dopo le riforme del 1979: la nascita della cultura di consumo dei beni di lusso CONFUCIANESIMO E CONSUMO VISTOSO IN CINA Confucianesimo, materialismo e collettivismo Saving face, gift-giving e guanxi nel consumo vistoso in Cina IL CONSUMATORE CINESE DI BENI DI LUSSO Élite e middle-class cinese Caratteristiche, atteggiamento e valori del consumatore cinese di beni di lusso La crescente consapevolezza dell importanza e del riconoscimento del brand nel consumo cinese di beni di lusso STRATEGIE E FORMATI DI DISTRIBUZIONE DEI BENI DI LUSSO IN CINA LE DIVERSE STRATEGIE DI DISTRIBUZIONE L evoluzione delle strategie di distribuzione: un quadro generale della situazione in Cina Il canale di distribuzione diretto Il canale di distribuzione indiretto Il canale di distribuzione misto I FORMATI DI DISTRIBUZIONE E LA LORO PRINCIPALE FUNZIONE I FORMATI DI DISTRIBUZIONE DEL CANALE DIRETTO Il Flagship Store Il punto vendita monomarca a gestione diretta o Directly Operated Store (D.O.S.) Shop in Shop, Factory Outlet Center e Temporary Store I FORMATI DI DISTRIBUZIONE DEL CANALE INDIRETTO I department store & shopping mall Il punto vendita multimarca e i duty free shop Il punto vendita in franchising i

10 3. IL CASO AZIENDALE: IL MARCHIO GUCCI PERCHE' GUCCI L'importanza di Gucci all'interno di Kering Group La storia del marchio Gucci Il concetto di heritage alla base dei successi moderni di Gucci LE STRATEGIE DISTRIBUTIVE DEL MARCHIO GUCCI IN CINA La gestione della distribuzione internazionale del marchio Gucci La gestione della distribuzione del marchio Gucci in Cina Gucci e il cliente cinese APPENDICE 104 Intervista integrale al Dott. Andrea D'Amato, Corporate Retail Asia Region Director Gucci China CONCLUSIONE BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA ii

11 Introduzione L esperienza del lusso accompagna le popolazioni di tutto il mondo sin dai tempi più remoti. Il concetto di lusso è presente in varie forme fin dall inizio della civiltà, ma, mentre in passato, il lusso richiamava lo splendore dei tempi antichi ed era sinonimo di eleganza e raffinatezza, a partire dal XIX secolo, la sua connotazione cambiò totalmente: ora lusso è sinonimo di tutto ciò che implica ostentazione, ciò che permette di mettere in mostra a tutti la propria identità e appartenenza sociale, e soprattutto ciò che si vuol far credere di essere agli altri. La quota di mercato occupata dal consumo di beni di lusso è diventata così via via sempre più importante per tutte le economie, in particolar modo per quelle in forte sviluppo. Nel 2012 il mercato globale dei prodotti di alta gamma, infatti, ha continuato a crescere ad alti livelli grazie ai consumi delle maggiori potenze al mondo: le vendite registrate a fine anno hanno raggiunto quota pari a circa 212 miliardi di euro, con una crescita del 10% rispetto al 2011 (del 5% a cambio costante). Di questi, ben 15 miliardi di euro sono il solo ricavato delle vendite effettuate in Cina 1. Similmente a quanto successo in Giappone circa vent anni fa, il consumo di beni di lusso in Cina è ora alle stelle: non sono più, infatti, solo i super ricchi ad acquistare tali beni, ma anche, e soprattutto, molte persone comuni, sempre più desiderose di possederli, con particolare riferimento ai prodotti dal marchio occidentale. La Cina, infatti, è fra i più grandi consumatori e acquirenti al mondo di beni di lusso. Dopo essere cresciuta del 30% nel 2010 e nel 2011, a causa di un leggero rallentamento nel tasso di crescita economico rimasto comunque ancora molto solido e fermo a un valore del 7%, la domanda di beni di lusso nel 2012 è calata al 7% 2 : nonostante questo il Paese del Dragone è comunque riuscito a spodestare il Giappone dal secondo posto nella classifica mondiale e posizionarsi dietro solamente agli Stati Uniti. L idea, quindi, di sviluppare questa tesi di laurea affrontando uno studio sulle caratteriste del mercato del lusso in Cina e sulle strategie e i formati di 1 Bain & Company, 2012 Luxury Goods Worldwide Market Study, Bain & Company & Fondazione Altagamma, < Milano, ottobre 2012, (Accesso 15 ottobre 2013). 2 Bain & Company, 2012 China Luxury Study, Bain & Company, < aspx>, dicembre 2012, (Accesso 27 ottobre 2013). I

12 distribuzione di tali beni sul suo territorio, nasce anche a seguito di un esperienza lavorativa della durata di due anni presso le boutique milanesi di due dei più famosi brand internazionali al mondo come Louis Vuitton e Gucci in qualità di sales assistant per la clientela cinese. Lavorando, appunto, a stretto contatto con i nuovi consumatori del lusso cinesi, è nata in me la voglia di scoprire e studiare più a fondo la nuova realtà consumistica cinese per i beni di lusso, cercando in particolar modo di comprendere quali siano le strategie e i formati di distribuzione preferiti dai brand internazionali (con particolare riguardo per i marchi italiani) per il proprio sviluppo e successo nel mercato cinese. L elaborato si articola in tre parti: nella prima parte viene proposta un analisi del settore lusso in Cina, in particolar modo dal punto di vista economico-filosofico, e del consumatore cinese; nella seconda parte si affronta, invece, nello specifico il tema della distribuzione dei beni di lusso sul territorio cinese. A tale proposito, infatti, viene fornita una chiara e netta trattazione dei vari canali distributivi e dei loro principali formati di distribuzione scelti dalle aziende del settore. La prova si conclude con lo studio di un caso aziendale, svolto attraverso un lavoro di ricerca sull azienda Gucci, realizzato anche grazie al contributo ricevuto dall intervista rilasciata dal Dott. Andrea D Amato, Corporate Retail Asia Region Director Gucci China. Nel primo capitolo, partendo da un analisi della definizione vera e propria del concetto di lusso nella cultura tipica occidentale, viene analizzata più da vicino l interpretazione data invece nella Cina moderna. La duplice connotazione positiva di prosperità e benessere, combinata con quella negativa di stravaganza e spreco data al termine, infatti, nel corso dei tempi ha creato diversi problemi sia in ambito storico-filosofico sia economico. Partendo, poi, da un analisi del mercato del lusso domestico dell ultimo anno, è risultato opportuno studiare più da vicino le conseguenze derivanti dalla scelta attuata dal Paese, a partire dalla fine degli anni Settanta, di abbandonare l economia pianificata a favore di un economia socialista orientata al mercato. A seguito dell insuccesso della Rivoluzione Culturale, della recessione economica e della paralisi della produzione che ne derivarono, infatti, il governo centrale dovette intraprendere una serie di riforme al fine di attuare un programma di modernizzazione socialista: il Paese andava risollevato il più presto possibile. L economia cinese, a partire dalla metà degli anni Ottanta e con il successivo ingresso nel World Trade Organization del 2001, si risollevò completamente. II

13 Parallelamente all apertura del Paese ai mercati internazionali, emerse una nuova ideologia dei consumi abbinata a nuovi comportamenti e atteggiamenti materialistici dei cittadini cinesi. La seconda parte del capitolo è invece dedicata prima allo studio di due fattori che hanno indubbiamente enorme influenza sul consumo di beni di lusso in Cina, il Confucianesimo e il concetto di consumo vistoso, e poi del consumatore cinese di beni di lusso. Analizzando più da vicino i valori tradizionali promossi dal Confucianesimo e i valori moderni emersi nella nuova società consumistica come quello di materialismo e collettivismo, infatti, viene sottolineato quanto questi determinino la natura e le decisioni del comportamento e dell acquisto del consumatore di beni di lusso. Confucianesimo e materialismo spesso associato anche al concetto di collettivismo- rappresentano rispettivamente i valori tradizionali e moderni, e dagli studi effettuati, è risultato quanto entrambi siano di forte influenza per i cinesi nelle loro scelte in materia di consumo di beni di lusso. Particolare attenzione viene poi data ad alcuni aspetti particolari del Confucianesimo che, a mio avviso, esercitano anch essi una forte influenza nel consumo di beni di lusso nel Paese: ovvero, saving face e gift-giving. L importanza di mantenere la faccia, vale a dire la capacità di ottenere e soprattutto mantenere il rispetto degli altri, gioca un ruolo fondamentale all interno della società cinese: cos altro, quindi, meglio di un bene di lusso, riconoscibile da chiunque, può donare prestigio e render noto a tutti il proprio status sociale nel mondo cinese? Al giorno d oggi nient altro. L importanza del saving face si riflette indubbiamente anche nell azione del gift-giving, traducibile nell acquisto di beni destinati a esser donati come regalo al fine appunto di salvare la faccia sia del donatore che del destinatario. Secondo ricerche effettuate in merito, nel 2012 le vendite destinate a questo tipo di mercato costituivano ben il 25% delle vendite totali del Paese 3. Come il concetto di lusso cinese, anche lo stesso consumatore cinese si differenzia dal consumatore occidentale. L ultimo paragrafo del capitolo viene così dedicato all analisi del consumatore di beni di lusso. A seguito delle riforme economiche degli Ottanta, prese sempre più forma una nuova classe sociale, denominata élite cinese: sono proprio coloro che formano questo nuovo gruppo di individui i principali acquirenti di prodotti di alta gamma del mercato locale. I nuovi ricchi cinesi, appartenenti come detto all élite ma anche alla classe media, altra importante forza motrice del consumo di lusso in Cina, si differenziano 3 Bain & Company, dicembre 2012, Ibidem. III

14 notevolmente rispetto ai consumatori del resto del mondo: sono molto più giovani, sono costituiti in gran parte da individui di sesso maschile (anche se le giovani donne cinesi stanno acquisendo sempre più potere e quote nel mercato), e acquistano principalmente per gratificarsi. Il capitolo termina con una riflessione sull importanza che hanno il brand e la riconoscibilità della marca per i consumatori locali. Il secondo capitolo è dedicato alle strategie e ai formati di distribuzione dei beni di lusso in Cina. Partendo da una descrizione del ruolo e del compito che ha la distribuzione e la politica distributiva adottata da un brand, vengono analizzati i recenti sviluppi del sistema cinese e schematizzati i principali modelli di distribuzione adottati dalle aziende estere per i loro prodotti in Cina. Per comprendere appieno le caratteristiche del sistema distributivo cinese, il capitolo prosegue con un analisi sui principali canali di distribuzione: diretto, indiretto e misto. Il canale di distribuzione diretto, il quale si caratterizza per l assenza di intermediari tra produttore e consumatore finale, è indubbiamente il canale preferito nella distribuzione dei beni di lusso in quanto permette al marchio di mantenere una forte coerenza tra l immagine di marca e lo stile del punto vendita, dei guadagni diretti e immediati e una migliore gestione dell attività con il consumatore. Il canale di distribuzione indiretto, al contrario, prevedendo appunto la presenza di uno o più stadi intermedi tra produttore e consumatore finale, richiede indubbiamente minor costi fissi di gestione rispetto alla distribuzione diretta ma, data la presenza di distributori o intermediari locali, a differenza di quanto avviene nel canale diretto, concede al marchio un minor controllo sull intero mercato in cui opera. La seconda parte del capitolo, dal paragrafo 2.2, è invece dedicata a una descrizione più dettagliata dei principali e più diffusi formati di distribuzione sia del canale diretto che indiretto per i beni di lusso in Cina. Partendo, così, dal canale di distribuzione diretto, vengono analizzate le caratteristiche di flagship store, punti vendita monomarca di proprietà, shop in shop, factory outlet e temporary store: di ognuno verrà data una descrizione nonché degli esempi nel mercato cinese. Il capitolo termina con un analisi dei più sviluppati e utilizzati format del canale indiretto quali department store e shopping mall, punti vendita multimarca, duty free shop e punti vendita in franchising. IV

15 L elaborato si conclude con il terzo ed ultimo capitolo dedicato allo studio di un caso aziendale: a tale scopo è stato scelto di analizzare l azienda Gucci, con particolare attenzione alla sua attività in Cina. Il brand Gucci, considerato uno dei maggiori marchi al mondo in termini di fatturato, brand awareness ed equity fra i suoi clienti, rappresenta al meglio i valori e le tradizioni del made in Italy a livello internazionale. Fondato a Firenze nel 1921 da Guccio Gucci, il marchio fa parte del gruppo francese Kering, per il quale nel 2012 ha contribuito a oltre il 50% del fatturato realizzato: infatti, dei 6,21 miliardi di euro realizzati dal gruppo con riferimento alla Luxury Division, ben 3,64 miliardi provenivano dalle sole entrate del brand fiorentino. Dopo un breve studio sulla storia e i valori moderni del marchio, nel secondo paragrafo si passa a un analisi sulle politiche distributive e d internazionalizzazione attuate dall azienda. La struttura distributiva di Gucci è costituita principalmente dal canale diretto con punti vendita di proprietà o indiretta breve con negozi in franchising, punti vendita aperti in factory outlet center sia in Italia che all estero, punti vendita di dimensioni minori aperti nei grandi e lussuosi shopping mall e punti vendita allocati nei duty free shop dei principali aeroporti internazionali al mondo: il vero punto di forza del marchio, però, risiede proprio nei punti vendita a gestione diretta, da cui, infatti, proviene oltre il 70% dei ricavi totali; attualmente Gucci conta ben 429 direct store sparsi per il mondo. Viene quindi presentata l attività di Gucci nella Repubblica Popolare Cinese. A partire dal suo ingresso nel Paese nel 1998 con il primo store aperto a Pechino, Gucci non ha mai arrestato la crescita e lo sviluppo del marchio, così come l apertura di punti vendita: ad oggi, Gucci è presente in Cina con ben 59 store, tutti a gestione diretta. Analizzando la strategia distributiva adottata dal marchio, vengono osservate più da vicino le scelte operate da Gucci con particolare attenzione all apertura di punti vendita negli shopping mall e nelle città di secondo e terzo livello del Paese. L elaborato si conclude con una riflessione sugli ultimi trend delle vendite del brand nella Repubblica Popolare e con un analisi del consumatore cinese Gucci. V

16 Capitolo 1 IL MERCATO DEL LUSSO IN CINA 1.1 IL LUSSO NEL CONTESTO CINESE Definizione e interpretazione del concetto di lusso in Cina Prima di analizzare il concetto di lusso nell immaginario cinese è opportuno darne una prima definizione generale e precisare come esso viene interpretato nella cultura occidentale. Dal punto di vista etimologico la parola lusso deriva dal latino luxus, ovvero «sfoggio di ricchezza, sfarzo, superfluità» 4, ma al tempo stesso tende ad assumere anche il significato di fasto e magnificenza. È difficile però stabilire in maniera più rigorosa cosa sia realmente considerato lusso poiché la varietà delle sue categorie merceologiche risulta essere molto ampia. Inoltre, cosa ancor più importante, la connotazione di bene di lusso che un consumatore attribuisce a un determinato bene, è soggetta a modificazioni nel tempo (così un bene come il juke-box, oggi utilizzato come elemento d arredo nelle case alla moda, negli anni Settanta era utilizzato solamente per trasmettere musica). Da luxus, inoltre, deriva anche il termine luxuria, il quale ha chiaramente un accezione negativa poiché rimanda a uno stile di vita dominato dall eccesso, dall esuberanza e dalla viziosità. Da tali considerazioni, consegue che nel lusso vi sia una coesistenza fra utile e superfluo, magnifico e malvagio, splendore e stravaganza. 4 Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, 1990, p

17 Ciò che è importante evidenziare è come il concetto di lusso si sia evoluto nel corso dei secoli passando da un valore associato alla vita pubblica a uno legato alla sfera privata e individuale. Figura 1.1: Evoluzione storica del significato di lusso. PERIODO STORICO Dall antichità al Medioevo Rinascimento XVII secolo XIX secolo XX secolo Anni Ottanta-Novanta Dal 2000 SIGNIFICATO ATTRIBUITO AL CONCETTO DI LUSSO Lusso come splendore; richiama le insegne sacre dei principi e delle divinità; le offerte fatte per propiziarsi le divinità Apice del concetto con Luigi XIV dove lusso è pompa, ostentazione e, a differenza del periodo precedente, viene associato a un valore profano Lusso come piacere privato e discreto; stile di vita caratterizzato da possibilità di spesa che evidenzia eleganza e cura del dettaglio Non-necessario, superfluo rispetto alla vita di tutti i giorni Costoso, suntuoso, raffinato Identità sociale, ostentazione, affluenza Identità sociale, ostentazione, affluenza (mercati emergenti) Identità personale, ricerca di emozioni, rassicurazione, identificazioni affettive, gratificazione (mercati occidentali) FONTE: Erica Corbellini, Stefania Saviolo, L esperienza del lusso. Mondi, mercati, marchi. Milano, Etas, 2009, p. 9. Leggendo i vari significati attribuiti al termine lusso nel corso della storia, si evince la continuità e la relatività di tale concetto, ovvero il suo continuo definirsi in rapporto ad altri come necessario, funzionale e utile 5. 5 Erica Corbellini, Stefania Saviolo, L esperienza del Lusso. Mondi, mercati, marchi, Milano, Etas, 2009, p. 9. 2

18 Nella Cina di oggi, il concetto di lusso è confuso, in parte a causa dell inappropriata traduzione del termine, in parte per la negativa connotazione di stravaganza spesso associata alla storia e alla cultura cinese. È opportuno quindi spiegare cosa il lusso implica per i cinesi, dato che esso risulta abbastanza discostante dalla percezione occidentale. Il concetto e la definizione del termine lusso non è lo stesso nella lingua cinese e in quella latina; la traduzione cinese, infatti, è letterale e non può coprire il pieno significato della parola inglese. Il termine lusso è tradotto in due differenti modi in cinese: haohua 豪华, che significa straordinario, splendido, prospero, il quale ha un evidente accezione positiva, e shechi 奢侈, composto appunto dal carattere she 奢 ovvero stravagante, e dal carattere chi 侈, tradotto con arrogante e sprecone, da cui deriva appunto il senso piuttosto negativo di sperpero associato al termine preso in esame. Così composti, i due caratteri si combinano per formare una parola che indica la dispersione e lo spreco di ricchezza insieme all eccessiva ricerca del piacere. Il termine presenta quindi evidenti caratteristiche dispregiative. La prima traduzione di una lingua latina in cinese fu condotta da missionari cattolici e studiosi-burocrati cinesi durante la dinastia Qing ( ) 6. La traduzione non fu esattamente precisa perché il termine shechi, entrato in uso molto tempo prima di tale traduzione, veniva largamente utilizzato per descrivere lo stravagante comportamento delle persone ricche. Questa versione così adottata è tuttora in uso; essa però crea grande confusione per il business del lusso in Cina. La connotazione negativa è stata infatti di conseguenza riportata anche in termini come prodotti di lusso, shechipin 奢侈品, industria del lusso, shechipin hangye 奢侈品行业, beni di lusso, shechi huopin 奢侈货品, business del lusso, shechipin shangye 奢侈品商业, e cosi via. Ciò che va sottolineato, però, è che durante la lunga storia della Cina, i costumi sociali e le dottrine del Confucianesimo, del Taoismo e del Buddismo hanno insegnato a vivere la propria vita in assenza di arroganza ed esibizionismo. La frugalità, infatti, (esatto contrario del termine shechi) è una delle principali virtù 6 Pierre Xiao Lu, Elite China: Luxury Consumer Behavior in China, John Wiley&Sons (Asia) Pte. Ltd., 2008, pag

19 cinesi, incoraggiata sia dagli imperatori dell antica Cina, sia dal corrente governo comunista. Così, l idea di un prodotto di lusso, portando spesso con sé connotazioni di stravaganza e spreco, rischia di dar luogo a conflitti psicologici nei potenziali acquirenti. Nel 2005 il governo cinese di Hu Jintao ha introdotto the socialist concept of honor and disgrace con l obiettivo di promuovere i modern socialist values 7. Nonostante il consumo di beni di lusso venga ancora visto come qualcosa di negativo dal punto di vista del governo, la Cina ha ormai raggiunto il secondo posto sul podio mondiale dei Paesi consumatori di questo genere di beni. È quindi evidente come i consumatori cinesi non vivano più appieno la propria vita secondo i moderni valori socialisti proposti dal governo L economia cinese dopo le riforme del 1979: la nascita della cultura di consumo dei beni di lusso La Cina nell ambito dei paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) 8, pur avendo registrato nel biennio un rallentamento rispetto ai tassi di crescita a due cifre degli anni precedenti, è il paese che ha saputo meglio reagire alla crisi internazionale. Recenti ricerche condotte da McKinsey 9 suggeriscono che, salvo eventuali shock economici mondiali, il PIL della Cina, infatti, continuerà a crescere a un tasso annuo di circa 7,9% nei prossimi dieci anni, a fronte del 2,8% degli Stati Uniti e del 1,7% della Germania. 7 Pierre Xiao Lu, 2008, Ibidem, p L acronimo BRIC compare per la prima volta nel 2001 in una relazione della banca d investimento Goldman Sachs redatta da Jim O Neill - Building Better Global Economics BRICs-. L economista afferma che Brasile, Russia, India e Cina domineranno l economia mondiale e che nel 2050 il loro PIL sarà pari a quello dei paesi del G6 (Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia, Italia). Jim O Neill, Building Better Global Economics BRICs, Goldman Sachs Economic Research Group, < 30 novembre 2001, (Accesso 15 ottobre 2013). 9 Yuval Atsmon, Max Magni, Molly Liu & Liha Li, The New Frontiers of Growth, 2011 Annual Chinese Consumer Study, McKinsey Consumer & Shopper Insights, McKinsey Insights China, < ottobre 2011, (Accesso 15 ottobre 2013). 4

20 Figura 1.2: La continua crescita del PIL in Cina (valori in trilioni di dollari, 1 trilione di dollari = 1000 miliardi di dollari). FONTE: < (Accesso 15 ottobre 2013) 10. La differenza d ora in poi sarà rappresentata dal consumo, la vera e propria forza trainante, e non più dagli investimenti; il consumo, infatti, rappresenterà il 43% della crescita totale del PIL del Paese entro il Questo livello di crescita rileva che entro tale anno il PIL cinese rappresenterà per il 19% la produzione economica mondiale, rispetto al 9% del decennio precedente. Nonostante l indebolimento dell economia globale e il conseguente impatto che questo ha avuto sul mercato del lusso, il consumo di questa tipologia di beni dimostra comunque un grande potenziale di crescita in Cina. La sua domanda di prodotti di lusso, infatti, continua a salire, grazie anche alla spinta esercitata da numerosi fattori positivi, quali il crescente numero di appartenenti alla classe media e alla classe benestante, l aumento del reddito disponibile e dei turisti cinesi entusiasti di viaggiare all estero. 10 Yuval Atsmon, Max Magni, Lihua Li & Wenkan Liao, Meet the 2020 Chinese Consumer, McKinsey Consumer & Shopper Insights, McKinsey Insights China, < 2012, (Accesso 15 ottobre 2013), p. 9. 5

21 Sorpassando il Giappone, la Cina è diventata il secondo più grande consumatore di beni di lusso e, insieme agli Stati Uniti, il più grande acquirente al mondo di prodotti di alta gamma, con una crescita della domanda annua pari a circa il 7% per il 2012 (inferiore al 30% del 2011 e al 27% del 2010). Secondo la World Luxury Association, la Cina, grazie all immensa popolazione e all economia in forte crescita, ben presto diventerà il più grande mercato di beni di lusso: si prevede appunto che nel 2015 la quota di mercato occupata dai consumatori cinesi nel mercato globale passerà dal 18% al 30%, raggiungendo valori pari a 80 miliardi. Secondo quanto riportato nella nota rivista Forbes, 10 milioni di nuovi consumatori entrano ogni anno nel mercato 11. Dal 2004, inoltre, il numero di cittadini cinesi con reddito notevolmente sopra la media è cresciuto in maniera a dir poco esponenziale: se appunto fino a quell anno solo un centinaio di persone poteva vantare un patrimonio pari a oltre 1 miliardo di yuan (all incirca 100 milioni di euro), nei cinque anni successivi tale status è stato raggiunto da oltre 900 individui. Si calcola che la Cina di oggi abbia circa 50 mila miliardari, 440 migliaia di multimilionari e che registri un rapido aumento della classe media arrivata a un numero di rappresentanti pari a circa 290 milioni di individui: sono proprio quest ultimi coloro che detengono un elevato potere d acquisto misto a un forte desiderio di spendere il loro patrimonio in beni di lusso. Nel 2012 il mercato globale di questa tipologia di beni, infatti, ha continuato a crescere. Secondo Bain&Company 12, le vendite di prodotti di lusso a livello mondiale registrate lo scorso anno avrebbero raggiunto i 212 miliardi di euro, registrando una crescita del 10% rispetto al 2011 (del 5% a cambio costante): di questi ben 15 miliardi di euro sarebbero il ricavato delle sole vendite effettuate in Cina. 11 Hannah Seligson, Marketing to the New Chinese Consumer, Forbes Insights, < 2011, (Accesso 15 ottobre 2013). 12 Bain & Company, 2012 Luxury Goods Worldwide Market Study, Bain & Company & Fondazione Altagamma, < Milano, ottobre 2012, (Accesso 15 ottobre 2013). 6

22 Figura 1.3: Tendenza mondiale del mercato di beni di lusso, FONTE: Fung Business Intelligence Centre, Luxury Market in China. Huge Growth Potential ahead, Fung Business Intelligence Centre, aprile 2013, p. 7. Se si considera, però, la Greater China nel suo complesso, includendo quindi anche Hong Kong, Taiwan e Macao, la dimensione totale del mercato del lusso in Cina raggiunge i 27,3 miliardi di euro, sorpassando così il Giappone e diventando il secondo più grande mercato dei beni di lusso del Figura 1.4: Mercato dei beni di lusso in Asia per Paese nel FONTE: Bain & Company, 2012 Luxury Goods Worldwide Market Study, Bain & Company & Fondazione Altagamma, Milano, ottobre 2012, p

23 Ma come si è giunti a tutto questo? Come ha potuto la Cina in così breve tempo superare il Giappone e diventare uno dei più importanti protagonisti nel mercato globale dei beni di lusso? A cosa e a chi si deve il merito? Alla fine degli anni Settanta, a seguito delle riforme e della politica d apertura del Paese, l economia pianificata comunista è stata trasformata in un economia socialista orientata al mercato. A causa dell enorme insuccesso della Rivoluzione Culturale 13, della recessione economica e della paralisi della produzione industriale che ne derivarono, il popolo cinese si ritrovò in condizioni di estrema povertà. In aggiunta a tutto ciò, la Rivoluzione Culturale demolì la cultura tradizionale e l armonia sociale del Paese, sostituendole con i tipici slogan comunisti: l ideologia e i valori comunisti furono incorporati nella mente del popolo cinese. Nel dicembre 1978, il governo centrale intraprese un programma di modernizzazione socialista, riformando l obsoleto sistema economico, rivitalizzando l economia domestica, e aprendosi verso il mondo esterno. Il Quattordicesimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese pose l obiettivo di stabilire nel Paese un economia socialista di mercato. Nel gennaio del 1979, gli Stati Uniti e la Cina concordarono nel riconoscersi a vicenda e nello stabilire relazioni diplomatiche. Da allora, in meno di tre decenni, l economia cinese ha subito un cambiamento fondamentale passando, come già detto, da un economia pianificata a una di mercato. Non appena la forza economica del paese fu intensificata, gli standard di vita del suo popolo migliorarono nettamente. 13 La Grande Rivoluzione Culturale fu un movimento di rivolta scoppiato nel 1966, promosso e sollecitato da Mao Zedong, già estromesso dagli incarichi dirigenziali del Partito Comunista Cinese. Obiettivo principale della rivoluzione era rovesciare dal partito coloro che avevano preso la via del capitalismo, eliminare i residui dell ideologia borghese e dell eredità feudale nell ambiente culturale cinese nonché frenare l ondata controriformista promossa da Deng Xiaoping e Liu Shaoqi. Grazie al movimento delle guardie rosse, composte da giovani appartenenti alla classe operaia e alla classe contadina insieme a studenti universitari e delle scuole superiori, venivano organizzate sessioni di critica in campo accademico ispirandosi a Mao: il pensiero di Mao Zedong doveva essere assunto come guida per l azione. Tale rivoluzione fu un movimento popolare, soprattutto giovanile, il quale sfociò in violenti scontri, devastazioni e violenze da parte delle guardie rosse verso tutti coloro che venivano considerati avversari di Mao o della Rivoluzione Culturale, all interno o all esterno del partito. Le università vennero bloccate e la rivoluzione culturale diventò una vera e propria guerra civile. La forte ideologizzazione di Mao portò rapidamente a disastri sociali, economici e gravissime conseguenze sui destini individuali di milioni di individui epurati dalla vita politica ed emarginati in quella civile. Il periodo di caos proseguì fino al 1969 ma tale Rivoluzione viene considerata conclusa solo nel 1976, anno della morte di Mao Zedong. Il numero delle vittime non è mai stato dato per certo, ma sembrerebbe aggirarsi fra le e le

24 Lo sviluppo economico, ottenuto soprattutto grazie alla riforma delle Quattro Modernizzazioni 14, divenne l obiettivo centrale per i leader cinesi: la Cina era in una fase di ricreazione a 360 gradi. Insieme al cambiamento politico ed economico, si verificarono di conseguenza cambiamenti in ogni aspetto della società, della cultura e dell istruzione; così facendo, si mescolarono per la prima volta valori tradizionali, comunisti e soprattutto occidentali. In un intervista del 1985 al Time, Deng Xiaoping affermò: We used to have a planned economy, but our experience over the years has proved that having a totally planned economy hampers the development of the productive forces to a certain extent. If we combine a planned economy with a market economy, we shall be in a better position to liberate the productive forces and speed up economic growth. [ ]It is clear now that the right approach is to open to the outside world, combine a planned economy with a market economy and introduce structural reforms. [ ] In short, the overriding task in China today is to throw ourselves heart and soul into the modernization drive. [ ]China has no alternative but to follow this road. It is the only road to prosperity 15. Grazie anche a una serie di riforme attuate tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta, come il programma di decollettivizzazione della struttura agricola, la politica del figlio unico, l importante riforma della porta aperta per gli scambi commerciali con l estero 16 e la riorganizzazione delle zone 14 Il dicembre del 1978 segna di fatto la chiusura dell età maoista. Deng Xiaoping propose di abbandonare la strategia maoista e di attuare il programma delle Quattro Modernizzazione, (sige xiandaihua 四个现代化 ) riforma lanciata dallo stesso Deng Xiaoping nel 1978 nel campo della scienza, dell industria, dell agricoltura e dell esercito. 15 Eravamo soliti seguire un economia pianificata, ma la nostra esperienza nel corso degli anni ha dimostrato che avere un economia totalmente pianificata ostacola in una certa misura lo sviluppo delle forze produttive. Se combiniamo un economia pianificata con un economia di mercato, otterremo una miglior posizione per poter liberare le forze produttive e accelerare la crescita economica. [ ] È chiaro ora che il giusto approccio consiste nell aprirsi al mondo esterno, nel combinare un economia pianificata con un economia di mercato e nell introdurre riforme strutturali. [ ] In breve, l obiettivo primario per la Cina oggi consiste nel buttare anima e corpo nella modernizzazione. La Cina non ha altra alternativa che seguire quella strada. È l unica strada per la prosperità. Henning Grunwald, There is no Fundamental Contradiction between Socialism and a Market Economy, Time, < 23 ottobre 1985,(Accesso 23 ottobre 2013). 16 La politica della porta aperta (kaifang menhu zhengce 开放门户政策 ) fu avviata da Deng Xiaoping nel 1978 con l obiettivo di aprire la Cina al mondo esterno e gettare le premesse della spettacolare crescita economica del Dragone asiatico, permettendole cosi di intraprendere la scalata economica. Furono create delle Zone Economiche Speciali (ZES, jingji tequ 经济特区 ) aperte agli investimenti stranieri e al commercio con l estero, dotate di una forte autonomia specialmente in materia di commercio estero (in particolare era presente l esenzione delle imposte commerciali e industriali, l eliminazione dei dazi doganali e una tassazione sui profitti molto favorevole). Le 9

25 urbane (1984), l economia cinese si sviluppò notevolmente, e con essa anche le condizioni di vita dei suoi cittadini (in particolare di quelli residenti nelle grandi città). Dopo esser diventata membro del World Trade Organization (WTO) nel dicembre 2001, la Cina iniziò a prender parte attiva nella cooperazione economica e commerciale con gli altri Paesi. Fino ad allora, e nonostante l indubbio successo delle riforme e delle politiche di apertura dei decenni precedenti, la Cina non si sentiva ancora veramente integrata nell economia mondiale e rispettata dagli altri Paesi, anche a causa degli alti dazi doganali e alla barriere tariffarie presenti all interno del Paese che ostacolavano indubbiamente l entrata dei beni stranieri. Dopo questa spinta verso la modernizzazione, la Cina aprì cosi le porte ai mercati internazionali e a nuove opportunità di business mondiale. Di conseguenza emerse così una nuova ideologia dei consumi, e con essa iniziarono ad essere sempre più evidenti all interno della società cinese comportamenti ed atteggiamenti materialistici. I valori di questa nuova ideologia, estratti dalle teorie di Deng Xiaoping (ovvero modernità, successo, ricchezza, posizione sociale, fiducia e leadership), sono incarnati negli atteggiamenti e nei comportamenti dell élite cinese, ossia in quelli che possono essere considerati i veri e propri consumatori di beni di lusso cinesi. prime 4 ZES furono create nella provincia del Guangdong a Shenzhen, Zhuhai, Shantou e nella provincia del Fujian a Xiamen. Visto il grande successo di tale esperimento, la politica della porta aperta proseguì fino al 1984 e vide la creazione di altre 14 ZES fra cui Shanghai, Tianjin, Guangzhou, Dalian e nel 1990 Pudong. 10

26 1.2 CONFUCIANESIMO E CONSUMO VISTOSO IN CINA Confucianesimo, materialismo e collettivismo L economista e sociologo statunitense Veblen 17 espose per primo il concetto di consumo vistoso: egli insistette sul fatto che è nella natura delle persone consumare beni di grande visibilità al fine di mostrare la loro ricchezza e mantenere o raggiungere uno status sociale più elevato. Il cosiddetto effetto Veblen descrive, appunto, la disponibilità a pagare a un prezzo molto più elevato un bene disponibile sul mercato, anche simile, ma a un prezzo inferiore, e che quindi l acquirente acquistandolo e mostrandolo percepisce come molto più prezioso. Come detto nel paragrafo precedente, il consumo vistoso negli ultimi decenni si è sviluppato rapidamente in Cina e particolarmente nelle aree fortemente influenzate dal Confucianesimo. Il sistema di valori sociali asiatico si basa appunto su di esso e, nell analizzare il comportamento del consumatore di lusso cinese, non si può fare a meno di farvi riferimento: questo, infatti, esercita una grande influenza sul popolo cinese, e di conseguenza sullo stesso consumatore. Le otto tradizionali virtù lealtà, pietà filiale, benevolenza, amore, rispetto dei riti, lealtà, frugalità e senso di vergogna (zhongxiao ren'ai liyi lianchi 忠孝仁爱礼义廉耻 ) sono i pilastri morali su cui si basa la società: essi sono parte integrante dei comportamenti sociali del popolo e di conseguenza anche degli stessi comportamenti dei consumatori della classe agiata moderna. Avendo, come detto appunto poco fa, la cultura cinese le sue radici nella filosofia confuciana, per comprendere al meglio il modo di agire dei consumatori cinesi occorre necessariamente passare attraverso una descrizione di tali valori. Il concetto di collettività e famiglia ha un influenza estremamente importante nella società asiatica e nella guida dei comportamenti individuali. Il rispetto e la superiorità, invece, sono due dei valori che stanno alla base della società cinese. Infatti, coloro che sono influenzati dal Confucianesimo credono che uno dei bisogni fondamentali sia il rispetto degli altri, poiché tale condizione permette di ottenere e mostrare superiorità a livello sociale nella vita quotidiana. Il modo più semplice e veloce per ottenerlo oggi è rappresentato dal 17 Thorstein Veblen, La teoria della classe agiata, Einaudi,

27 consumo di prodotti di lusso, in quanto questi permettono, grazie al loro intrinseco valore e alla consapevolezza di esser tali fra il pubblico, di soddisfare il bisogno dei loro consumatori e di impressionare gli altri, permettendo così a chi li mostra di stabilire la propria superiorità. Rispetto ai consumatori occidentali i cinesi sembrano, infatti, dare più valore al possesso visibile in una sfera pubblica. E questa attitudine è coerente con la definizione sociale di identità nella cultura cinese, la quale promuove l espressione esterna del successo 18. La gloria e la consapevolezza di vergogna sono un ulteriore elemento che esercita pressione sui consumatori cinesi al fine di ottenere successo nella società. Vestire e utilizzare prodotti di lusso porta necessariamente gloria e rispetto alla famiglia, nonché alla comunità a cui si appartiene, essendo un chiaro segno del proprio successo; si rischia, però, così facendo di venir ammirati senza realmente aver raggiunto alcun risultato personale o possedere alcuna eredità politica familiare. Questo tipo di pressione spesso porta le persone alla vanità e a rinnegare le proprie origini e i propri valori. Veblen descrive questo comportamento cosi: [ ] Poiché il consumo di questi beni più eccellenti è un segno di ricchezza, esso diventa onorifico; al contrario, l incapacità di consumare nella dovuta quantità e qualità diviene un segno d inferiorità e di demerito 19. Il motivo per cui uomini e donne cinesi benestanti acquistano orologi Rolex e borse Louis Vuitton o Gucci non è quindi semplicemente a causa della lavorazione artigianale svizzera o del design francese e italiano: la motivazione che li spinge verso l acquisto di prodotti di questi brand di lusso trova le sue radici nei complessi valori confuciani e nel voler ottenere un riconoscimento sociale, nonché nella crescente influenza esercitata dei valori tipici del mondo Occidentale. Nel comportamento dei consumatori di beni di lusso cinesi è evidente il manifestarsi degli ideali moderni in combinazione con quelli tradizionali. L importanza, quindi, di ottenere un riconoscimento sociale in una società collettiva ha fatto si che i consumatori cinesi diventassero probabilmente i consumatori più attenti alla propria immagine al mondo. Guadagnare una grande quantità di denaro e acquistare beni di lusso, così, si sono rivelati tra gli obiettivi 18 Stefania Saviolo, Strategie di posizionamento dei marchi di lusso in Due anni di Cina. Opportunità di business, scenari in evoluzione, a cura di M. Weber, Milano, Etas, 2008, p Thorstein Veblen, 1899, Ibidem, p

28 primari nella vita di questo tipo di consumatori. I prodotti di lusso sono diventati il simbolo della ricchezza e del potere: questo si adatta perfettamente alla situazione attuale della Cina, dove diventar ricco è molto incoraggiato e esser considerato tale glorioso. Come già detto, lo sviluppo socio-economico della Cina ha avuto un profondo impatto nel consumo di prodotti di lusso del Paese: gli stessi valori moderni così come quelli tradizionali coesistendo permettono di spiegare meglio il comportamento dei consumatori cinesi. Durante il processo di modernizzazione, infatti, è emerso anche in Cina il valore di materialismo: materialismo e Confucianesimo rappresentano rispettivamente i valori moderni e i valori tradizionali, entrambi i due fattori influenzano fortemente il consumo di lusso. Materialismo e consumismo sono due termini fortemente correlati: è molto importante, quindi, includere il consumo vistoso quando si va ad analizzare quanto il materialismo abbia un impatto sul consumo di lusso in Cina. Il materialismo, infatti, influenza ciò che i consumatori desiderano dai loro beni poiché l importanza che il popolo cinese attribuisce alla realizzazione materialistica oggi ha un impatto altamente rilevante su molti aspetti della società. Nel contesto cinese, il materialismo presenta una stretta relazione anche con il concetto di status: i cinesi con le loro scelte di consumo desiderano riflettere il loro status sociale. È evidente come l attenzione cinese per la realizzazione materialistica abbia modificato l idea di status e, al contrario dei tempi in cui questo veniva ereditato o attribuito per merito, la ricchezza e il successo sono diventati ora i veri indicatori di tale condizione sociale. Nella Cina attuale, più soldi si spendono, più si mettono in mostra i propri beni, più sarà alto lo status che si guadagnerà nella società. In Cina, il consumo di beni di lusso non è solo ed esclusivamente mera questione di gusto come nei Paesi occidentali: qui il consumo cospicuo è fine a se stesso e il motto sembra essere se avete, ostentate 20. L alto grado di materialismo ha quindi portato il popolo cinese a una vera e propria ossessione per i beni di lusso. Nello spiegare come il Confucianesimo influenza il comportamento dei consumatori di lusso cinesi, risulta importante mettere a fuoco anche il concetto di collettivismo. Il collettivismo può essere definito come termine per indicare una 20 Radha Chadha, Paul Husband, The Cult of the Luxury Brand: Inside Asia s Love Affair with Luxury, London, Nicholas Brealey International,

29 visione di tipo morale, politica o sociale che enfatizza l'interdipendenza di ogni essere umano all'interno di un gruppo collettivo e la priorità delle finalità di gruppo sulle finalità individuali. I collettivisti si focalizzano sui concetti di comunità e società 21. Sulla base di ricerche sulla cultura e sui valori cinesi, è emerso quanto il popolo sia influenzato dalla dimensione collettivistica; tuttavia, anche l individualismo sta cominciando a condizionare il popolo cinese. A seguito della modernizzazione della società, infatti, il carattere cinese sta cambiando: questo si sta orientando sempre più verso una direzione individuale piuttosto che collettiva. Collettivismo e individualismo possono così coesistere anche all interno della cultura cinese. La comparsa in Cina delle caratteristiche sociali annesse all individualismo (come la maggior libertà) rispecchiano il processo di modernizzazione che la Cina sta vivendo in cui i valori collettivistici rappresentano valori più tradizionali, mentre l individualismo quelli più moderni. Nonostante questo, però, il collettivismo rimane il fattore dominante nel consumo di lusso cinese. Come detto in precedenza, le persone influenzate da valori collettivistici credono che comportarsi secondo le norme stabilite dal gruppo sia l esatta via da seguire: pertanto, se i marchi di lusso diventano la norma in una cultura collettivista, ha perfettamente senso comprarli. Di conseguenza, non è solo il materialismo che promuove il consumo vistoso fra i cinesi, ma anche il collettivismo. Molti consumatori asiatici dimostrano di non essere interessati all immagine intrinseca del brand, quanto piuttosto a come quel determinato brand venga percepito dai coetanei. Così, Se il prezzo è alto, la qualità dovrebbe esser buona, l azienda essere prestigiosa, famosa a livello internazionale, e il brand ben visto agli occhi della maggior parte degli appartenenti della classe medio-alta 22. Infatti, più famoso è il marchio, più è probabile che i consumatori cinesi acquisteranno prodotti di quel brand dato che facilmente potranno ottenere riconoscimento dal pubblico: questo è uno dei motivi per cui marchi ostentati del lusso come Rolex e Louis Vuitton hanno ottenuto successo nel mercato asiatico. 21 < (Accesso 25 ottobre 2013). 22 Pierre Xiao Lu, 2008, Ibidem, p

30 Se non conosco la marca, non acquisterò nessun suo prodotto tutti i miei amici sono come me 23. Grazie al materialismo, così, i marchi del lusso sono diventati sempre più popolari. Questa popolarità, tuttavia, non è solo dovuta all importanza data ai valori materialistici (come ad esempio la necessità di mostrare), ma anche a quella attribuita ai valori collettivistici, poiché se i membri appartenenti a un determinato gruppo acquistano beni di lusso, altri membri si sentiranno in dovere di fare lo stesso. Si può quindi concludere che, nonostante il crescente individualismo all interno della popolazione cinese, il collettivismo può comunque essere ancora considerato il fattore dominante in termini di consumo di lusso in Cina. Gli elementi del Confucianesimo, poi, spiegano molto bene perché i consumatori cinesi attribuiscono tale importanza ai beni di lusso. Il materialismo si sta diffondendo sempre più in Cina ma il pensiero confuciano, con la sua enfasi sul collettivismo e sulla necessità di conformarsi al gruppo, è ancora dominante all interno della società cinese Saving face, Gift-giving e guanxi nel consumo vistoso in Cina Il concetto di faccia è presente in tutte le culture al mondo, ma indubbiamente l importanza che assume all interno della cultura cinese non ha eguali: Confucianesimo e concetto di faccia sono strettamente connessi fra loro, in quanto entrambi fanno riferimento al prestigio, alla dignità e al profondo senso di orgoglio che ogni individuo deve ricercare e raggiungere. Tale nozione ruota attorno alla capacità di ottenere e mantenere il rispetto degli altri, influenzando cosi anche ogni aspetto del comportamento dei consumatori. I cinesi distinguono due diversi tipi di faccia : lian 脸 e mianzi 面子 24. Con il primo termine ci si riferisce all integrità morale del carattere di ogni individuo; 23 Pierre Xiao Lu, 2008, Ibidem, p Per approfondimenti: Tony Fang, Chinese Business Negotiating Style, Stockholm University, Sage Publications, 1999; Ge Gao & Stella Ting-TooMmey, Communicating Effectively with the Chinese, Sage Publications, 1998; Julie Li and Chenting Su, How Face Influences Consumption: a Comparative Study of American and Chinese Consumers, International Journal of Market Research, Vol.49, issue 15

31 ognuno può preservare la sua lian rispettando fedelmente i rituali e le norme sociali. Perderla significherebbe non funzionare più correttamente all interno della società. Con il termine mianzi, invece, si fa riferimento al prestigio materiale o alla reputazione e successo ottenuti grazie a sforzi personali nonché all ostentazione, tutte caratteristiche tipiche del consumo vistoso in Cina. Perdere, o causare la perdita a qualcuno, di quello che rappresenta la mianzi significherebbe recare un danno anche alla famiglia, al villaggio e perfino al Paese di tale individuo. Secondo la tradizione, infatti, perdere la faccia socialmente è paragonabile a una vera e propria mutilazione fisica. Mianzi è quindi una forma immateriale di moneta sociale e di status personale, spesso determinata dalla posizione sociale e dalla ricchezza immateriale 25. Il popolo cinese conosce perfettamente l importanza di mantenere un alto grado di controllo morale, almeno pubblicamente. Come detto sopra, infatti, l individuo cinese non vuole perdere la faccia in quanto questo comporterebbe disagio alla famiglia e al gruppo di appartenenza; in Cina mianzi non è solo simbolo di prestigio per se stessi, ma anche per la propria famiglia, i propri parenti e amici. Così: Where pride is personal, face is public. [ ] It is not necessarily about how and individual is, but how he is viewed by others 26. Da tale affermazione, quindi, si evince l importanza data dalla popolazione cinese a possedere beni di lusso riconoscibili dai propri simili, al fine di non apparire più deboli e mostrare alla società il proprio status. Il concetto di saving face nella sfera del consumo di lusso è quindi radicato e molto importante: secondo una ricerca effettuata dal China Youth Daily 27 nel 2005, l 87% degli intervistati ha affermato che il saving face è parte centrale della loro vita. A causa quindi di questa forte influenza che ha il concetto di face e saving face, i consumatori cinesi sono quasi costretti ad acquistare beni di lusso per poter migliorare, mantenere o salvare il loro io sociale. Infatti, per un cinese essere trendy e alla moda ha più a che fare con la proiezione di una posizione sociale che con il suo gusto 2, 2007, pp ; Nancy Wong & Aaron Ahuvia, Personal Taste and Family Face: Luxury Consumption in Confucian and Western Societies, Psychology&Marketing, Vol.15, pp , Yadong Luo, Guanxi and Business, World Scientific Publishing, Singapore, Dove l orgoglio è personale, il volto è pubblico. [ ] Non si tratta necessariamente di come è un individuo, ma piuttosto di come questo viene visto dagli altri. Pierre Xiao Lu, 2008, Ibidem, p Pierre Xiao Lu, 2008, Ibidem, p

32 personale 28. È evidente come il concetto di face sia un fattore di estrema importanza nella guida del consumo di beni di lusso per il popolo cinese e come essi decidano di comprare tali beni non perché vogliono, ma perché devono. L importanza del saving face si riflette inoltre nell azione del gift-giving, ovvero nell acquisto di beni destinati ad essere donati come regalo al fine, appunto, di salvare la faccia sia del donatore che del destinatario. Il regalo acquista così un valore simbolico molto forte, poiché mira a simboleggiare il rapporto tra le parti coinvolte, nonché a stabilire e mantenere rapporti sociali. Esso, infatti, non viene visto solamente come un qualcosa da scambiare, ma serve anche a simboleggiare la relazione tra le parti coinvolte. L azione gift-giving è presente in molte società, ma è in Cina che trova ancor più terreno fertile: grazie, infatti, alla gift economy 29, ovvero allo scambio personale e alla circolazione di doni, favori e banchetti, nel 2012 le vendite di beni di lusso destinati a questo tipo di mercato costituiva il 25% delle vendite totali del Paese. Figura 1.5: Quale percentuale di beni di lusso acquistati è destinata a regali? FONTE: < (Accesso 27 ottobre 2013) Erica Corbellini, Stefania Saviolo, 2009, Ibidem p Yadong Luo, 2000, Ibidem, p Bain & Company, 2012 China Luxury Study, Bain & Company, < aspx>, dicembre 2012, (Accesso 27 ottobre 2013), p

33 Donando un bene di lusso, infatti, il donatore mira a sottolineare il livello di importanza della relazione che vi è con il ricevente. I beni di lusso, quindi, sono i regali che meglio di tutti trasmettono tale messaggio. Fare un regalo in Cina, così, viene considerato un modo per ottenere qualcosa a proprio vantaggio oppure per continuare una relazione di amicizia o business. Infatti spesso, durante le attività di business, vengono donati beni di lusso al fine di mantenere i rapporti, sottolineare la propria gratitudine, nonché la propria superiorità morale e l indebitamento dell altro individuo che ne consegue. Tuttavia, molti credono che dietro a questi regali spesso vi siano intenti di corruzione: a tal fine, durante la campagna anti-corruzione, nel luglio 2012 il Consiglio di Stato ha promulgato il documento The Regulations on the Affairs and Administration of the Government Agencies, effettivo a partire dal 1 ottobre Nella normativa viene appunto negata la possibilità per le agenzie governative di acquistare beni di lusso, con lo scopo di combattere la corruzione dell apparato burocratico del Paese. In aggiunta, nel giugno 2013 il nuovo segretario del Partito Comunista Xi Jinping, ha lanciato un ulteriore campagna nella Pubblica Amministrazione a sostegno di uno stop nell acquisto di beni di lusso destinati a esser regalati a funzionari in cambio di favori oppure negli acquisti esagerati effettuati dagli stessi funzionari per poi essere esibiti in pubblico 31. A detta di molti, però, il leggero indebolimento delle vendite di questo tipo di prodotti acquistati per essere donati è solamente un fenomeno temporaneo, in quanto il gift-giving rimane sempre e comunque profondamente radicato nella cultura cinese. È quindi evidente come dietro a questo tipo di regali e doni vi sia soprattutto l intento di costruire una fitta rete globale di relazioni, quella che in cinese viene identificata con il termine guanxi 关系. Esso identifica l insieme delle relazioni interpersonali e delle connessioni personali che un individuo cinese si costruisce sin da piccolo, con l obiettivo di coltivarle nel tempo e trarne successivamente vantaggio e interesse. Data l importanza che questi legami hanno nel vivere sociale cinese, tutti i cittadini mirano ad avere un ampia e fitta rete di 31 È stato rilevato che oltre 10 milioni fra funzionari di partito e pubblici possiedono carte di credito governative con le quali spendevano in media $ 5,800 l anno, per un totale di $ 58 miliardi l anno prima della riforma. Esempio clamoroso fu il governatore del Sichuan il quale fu fotografato nelle zone del disastro dopo il terremoto del 2008 senza orologio ma con un evidente impronta chiara: segno (pare) di un Vacheron Constantin del valore di 20 mila euro. Guido Santevecchi, La rivoluzione di Xi e signora. Il lusso in Cina non tira più, Corrieredellasera.it, < b358-bbf7f1303dce.shtml >, 20 aprile 2013, (Accesso 6 dicembre 2013). 18

34 guanxi, sia in ambito familiare che in ambito lavorativo (business guanxi). In riferimento a quanto detto, spesso gli scambi che avvengono tra coloro che sono collegati da una determinata guanxi non sono solo commerciali, ma anche sociali, poiché comportano il mettere in evidenza la propria faccia, o mianzi. Nelle relazioni d affari, infatti, se si vuole coltivare o mantenere una relazione di guanxi, sarà opportuno offrire come dono dei beni costosi al fine di consolidare la propria superiorità morale e sottolineare l indebitamento dell altra persona, obbligata successivamente a ricambiare. 19

35 1.3 IL CONSUMATORE CINESE DI BENI DI LUSSO Élite e middle-class cinese A seguito delle riforme degli anni Ottanta sopra menzionate, la popolazione cinese ha subito profonde trasformazioni sociali. Infatti grazie al processo di modernizzazione, sempre più abitanti delle aree rurali decisero di trasferirsi nelle grandi e sviluppate aree urbane quali Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen, Chengdu, ecc. Ciò nonostante, la percentuale di popolazione cinese che continua a vivere nelle aree rurali, è superiore a quella urbana. Secondo il National Bureau of Statistics of China (NBS), infatti, alla fine del 2012, la popolazione urbana della Cina aveva raggiunto un valore di 712 milioni di cittadini, con un tasso di urbanizzazione del 52.6%. Nonostante questo, però, il governo sta comunque continuando a compiere sforzi al fine di spingere ulteriormente l urbanizzazione del Paese: si prevede che entro il 2020 il tasso di urbanizzazione raggiungerà una percentuale pari al 60% 32. Grazie a questo fenomeno migratorio, misto all evoluzione economica, la distribuzione delle classi sociali cinesi è andata così via via modificandosi, portando alla nascita di quelle che oggi sono chiamate élite e middle-class cinese. Le classi sociali cinesi, però, come si può notare dalla figura 1.6, data la loro recente natura, non possono ancora essere chiaramente differenziate, al contrario di quanto invece si può fare con riferimento alla società americana. 32 Fung Business Intelligence Centre, Luxury Market in China. Huge Growth Potential ahead, Fung Business Intelligence Centre, < egory=distribution>, aprile 2013, (Accesso 30 ottobre 2013). 20

36 Figura 1.6: Profili delle classi sociali e l equivalente in Cina. FONTE: Pierre Xiao Lu, Elite China: Luxury Consumer Behavior in China, John Wiley & Sons (Asia) Pte. Ltd., 2008, p. 10. È proprio l emergere di una nuova classe di consumatori urbani che ha portato alla ridefinizione del mercato cinese e alla nascita di una nuova domanda per i beni di lusso. Un brand di lusso, così, nella sua promozione e pubblicità nel mercato cinese dovrà rivolgere particolare attenzione all élite e ai componenti della leisure class, la classe agiata (Veblen 1899), rappresentanti dell upper e lower-middle class. Questi, infatti, sono gli opinion leader della società cinese: i loro successi professionali e stili di vita privati guidano l evoluzione della società di consumo del Paese. Essi diventano così dei modelli di successo da imitare per 21

37 quella fetta di mercato di massa composta da coloro che aspirano a unirsi a questi nuove classi sociali. Ogni classe sociale è definita dalle variabili socio-economiche del reddito familiare, dallo status professionale e dal livello di istruzione. Analizzando da vicino l élite cinese, si nota come essa sia composta da individui di un età inferiore ai 50 anni: il 62% di essi ha un età compresa fra i 25 e i 34 anni, il 23% fra i 35 e i 39 anni. Non bisogna quindi stupirsi se l età media fra i 1000 uomini più ricchi della Cina è di 45 anni ed il più giovane ne ha solamente Un altra caratteristica principale dell élite cinese è rappresentata dall alto livello della loro educazione e istruzione: il 65% di essi, infatti, possiede un educazione e un diploma universitario, il 28% ha frequentato un college o una scuola professionale, e solamente il 7% non possiede un diploma; quasi la metà di loro, inoltre, ha avuto esperienze di studio o lavoro all estero. Gli appartenenti all élite cinese, in particolare coloro che dispongono di maggior ricchezza, si distinguono anche per i beni che possiedono: una residenza confortevole in periferia o un appartamento nel quartieri centrale per gli affari (molti possiedono anche due o più immobili), un automobile e un elevata familiarità con i servizi finanziari (assicurazione, obbligazioni, fondi, azioni, e cosi via) disponibile per investimenti a carattere personale o familiare. Dal punto di vista socio-economico, il loro reddito annuale varia fra RMB e , l equivalente di $ e $ La popolazione cinese appartenente a questo gruppo sociale è pari a circa 190 milioni di individui, fra di essi vi sono 40 milioni di benestanti e 150 milioni di rappresentanti della middle-class. La fiorente classe media, infatti, è una delle principali forze motrici del consumo di lusso in Cina: sofistica e occidentalizzata, grazie ad un reddito annuo fra i RMB e i , si prevede che entro il 2030 sarà composta da oltre 360 milioni di individui 34. Secondo un recente studio della Chinese Academy of Social Sciences (CASS) la percentuale di cittadini appartenenti alla classe media a livello 33 Hurun Report 2013, < : Rupert Hoogewerf, in cinese Hu Run, ex giornalista di Forbes in Cina, pubblica annualmente un report elencando le 1000 persone più ricche della Cina (Accesso 3 novembre 2013). 34 Jonathan Woetzel, Xiujun Lillian Li & William Cheng, What s next for China?, McKinsey Insights China, McKinsey&Company, < >, 2012, (Accesso 3 novembre 2013). 22

38 nazionale è del 23% a fronte del 37% rilevato invece da ricerche effettuate dalla Goldman Sachs. Figura 1.7: La capacità di spesa è in aumento. FONTE: < (Accesso 3 novembre 2013) 35. Come mostra la figura 1.7, la capacità di spesa delle famiglie urbane cinesi è sempre più in crescita. La sola classe media, con un reddito complessivo approssimativo di $1.000 miliardi, ha un potenziale totale di acquisto di tre o quattro volte maggiore in termini di volume rispetto ai mercati combinati di Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia 36. Infatti, a differenza di altri mercati in cui il lusso è riservato agli individui appartenenti alla sola classe ricca, la classe media cinese è pronta a pagare prezzi elevati per i beni di lusso: essa rappresenta, appunto, una fonte importante di crescita nel consumo di beni di lusso. 35 Diana Farrel, Ulrich Gersch, Elizabeth Stephenson, The Value of China s Emerging Middle Class, McKinsey Quarterly, McKinsey&Company, < 2006, (Accesso 3 novembre 2013), p Michel Chevalier & Pierre Lu, Luxury China. Market Opportunities and Potential, John Wiley and Sons, 2009, p

39 1.3.2 Caratteristiche, atteggiamento e valori del consumatore cinese di beni di lusso Una delle caratteristiche più sorprendenti che identifica il consumatore cinese è la sua giovinezza. In generale, infatti, i consumatori di lusso cinesi sono più giovani rispetto ai loro coetanei del resto del mondo: questo può essere attribuito in larga misura alla demografia della Cina. La Cina, infatti, possiede una popolazione relativamente giovane d età, e come detto nel paragrafo precedente, come conseguenza delle riforme economico-sociali, la ricchezza del Paese è per lo più concentrata nelle mani delle giovani generazioni. Secondo lo Hurun Wealthy Report 2012, l età media delle persone che possiede un patrimonio di oltre 10 milioni di yuan in Cina è di 39 anni, mentre l età media di coloro che ne possiede più di 100 milioni di yuan è solamente di 41 anni. Come mostra il grafico nella figura 1.8, il 60% dei consumatori di prodotti di lusso in Cina ha un età compresa fra i 20 e i 39 anni, mentre solo il 38% dei consumatori dell Europa Occidentale appartiene al medesimo gruppo di età. Nei Paesi dell Europa Occidentale, il 21% dei consumatori di lusso ha un età superiore ai 60 anni, mentre in Cina solamente il 7% di fetta di mercato è occupata da consumatori aventi un età superiore ai 60 anni. Figura 1.8: Chi sono i consumatori cinesi di beni di lusso? FONTE: < (Accesso 4 novembre 2013) Roland Berger, A brand awareness upgrade. Welcoming a new era in the Chinese luxury market, Chinese Consumer Report Luxury. Roland Berger Strategy Consultants < Chinese_Consumer_Report_Luxury.html>, ottobre 2012, (Accesso 4 novembre 2013),p

40 Come si può notare dal grafico, inoltre, le donne cinesi stanno acquisendo sempre più potere d acquisto nel mercato dei beni di lusso. Fino a poco tempo fa, infatti, il 90% di tutta la spesa riguardante i beni di lusso in Cina era dettata dagli acquisti effettuati dagli uomini. Ora invece le donne sono diventate molto più indipendenti e hanno acquisito un potere di spesa superiore rispetto agli anni precedenti. Molte di loro hanno un forte appetito per il lusso e sono desiderose di premiare se stesse e mostrare il successo ottenuto indossando e portando con sé tali beni. Esse rappresentano, infatti, un segmento fondamentale del mercato di beni di lusso. Secondo dati dello Hurun Wealthy Report 2012, tra 1,02 milioni di persone con una ricchezza personale superiore ai 10 milioni di yuan, il 40% sono donne (soprattutto donne d affari, celebrità e le ricche mogli da poco indipendenti). Inoltre, è stato rilevato che la spesa delle donne benestanti sui beni di lusso personali è aumentata dal 25% del 2010 al 46% del Il Luxury Institute, inoltre, prevede che il potere d acquisto femminile cinese continuerà a crescere e che a breve vi sarà un sorpasso anche nel rendimento scolastico femminile rispetto a quello maschile, nonché del livello di carriera in tutti quei settori che sono stati precedentemente appannaggio esclusivo degli uomini cinesi. Come già detto nei paragrafi precedenti, con l aumento del reddito disponibile, sempre più clienti cinesi si sono interessati all acquisto di beni di lusso. In contemporanea, il consumo di beni di lusso si è spostato sempre più così da segno associato alla ricchezza e allo status sociale alla ricerca di soddisfazione personale e migliore stile di vita. Quali sono quindi i motivi per cui un cittadino cinese decide di acquistare un bene di lusso? Come mostra il grafico nella figura 1.9, mentre ci sono alcune somiglianze in termini di motivazione d acquisto fra uomini e donne, le donne cinesi appaiono molto più propense nell acquistare il lusso come forma di auto-ricompensa e coccole, mentre gli uomini sono più tradizionalmente guidati dallo status. 38 Fung Business Intelligence Centre, 2013, Ibidem, p

41 Figura 1.9: Differenti motivazioni nell acquisto di beni di lusso fra uomini e donne cinesi. FONTE: KPMG, Global Reach of China Luxury, Consumer Market, KPMG International, 2013, p. 40. La ragione per cui i consumatori cinesi acquistano beni di lusso reca comunque somiglianze con le principali motivazioni che sono alla base del consumo di tali beni per chi ne fa uso nel resto del mondo. Ma ciò che merita sicuramente particolare attenzione è appunto la forte voglia di auto-ricompensa che spinge i consumatori cinesi a premiarsi con beni di lusso. In Cina, infatti, il consumo tende a concentrarsi sugli accessori personali come cosmetici, profumi, orologi e articoli di pelletteria, quindi su oggetti che possono essere giustificati come tali; questo a differenza di ciò che avviene invece nei mercati più sviluppati, dove i consumatori tendono a cercare esperienze o prodotti che riflettano i loro gusti personali 39. Per l importanza data al consumo di prodotti di lusso in Cina, quindi, la sensazione di auto-ricompensa e auto-coccole è particolarmente importante. 39 KPMG, Luxury Brands in China, Consumer Markets, KPMG International, < >, 2007, (Accesso 5 novembre 2013). 26

42 Contemporaneamente alla crescita nel livello di raffinatezza ed eleganza del mercato, anche i consumatori cinesi hanno iniziato ad apprezzare il significato e la storia dei beni di lusso, intesi quindi non più solo come bene puro. Nell analizzare il consumatore cinese è importante rilevare quanto negli ultimi anni esso sia diventato sempre più sofisticato ed esigente. Il consumatore cinese di beni di lusso, infatti, ha iniziato a sviluppare una buona conoscenza dei diversi brand, della loro storia e del patrimonio culturale, rendendo così sempre più ricercate le sue decisioni d acquisto. Secondo una ricerca effettuata da KPMG 40, infatti, il numero di marchi di lusso conosciuti dai consumatori cinesi nel 2012 è cresciuto sino ad arrivare a 59, rispetto ai 57 del 2010 e 48 del 2008; inoltre, più della metà degli intervistati ha dichiarato di preferire beni di lusso di marchi ben noti, e quasi il 70% di loro di esser disposto a pagare un prezzo maggiore pur di possedere un bene di un marchio ben conosciuto. Inoltre, molti consumatori di lusso in Cina hanno cominciato ad apprezzare il patrimonio proprio dei brand di lusso, basando sempre più le loro decisioni di acquisto anche su questo. Infatti, una lunga storia e tradizione importante sono due dei criteri fondamentali richiesti dai consumatori cinesi per un bene di lusso: la storia e il patrimonio dei brand di lusso è qualcosa che non può essere copiato dai nuovi operatori sul mercato, e questo è ciò che attribuisce un enorme vantaggio competitivo ai centenari brand italiani e francesi. Proprio per questo, riconoscendo tali considerazioni, molti marchi leader nel mercato hanno promosso la loro storia aziendale e artigianalità del prodotto attraverso musei e mostre al fine di condividere la storia del marchio e mettere in mostra i disegni di molti decenni fa 41. I consumatori cinesi sono estremamente interessati alla storia e alle leggende delle grandi imprese di lusso: questo permette loro di acquisire familiarità con i diversi marchi e di associare le proprie esperienze personali con quelle degli stessi brand, creando così l occasione 40 KPMG, Global Reach of China Luxury, Consumer Markets, KPMG International, < >, 2013, (Accesso 5 novembre 2013). 41 Fra le mostre più celebri organizzate nel territorio cinese si ricorda la mostra Evolving Legend presentata presso il Museo d Arte Contemporanea di Shanghai dal brand Salvatore Ferragamo nel 2008, Coat! presentata da Max Mara nel 2008 presso il NAMOC di Beijing, la mostra Culture Chanel presentata prima presso il Museo d Arte Contemporanea di Shanghai e poi presso il NAMOC di Beijing nel corso del 2011, A Century of Excellence organizzata da Ermenegildo Zegna presso il Today Art Museum di Beijing nel 2011, Voyages organizzata da Louis Vuitton nel 2011 presso il Museo Nazionale della Cina di Beijing, ed infine 125 Years of Italian Magnificence organizzata dal brand d alta gioielleria Bulgari prima presso il Museo Nazione delle Cina di Beijing e poi presso l Aurora Museum di Shanghai nel

43 perfetta per i marchi esteri di costruire legittimità locale e lealtà tra i consumatori cinesi La crescente consapevolezza dell importanza e del riconoscimento del brand nel consumo cinese di beni di lusso Alcuni studi sul consumo europeo 42 han rilevato che la conoscenza del brand non era più un fattore preso in grande considerazione dai consumatori di beni lusso. In Europa, infatti, il consumo di beni di lusso da vistoso è diventato via via sempre più discreto: ora, infatti, si presta molta più attenzione al coinvolgimento personale rispetto agli aspetti sociali cospicui che ne derivavano. Tuttavia, in Cina, la riconoscibilità del marchio e i prodotti di lusso sono indissolubilmente legati nella mente del consumatore. Nel mercato asiatico, infatti, un brand può anche avere tutti gli attributi tipici dei prodotti di lusso ma, senza la riconoscibilità del proprio marchio, verrà considerato solamente un prodotto d alta qualità, piuttosto che come un vero e proprio marchio di lusso. Secondo i consumatori cinesi, i marchi del lusso proiettano lo status e l espressione pubblica e visibile del successo individuale; di conseguenza, il valore intrinseco e simbolico del bene e del marchio deve essere facile da riconoscere 43. Questo, di conseguenza, porta molti clienti cinesi ad acquistare, a scopo di conseguimento di status, i prodotti più costosi, a condizione che questa loro caratteristica sia nota o comunque percepibile a prescindere dalla specifica provenienza del prodotto 44. Grazie alla crescente familiarità con i beni di lusso, i consumatori cinesi sono diventati inoltre più abili e accorti nel ricercare un ottima relazione fra qualità e prezzo. Se nel passato un prezzo elevato era automaticamente segno di qualità, ora invece un sempre minor numero di consumatori cinesi utilizza questo presupposto per valutare cosa valga la pena di acquistare oppure no. Nel 2010, infatti, solamente la metà dei consumatori cinesi di beni di lusso ha equiparato i prodotti più costosi con quelli di altissima qualità, registrando un calo del 66% rispetto al biennio precedente. Secondo un sondaggio effettuato in 17 città della 42 Per approfondimenti: Selon Roux, Comment se positionnement les marques de luxe, Revue Francaise du Marketing, No , 1991; Bernard Dubois & Patrick Dequesne, The Market for Luxury Goods: Income versus Culture, European Journal of Marketing, Vol.27, issue 1, 1993, pp ; Bernard Dubois, Gilles Laurent & Sandor Czellar, Consumer rapport to Luxury: Analyzing complex and ambivalent attitude, HEC, Stefania Saviolo, 2008, Ibidem, p Tiziano Vescovi, Libellule sul Drago. Modelli di business e strategie di marketing per le imprese italiane in Cina, Padova, Cedam, 2011, p

44 Cina su un campione di consumatori di beni di lusso nel 2010, la metà degli intervistati considera il fattore qualità elemento importante nella scelta d acquisto di un bene di lusso, in aumento rispetto al 2008 dove era stata registrata una percentuale pari al 36% 45. Nel corso degli anni, l alta qualità combinata all esclusività ha continuato comunque ad essere la caratteristica principali di un prodotto di lusso per cui i consumatori cinesi sono disposti a pagare un premio. Figura 1.10: Caratteristiche appartenenti a un bene di lusso per cui un consumatore cinese è disposto a pagare un premio. FONTE: KPMG, Global Reach of China Luxury, Consumer Markets, KPMG International, 2013, p. 35. Come si nota nella figura 1.10, l attributo di eccellente qualità continua a esser considerato essenziale per un prodotto di lusso, poiché garantisce affidabilità e durata nel tempo. Sono stati, infatti, identificati due importanti indicatori di qualità: il primo si riferisce al carattere eccezionale percepito dai materiali o componenti utilizzati, come le grandi pietre sugli anelli Cartier; il secondo, invece, si basa sulla attenzione percepita e le competenze coinvolte nella produzione dei prodotti, come quelle utilizzate da Hermès e Gucci, i quali applicano la stessa tradizione artigianale per la produzione dei suoi prodotti di pelletteria che, invece, sono moderni 46. Questi indubbiamente sono i valori richiesti dagli amanti dei prodotti di lusso in Cina, i quali ricercano la bellezza e la complessità offerta da 45 Yuval Atsmon, Vinay Dixiy, Glenn Leibowitz & Cathy Wu, Understanding China s Growing Love for Luxury, McKinsey Consumer & Shopper Insight, McKinsey Insights China, < >, 2010, (Accesso 7 novembre 2013). Pierre Xiao Lu, 2008, Ibidem, p

45 prodotti quali Breguet o Patek Philippe, piuttosto che da beni che ostentano una ricchezza appariscente. Essi rappresentano, comunque, la minoranza, poiché, come detto in precedenza, la percezione generale dei consumatori cinesi di prodotti di lusso è rappresentata dalla volontà di apparire. Altra caratteristica che i consumatori cinesi hanno iniziato a ricercare nei beni di lusso è unicità e rarità intesa non solo alla limitata natura dell offerta, ma anche alla sua disponibilità e al suo utilizzo. Infatti, un bene molto ricercato ma poco disponibile sul mercato permette al consumatore cinese di poter sognare di possederlo, qualunque sia la natura che lo lega ad esso. Per i consumatori cinesi i prodotti di lusso possiedono, infatti, un dream value: essi aspirano a diventar parte di ciò che i prodotti di lusso rappresentano e, una volta posseduti, godere della soddisfazione di poter dire il sogno si è avverato!. Come detto in precedenza, infatti, i consumatori cinesi apprezzano i leggendari modelli dei marchi di lusso così come le loro edizioni limitate e, proprio a seguito del dream value in essi contenuto, sono disposti a pagare un prezzo maggiore per questi beni. In generale, i consumatori cinesi non sono pazienti e non amano stare in coda fuori dai negozi per ottenere ciò che vogliono: sono convinti che, se possono permetterselo, dovrebbero poter acquistare ciò che vogliono immediatamente. Ma questo non sempre si dimostra possibile: il consumatore cinese deve imparare che spendere denaro è anche un arte, e che la pazienza è parte del gioco. Proprio per l importanza data alla marca, i consumatori cinesi hanno iniziato sempre più a voler informarsi sulla storia e sull origine dei famosi brand internazionali: ora, infatti, sono in grado di distinguere anche il paese d origine del marchio preso in esame nonché di associare alcuni paesi con prodotti particolari. Come ci si aspetterebbe, la Svizzera è considerata al top per la produzione di orologi, la Francia per quella di profumi, cosmetici, vestiti e borse (seguita dall Italia), la Germania per la produzione di automobili: questo dimostra una continua e forte associazione per queste categorie di prodotto verso le centenarie marche europee. 30

46 Capitolo 2 STRATEGIE E FORMATI DI DISTRIBUZIONE DEI BENI DI LUSSO IN CINA 2.1 LE DIVERSE STRATEGIE DI DISTRIBUZIONE L evoluzione delle strategie di distribuzione: un quadro generale della situazione in Cina Uno degli aspetti fondamentali che determina l enorme successo della vendita di un determinato bene di lusso è la scelta strategica dei canali distributivi operata dal marchio. Con il termine distribuzione si intende l attività di vendita del prodotto finito, capo di abbigliamento o accessorio, destinata all utilizzatore finale, il consumatore appunto. Nella catena che porta dal concepimento del prodotto alla sua collocazione sul mercato la distribuzione sta assumendo un ruolo sempre più importante 47. Infatti, uno degli obiettivi principali della politica distributiva adottata da un brand è realizzare un rapido incontro fra domanda e offerta, eliminando il più possibile tutti gli ostacoli che si possono incontrare lungo la strada. La distribuzione, infatti, è una delle variabili strategiche nell ambito della gestione del marketing mix 48 per i beni a elevato valore simbolico. Insieme al punto vendita, il canale distributivo costituisce un elemento fondamentale nella costruzione della propria identità di marca, poiché il consumatore non percepisce 47 Stefania Saviolo, Salvo Testa, Le imprese del sistema moda. Il management al servizio della creatività, Rizzoli Etas, 2005, p Con il termine marketing mix si intende la combinazione di variabili controllabili di marketing che le aziende possono appunto impiegare al fine di raggiungere i loro obiettivi. Le quattro variabili che tradizionalmente vengono considerate tali (le 4P o in inglese four Ps) sono: prodotto, prezzo, punto vendita e promozione. 31

47 il prodotto di per sé, ma in quanto parte di un sistema di offerta nel quale rientra anche la modalità in cui tale prodotto è presentato sul mercato: questo risulta ancor più importante e di rilievo per i beni di lusso in quanto consente al consumatore di ottenere informazioni più complete e attendibili sul prodotto che andrà ad acquistare. Negli ultimi anni si sono verificati diversi cambiamenti nelle relazioni fra impresa e distribuzione: si è cercato, infatti, di accorciare sempre più il canale di vendita. In passato, in particolare nel periodo dal 1970 al 1980, il sistema della distribuzione era caratterizzato principalmente da canali indiretti e dalla distribuzione al dettaglio indipendente, da una netta separazione dei soggetti coinvolti e delle loro specifiche funzioni, e dalla forte presenza di grossisti e agenti plurimandatari, i quali consentivano alle imprese che si avvalevano della loro intermediazione di ottenere ordini consistenti su una varietà di modelli ridotti. Negli anni Novanta, invece, grazie a un evoluzione del settore e con esso dei gusti dei consumatori, le maggiori imprese industriali hanno iniziato ad abbandonare il canale indiretto e a gestire direttamente da sé la distribuzione dei propri prodotti sul mercato locale ed estero tramite negozi a gestione diretta (directly operated store D.O.S) e formule di partnership con distributori (franchising). Il produttore, infatti, iniziò a sostituire la rete di agenti indipendenti venutasi a creare negli anni precedenti con personale di vendita alla sua diretta dipendenza nei punti vendita di proprietà. Ad oggi, l evoluzione del sistema della distribuzione è caratterizzato dallo sviluppo di un sistema misto, sia diretto che indiretto, in cui la redditività a livello di punto vendita è uno degli obiettivi primi da raggiungere. Per quanto concerne la situazione in Cina, come detto nel capitolo precedente, a seguito delle trasformazioni di natura economica, politica e sociale avute avvio dalla fine degli anni Settanta e con l ingresso nel WTO, anche il sistema distributivo cinese, rimasto piuttosto arretrato fino agli anni Novanta, è andato rapidamente evolvendosi 49, grazie anche ad una serie di integrazioni normative elencate nella tabella in figura Per approfondimenti: Fabio Musso, Francesco Bertolucci, Alessandro Pagano, Competere e radicarsi in Cina. Aspetti strategici e operativi, Franco Angeli, Milano, 2005; Yi Ling, Eugene Jaffe, Economic development and channel evolution in The People s Republic of China, Asia Pacific Journal of Marketing and Logistics, Vol.19, issue 1, 2007, pp

48 Figura 2.1: Schema delle normative sulle attività estere nel settore distributivo in Cina. ANNO NORMATIVA ELEMENTI ESSENZIALI 1992 Trial Procedure Relating to Foreign Invested Commercial Enterprises 1996 Trial Procedures on the Establishment of Pilot Sino-foreign Trade Equitity Joint Venture (JV) 1999 Measures Concerning Pilot Projects for Commercial Enterprises with Foreign Investment 2004 Administrative Measures on Foreign Investment in Commercial Areas 2006 Administrative Measures on Retailer s Promotion Activities 2006 Management Rules on Fair Transaction between Retailers and Suppliers 2007 Commercial Franchise Management Regulation 2007 Administrative Measures on Information Disclosure for Franchise Business Agli investitori esteri è consentito entrare nel settore al dettaglio in Cina per mezzo di joint venture. In sei città e cinque ZES si possono aprire uno o due punti vendita al dettaglio di joint venture miste sino-estere. Le aziende per il commercio estero possono iniziare, mediante joint venture, attività di import-export a Shanghai e Shenzhen. Possono anche distribuire all ingrosso beni importati, ma non esercitare attività commerciali a livello domestico. Per gli investimenti esteri sono stabiliti elevati requisiti di entrata. Il partner cinese deve avere la maggioranza azionaria e il capitale minimo richiesto è di 100 milioni di RMB. Le aree pilota sono estese a tutti i capoluoghi della province e regioni autonome, alle municipalità e alle città a pianificazione indipendente. Termina la restrizione sulle operazioni di commercio all ingrosso. Queste misure sostituiscono quelle precedenti del 1999 (Measures Concerning Pilot Projects for Commercial Enterprises with Foreign Investment), mettendo fine alla fase dei progetti pilota nel settore del commercio in Cina. Vengono regolate le attività promozionali dei dettaglianti relativamente a prezzo, pubblicità, restituzione o cambio di prodotti, servizi post-vendita, sicurezza, ecc. Queste misure sono applicabili ai dettaglianti con vendite annuali superiori ai 10 milioni di RMB e ai loro fornitori. I dettaglianti non possono addebitare ai loro fornitori fee addizionali senza specifico accordo tra le parti. I dettaglianti devono pagare quanto pattuito per tutti gli articoli ordinati, anche se non venduti; con pagamento non oltre 60 giorni dal ricevimento della merce. Sono previste delle misure per tutelare anche gli interessi dei dettaglianti. Vengono stabiliti i diritti e le responsabilità dei franchisor e dei franchisee, delineando un quadro normativo per il contratto di franchising. Specifica ulteriormente le informazioni richieste nell accordo di franchising. 33

49 2007 Administrative Measures on Filing Franchise Business 2007 Administrative Measures on Food Safety Esplicita nel dettaglio le procedure e le norme da rispettare nelle attività di franchising. Definisce le responsabilità di grossisti e dettaglianti a tutela della sicurezza alimentare Anti-monopoly Law Vengono stabilite norme antimonopolistiche Legislation for City Commercial Vengono stabilite delle misure per development Plan anticipated tutelare delle irregolarità e favorire la creazione di un più ordinato ambiente economico-commerciale. FONTE: Donata Vianelli, Patrizia De Luca, Giovanna Pegan, Modalità d entrata e scelte distributive del Made in Italy in Cina, Franco Angeli, Milano, 2012, p Dal 2004, cioè da quando il settore è stato aperto agli investitori esteri, le imprese straniere hanno notevolmente aumentato la loro presenza sul territorio cinese: guardando, infatti, all enorme potenziale della Cina come mercato di consumo in forte espansione, molte di loro considerano il Paese del Dragone come una delle mete migliori per i loro investimenti. Nonostante il significativo e rapido sviluppo, dal punto di vista commerciale la Cina continua però a mantenere alcune peculiarità in relazione alle attività di distribuzione commerciale, conseguenza sia della sua disomogeneità interna dovuta alle notevoli disparità fra le grandi aree del Paese che lo sviluppo economico non è ancora riuscito a colmare, sia della limitata capacità sinergica tra le diverse giurisdizioni che la compongono (divisione dal punto di vista amministrativo in diverse province, regioni autonome, municipalità e regioni ad amministrazione speciale). In qualunque mercato, infatti, vi sono differenti modi per impostare e configurare le attività che permettono l ingresso e la distribuzione dei beni di lusso. In Cina, ancor di più, soprattutto a causa delle sue dimensioni, della sua complessità e delle sue marcate differenze regionali, questo risulta molto più difficoltoso. A differenza di quanto avviene, infatti, negli Stati Uniti, dove un impresa può scegliere se operare inizialmente dalla California oppure dall East Coast, la scelta in Cina è molto più ridotta: qui, infatti, si sceglie di partire da città primarie come Guangzhou, Shanghai o Pechino, tre possibili punti di ingresso. Inoltre, la scelta di iniziare in una qualunque altra città non risulta essere una 34

50 saggia alternativa in un Paese dove oltre 40 città hanno una popolazione che oscilla fra 1 e 5 milioni di abitanti, e ben 12 ne hanno oltre 5 milioni. In Cina, come mostra la figura 2.2, le merci possono passare attraverso più livelli di distribuzione prima di poter raggiungere il consumatore: ci sono, infatti, diverse parti coinvolte in questa catena di approvvigionamento, essendoci la possibilità che vi sia la presenza intermedia di agenti, distributori, grossisti o subdistributori. Data la complessità del mercato cinese, le aziende distribuiscono tramite diversi modelli secondo le loro esigenze; saranno analisi di questo capitolo i diversi modelli di distribuzione adottati in Cina per i beni di lusso da parte delle grandi aziende del settore. Figura 2.2: Principali modelli di distribuzione dei prodotti in Cina. Produttore italiano Consumatore cinese Produttore italiano PV di proprietà Consumatore cinese Produttore italiano Produttore italiano Strategie d entrata PV in franchising Dettagliante Consumatore cinese Consumatore cinese Produttore italiano Grossista Dettagliante Consumatore cinese Fonte: Donata Vianelli, Patrizia De Luca, Giovanna Pegan, 2012, Ibidem, p Nel campo della moda e dei beni di lusso, i retailer stranieri hanno contribuito in modo particolare allo sviluppo del settore. Partendo spesso dalla base di Hong Kong, si sono estesi rapidamente nelle città di prima e seconda fascia 50 della Cina continentale, dove sono in genere presenti con punti di vendita 50 In Cina una città è un'unità amministrativa e può comprendere a sua volta numerose altre città e villaggi. Molte aziende utilizzano questi livelli amministrativi come punto di partenza al momento di elaborare la loro strategia di marketing, anche sulla base di indicatori economici e commerciali. A tale scopo sono stati identificati tre principali gruppi di città o tier: il primo tier comprende le big 35

51 monomarca all interno dei grandi shopping mall. Se finora erano soprattutto le grandi città di prima fascia, come Pechino e Shanghai, a essere meta di investitori esteri, anche nel settore dei beni di lusso recentemente si sta assistendo ad un rapido ingresso nelle città di seconda fascia e via via nelle aree urbane caratterizzate da un più rapido sviluppo economico 51. L importanza della variabile distributiva è crescente, soprattutto a livello internazionale, perché occorre sapere a chi, dove e attraverso chi vendere i propri prodotti. Cosi, anche la scelta del canale distributivo nel mercato cinese dei beni di lusso dipende innanzitutto dalla basilare scelta fra percorsi diretti e indiretti, caratterizzati rispettivamente dall assenza o dalla presenza di uno o più livelli d intermediazione commerciale tra l offerta e la domanda. Grazie a recenti cambiamenti legislativi volti a favorire una maggiore apertura economica del Paese, primo fra tutti appunto quello riguardante la liberalizzazione del settore distributivo 52, si sono andate creando nuove opzioni commerciali per i produttori esteri: questi, infatti, possono scegliere di distribuire i loro prodotti attraverso operatori internazionali, nuovi distributori locali nati di recente oppure entrare direttamente nel Paese in modo autonomo. four ovvero Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen, le quattro città più grandi, con elevato reddito e PIL e con una popolazione adulta che supera la cifra di 3 milioni; il secondo tier comprende circa 40 città fra cui Qingdao, Hangzhou, Chengdu, Xiamen, Xi an, Shenyang, Wuhan, Nanning, ovvero città con popolazione ampia, reddito e PIL elevati, ma anche città come Dongguan o Zhuhai in cui la dimensione del mercato è relativamente piccola ma i consumatori che ne fanno parte sono innegabilmente benestanti, ed infine città come Fuzhou o Harbin dal reddito relativamente basso ma ampiamente abitate; il terzo tier comprende oltre 600 città composte da circa 1 milione di abitanti tra cui Linyi, Nanchang, Baoding e Hohhot. Per approfondimenti: Diana Farrell, Eric Beinhocker, Ulrich Gersch, Ezra Greenberg, Elizabeth Stephenson, Jonathan Ablett, Mingyu Guan & Janamitra Devan, From made in China to sold in China: The rise of the Chinese urban consumer, McKinsey Global Institute, McKinsey & Company, < 2006, (Accesso 10 novembre 2013), pp.54-58; KPMG, China s Luxury Consumers: Moving up the curve, Consumer Markets, KPMG International, < 2008, (Accesso 10 novembre 2013); Hannah Seligson, Marketing to the New Chinese Consumer, Forbes Insight, < 2011, (Accesso 10 novembre 2013). 51 Tiziano Vescovi, 2011, Ibidem, p Il 12th Five-Year Plan for! Domestic Trade Development promosso dal The State Council nel settembre 2012 aveva fra i suoi obiettivi appunto lo sviluppo di un moderno sistema distributivo del Paese. < (Accesso 11 novembre 2013). 36

52 2.1.2 Il canale di distribuzione diretto Il canale di distribuzione diretto implica una relazione e un contatto diretto, senza intermediari che possano assumere la proprietà del bene scambiato, tra produttore e consumatore o cliente finale. Oggigiorno, la tendenza nella distribuzione dei beni di lusso va nella direzione di aumentare la percentuale di fatturato della distribuzione diretta. Figura 2.3: Canale di distribuzione diretto. Produttore di beni di lusso Consumatore finale La forma di distribuzione diretta consente al marchio di gestire direttamente l attività di vendita al consumatore, permettendogli così di conoscere meglio le sue esigenze, fidelizzarlo e cogliere più rapidamente le nuove tendenze di consumo del mercato anche quando i segnali sono ancora deboli e indeterminati. Il canale diretto permette, inoltre, di ottenere un flusso informativo di ottima qualità e tempestività; i dati di sell out dei negozi monomarca possono essere letti anche a chiusura giornaliera, consentendo di compiere l analisi dei prodotti best e slow seller. Attraverso formati distributivi di vendita come negozi, siti web e cataloghi, dove marca e insegna commerciale coincidono, l impresa ha la possibilità di mantenere una forte coerenza tra l immagine di marca e lo stile del punto vendita, del sito web o del catalogo in quanto essa tenderà ad uniformare le varie opzioni di distribuzione sempre e comunque secondo gli attributi e i valori della marca. Il sistema di distribuzione diretto, poi, consente al produttore una gestione unitaria e coordinata di tutte le variabili del marketing mix, senza che si generino conflitti verticali di canale: per esempio, il controllo della politica del 37

53 prezzo da parte del produttore garantisce la coerenza tra la politica di comunicazione, l immagine di marca e il livello di servizio offerto nel punto vendita 53. Infatti, le grandi imprese del lusso che si affidano maggiormente al canale diretto nella scelta di distribuzione dei loro beni, generalmente, presentano un superiore valore percepito della marca, margini commerciali più alti e minori perdite nei periodi di crisi. Come detto, la scelta del canale di distribuzione diretto per i beni di lusso consiste nella gestione diretta del canale di vendita da parte del produttore, senza l utilizzo di intermediari e nella scelta di una copertura distributiva con punti vendita e boutique monomarca, la maggior parte delle quali controllate appunto direttamente dal brand di proprietà (l alternativa è il franchising). Infatti, se i volumi di vendita sono tali da permettere all impresa di supportare una propria organizzazione distributiva, il canale diretto è indiscutibilmente il preferito. È importante sottolineare anche come, nella vendita di un bene attraverso il canale diretto, l azienda realizzi un più alto margine operativo, in quanto va a guadagnare anche la quota che, nel caso della distribuzione indiretta, sarebbe di competenza dell intermediario 54. Il sistema di distribuzione esclusivo diretto 55 è la situazione estrema della distribuzione diretta e favorisce l impresa che intende differenziare il prodotto con una politica di qualità e prestigio, migliorando le relazioni con il cliente. Dato l enorme valore economico che richiede e comporta, questa viene per di più utilizzata dalle maggiori imprese del lusso, quali Hermès e LVMH 56 per quanto riguarda i marchi Louis Vuitton e Fendi. È importante sottolineare, inoltre quanto questa scelta distributiva richieda grandi competenze nella gestione dell intero canale di distribuzione, poiché l apertura di filiali e punti vendita, che come detto dipendono direttamente dall impresa, pongono la stessa in concorrenza con gli intermediari indipendenti. 53 Fabrizio Mosca, Marketing dei beni di lusso, Milano, Pearson Education, 2010, p Silvio Modina, Il negozio di moda: strategia, valutazione e gestione economico-finanziaria, Franco Angeli, La distribuzione viene definita intensiva quando il prodotto finito è reso disponibile presso il maggior numero possibile di punti vendita in modo da poter realizzare un alto numero di vendite, selettiva quando il prodotto è reso disponibile presso un numero definito adeguato di punti vendita, coerente con il posizionamento del brand, esclusiva quando il prodotto è venduto solamente in pochi e selezionati punti vendita. Per approfondimenti: Giorgio Pellicelli, Il marketing, Torino, Utet, 2009, p LVMH, acronimo di Louis Vuitton Moët Hennessy, è una multinazionale leader nel settore del lusso, concorrente numero uno di Kering. Il gruppo è attivo in 5 diversi settori (wines & spirits, fashion & leather good, profumi & cosmetici, orologi & gioielli, vendita al dettaglio selettiva) e possiede un portfolio unico di oltre 60 prestigiosi marchi. Per approfondimenti: < (Accesso 12 novembre 2013). 38

54 Si vuole però analizzare anche i possibili svantaggi e rischi che si possono incontrare adottando la distribuzione diretta, primo fra tutti la richiesta di un alto investimento iniziale (costituzione dell unità di vendita, apertura dei magazzini e dei centri di assistenza, creazione di infrastrutture a supporto della rete commerciale) e un alto costo di gestione, il cui ammontare può non essere trascurabile. La distribuzione diretta comporta appunto investimenti da parte dell impresa per la costituzione di consociate 57 estere, così come per l apertura e la gestione degli spazi espositivi. L investimento necessario, infatti, è un onere pluriennale che incide sulla struttura dell attivo patrimoniale dell impresa e che influenza negativamente il conto economico per quanto riguarda le quote di ammortamento annuali delle immobilizzazioni ed eventualmente gli oneri finanziari derivanti dagli impegni assunti per il finanziamento degli investimenti stessi 58. Nella scelta del canale di distribuzione diretto l impresa dovrà anche tener conto dell importanza che si riscontra sempre più nella gestione delle risorse umane, nelle ricerca di personale qualificato sia in patria che all estero e del personale di vendita presente nel suo negozio di proprietà che, se non adeguatamente preparato, potrebbe rischiare di alterare l immagine dell offerta. Infatti, la qualità dell interazione tra il personale del punto vendita e la clientela è fondamentale nell influenzare la percezione dell insegna e della marca. Questo è particolarmente vero nel mercato dei beni di lusso in Cina dove, la relazione gerarchica che si instaura tra venditore e acquirente, è particolarmente sentita. Infatti, mentre in Italia anche i consumatori meno propensi all acquisto possono comunque confondersi nelle boutique di via Montenapoleone o via Condotti frequentate anche da una clientela più raffinata ed elegante, in Cina i clienti sono selezionati con molta più attenzione e cura e i semplici curiosi, in particolar modo coloro che vengono ritenuti vestiti in maniera poco adeguata o non in linea con il target, non possono nemmeno entrare in questi ambienti di vendita. Inoltre, nei punti vendita del lusso, tra consumatore e addetto alla vendita si può percepire un notevole distacco: coloro che possono acquistare beni di lusso, infatti, vengono 57 Vengono definite consociate estere quelle società dotate di personalità giuridica e autonomia economica e amministrativa. In relazione alla quota di partecipazione al capitale sociale detenuta dalla casa-madre, la consociata viene definita società controllata o sussidiaria qualora le quote possedute dalla casa-madre sono in quantità sufficienti per esercitare un influenza dominante sull amministrazione, società collegata o affiliata se le quote possedute dalla casa madre sono significative ma non sufficienti per esercitare un influenza dominante sull amministrazione. Ad esempio, per quanto riguarda Hermès, le consociate estere sono tutte dotate di propria personalità giuridica e il capitale è di proprietà della casa madre per oltre il 50%. 58 Fabrizio Mosca, 2010, Ibidem, p

55 considerati appartenenti a una classe più elevata di quella a cui generalmente appartengono i commessi. Questi sono quindi obbligati a mantenere una certa distanza e a non fornire quel servizio di consiglio e suggerimento, tipico invece dell esperienza di vendita nei negozi occidentali, dato che questo rappresenterebbe per l acquirente cinese un comportamento inatteso 59. Figura 2.4: Vantaggi e svantaggi della distribuzione diretta. Maggior conoscenza del cliente Immagine di marca coerente Vantaggi Controllo dei prezzi Integrazione diretta del sistema informativo aziendale con i punti vendita Controllo del marketing mix Alto investimento iniziale Svantaggi Alti costi di gestione Gestione delle risorse umane 59 Valeria Zanier, Un analisi socioeconomica degli stili di vita e dei valori dei consumatori cinesi in Libellule sul drago. Modelli di business e strategie di marketing per le imprese italiane in Cina a cura di T. Vescovi, Padova, Cedam, 2011, pp

56 L impresa decide così di rendere disponibile il proprio bene nel mercato esportando i suoi prodotti, in maniera appunto diretta, delegando la gestione dei rapporti con i mercati esteri ad operatori del proprio paese specializzati nell intermediazione commerciale internazionale, i quali gestiscono le attività di esportazione, promozione e distribuzione del prodotto nel mercato locale. Le vendite sui mercati internazionali, infatti, avvengono solitamente mediante filiali locali controllate direttamente dall azienda che continua comunque a mantenere la propria attività produttiva nel Paese d origine (Francia per Hermès e Louis Vuitton, Italia per Gucci, Salvatore Ferragamo, Prada, Ermenegildo Zegna, ecc.). Con l esportazione diretta l impresa, pur continuando a mantenere la base produttiva nel proprio paese, cerca infatti di avvicinarsi al potenziale cliente, istituendo un contatto diretto con la realtà locale. Affidando spesso il compito dell importazione, della distribuzione, della coordinazione della rete di vendita e del servizio post-vendita come detto a consociate estere, le quali rappresentano il marchio nel mercato locale, le grandi imprese del lusso possono cosi attuare un vero e proprio piano di sviluppo a tutto campo anche in mercati geograficamente e culturalmente molto distanti dalla casa madre. In questo modo, inoltre, tali imprese possono esercitare un maggior controllo sulle operazioni internazionali, definendo direttamente le politiche di marketing relative ai prodotti esportati, fronteggiare la concorrenza con maggior efficacia e realizzare una politica di lungo termine senza essere costrette a puntare sui risultati di breve periodo 60. Come detto in precedenza, per un qualunque brand internazionale la strategia di ingresso in un nuovo mercato è sempre la decisione più importante da dover prendere. Ogni azienda ha il proprio modello di business e le proprie strategie di distribuzione internazionale, ma la Cina rimane comunque un mercato molto complicato. L approccio corretto da utilizzare dipende così da diversi fattori: la consapevolezza del marchio nel mercato locale, il capitale e la situazione di cash-flow 61, la comprensione e conoscenza che si ha del mercato, la forza del partner locale scelto. Di conseguenza, la miglior strategia per penetrare il mercato cinese per un marchio del lusso è quindi quella di comprendere e conoscere innanzitutto il più possibile il consumatore cinese e creare negozi di proprietà al 100% nelle shopping area delle principali città, costruendo contemporaneamente 60 Giuseppe Bertoli, Enrico Valdani, Mercati internazionali e marketing, Egea, 2010, pp Viene definito cash-flow, o flusso di cassa, la differenza tra tutte le entrate e le uscite monetarie di un azienda nell arco del periodo di analisi. 41

57 così una solida identità di marca, dato che i consumatori cinesi hanno un potere d acquisto sufficiente per rendere l investimento redditizio entro un paio d anni. Ad esempio, nel 2004, il marchio svizzero di orologi Patek Philippe aprì il suo primo punto vendita in Asia a Shanghai: diverse volte i suoi prodotti di punta, esposti nelle vetrine del negozio lungo il Bund, andarono esauriti. Alla fine del 2007, Patek Philippe aprì il suo secondo negozio a Pechino nella luxury shopping area costruita per i Giochi Olimpici del Il canale di distribuzione indiretto Il canale di distribuzione indiretto è caratterizzato dalla presenza di uno (canale breve) o più (canale lungo) stadi intermedi tra produttore e consumatore o cliente finale. Generalmente, le grandi imprese del lusso adottano la distribuzione indiretta in una prima fase di sviluppo come strategia di riduzione del rischio per i mercati meno attraenti o che presentano livelli di rischio più elevato per poi entrare direttamente sul mercato in un secondo momento una volta acquisite le conoscenze necessarie e utili per poter operare da sé. Figura 2.5: Canale di distribuzione indiretto a uno stadio. Produttore di beni di lusso Intermediario Consumatore finale 62 Pierre Xiao Lu, 2008, Ibidem. 42

58 Generalmente un impresa adotta la distribuzione a canale indiretto al fine di ottenere una copertura distributiva adeguata, che sarebbe irrealizzabile con la sola opzione della distribuzione con punti vendita di proprietà, avvalendosi cosi dell aiuto di un intermediario che si assume la proprietà del bene. Tale scelta viene inoltre presa per evitare una non adeguata presenza sul mercato anche in contesti competitivi nei quali è necessario preservare l immagine di marca in quanto il consumatore percepisce l esclusività e l unicità dei beni. Per coloro che sono meno familiari con il mercato cinese, infatti, la possibilità è quindi quella di creare una joint venture con un ottimo distributore locale di beni di lusso: questo, che come tutti coloro che svolgono la funzione di intermediari sono ben inseriti nel territorio in cui operano, metterà a disposizione le sue conoscenze locali, contribuirà alla creazione della rete di distribuzione mirata nei punti adeguati e, utilizzerà i media locali più efficaci al fine di comunicare e costruire la migliore conoscenza del marchio fra i consumatori cinesi. In questi casi, il distributore acquista i prodotti all estero sotto contratto e paga i dazi all importazione necessari insieme a tutti gli altri costi aggiuntivi, ne organizza poi la logistica e la consegna, e ne organizza successivamente la vendita. Molti dei più grandi nomi dell industria dei beni di lusso hanno iniziato a distribuire i loro prodotti sul mercato cinese proprio attraverso distributori locali: ne sono un esempio Lacoste, Ermenegildo Zegna cosi come LVMH che ha iniziato la sua avventura nel mercato cinese proprio attraverso un distributore asiatico, Bluebell 63 di Hong Kong. Successivamente al 1992, LVMH decise di cambiare strategia e creare una joint venture con Bluebell per distribuire i prodotti del marchio Louis Vuitton e Loewe, e con Riche Monde per vini ed alcolici. Allora, però, i regolamenti vigenti in Cina non permettevano ancora alle imprese straniere di distribuire i prodotti importati. Grazie all adesione al WTO, queste restrizioni furono però ridotte e, dal 2005, LVMH iniziò a riacquistare tutti i diritti e a gestire direttamente da sé tutta la distribuzione. Dal 2007, poi, tutte le società a capitale 100% estero iniziarono a vendere in completa autonomia e libertà tutti i prodotti importati cinesi. 63 Bluebell è uno dei più conosciuti distributori asiatici. Fondato da una famiglia francese nel 1954, ha iniziato l attività distribuendo profumi passando poi velocemente al luxury lifestyle business. Con oltre 2400 impiegati e 500 punti vendita in Asia nel 2008, Bluebell distribuisce sigari e accessori, profumi, gioielli e orologi, e soprattutto marchi di moda tra cui Blumarine, Moschino, Paul Smith, Jimmy Choo, Céline, Loro Piana. Di questi 500 punti vendita di cui supporta la distribuzione, solamente 8 sono in Cina ( ben 24 sono a Taiwan e 59 ad Hong Kong). < (Accesso 13 novembre 2013). 43

59 Quindi, qualora i capitali e il cash-flow del marchio non sono sufficienti per poter creare una società controllata (o subsidiary), la soluzione migliore è trovare un ottimo distributore locale che gestisca appunto la distribuzione sul territorio cinese. Questo porterà indubbiamente come beneficio la conoscenza del mercato locale, allo stesso tempo, però, l impresa non avrà più il pieno controllo della sua immagine di marca sul mercato. Molti brand come Givenchy, Cerruti 1881, Valentino, Pierre Cardin, Lancel e Longchamp sono entrati nel mercato cinese proprio in questo modo. Bisogna però prestare particolare cura e attenzione nella scelta dell intermediario, soprattutto quando si entra a contatto con la realtà cinese, poiché l obiettivo principale dell impresa rimane sempre e comunque quello di massimizzare la relazione con il cliente nonché fidelizzarlo insieme a un continuo e costante controllo dei flussi informativi che lo riguardano. Spesso questi intermediari sono legati al brand attraverso contratti di esclusiva: i grandi marchi vogliono infatti assicurarsi che il loro distributore non collabori con altri brand, al fine di mantenere intatta la propria immagine e favorire la vendita dei propri prodotti sul mercato. Hermès, ad esempio, ha adottato una distribuzione di tipo selettiva: l impresa ha scelto di limitare il numero di intermediari, selezionandoli con cura. In questo modo, con il controllo diretto, Hermès garantisce la possibilità a un numero ben ristretto di venditori di ottenere i diritti esclusivi di distribuzione dei suoi prodotti nelle varie aree di mercato: a tale scopo, l azienda impone spesso una relazione di lungo periodo escludendo la possibilità per il partner di distribuire altre marche in concorrenza diretta o indiretta. La scelta del canale di distribuzione indiretto prevede quindi una penetrazione nel mercato scelto in tempi ridotti rispetto a quanto succede invece con la scelta del canale di distribuzione diretto, grazie anche all aiuto che l impresa trae dall intermediario, a discapito però della dipendenza che ne deriva dalla sua figura e presenza, dalle sue scelte politiche di marketing e dalla naturale tendenza che esso cercherà nel voler perseguire risultati in breve termine. Adottando questa scelta, però, l impresa avrà a disposizione maggiori risorse da poter dedicare ad altre attività in quanto il canale di distribuzione indiretto richiede certamente un minor investimento di risorse finanziarie e costi di gestione rispetto al canale diretto, dal momento che risultano essere a carico dell intermediario. 44

60 Figura 2.6: Vantaggi e svantaggi della distribuzione indiretta. Minor investimento di risorse finanziarie/umane Vantaggi Minori costi fissi di gestione Penetrazione nel mercato in tempi ridotti Diversità nelle scelte strategiche Svantaggi Rischio nella scelta dell intermediario Mancanza controllo totale del mercato Il canale di distribuzione misto Come detto nei paragrafi precedenti, la distribuzione diretta selettiva, e ancor di più quella esclusiva, consentono al produttore un elevato controllo del canale di distribuzione e, di conseguenza, della relazione con il consumatore finale evitando il rischio, sempre attuale, di un deperimento del valore simbolico della marca. Sono sempre più numerose le imprese di beni di lusso che non si affidano solamente ed unicamente al canale di distribuzione diretto o indiretto, ma scelgono una politica distributiva in cui è prevista una coesistenza, a volte anche nello stesso mercato, di punti vendita a gestione diretta con punti vendita a gestione indiretta. Questo, però, comporta un importante conseguenza per una corretta gestione del canale: si richiede, infatti, una chiara e definita missione per 45

61 le diverse categorie di intermediari. Dato che la copertura distributiva è sempre funzionale al conseguimento degli obiettivi di mercato, gli intermediari indiretti devono appunto assolvere la funzione primaria di garantire un flusso costante di ricavi e incremento delle quote di mercato. Nei punti vendita a gestione diretta, invece, la funzione primaria diventa quella della comunicazione: essi svolgono un vero e proprio ruolo di trasmettitori dell immagine di marca verso il consumatore finale. Questo, però, non significa che anche i punti vendita diretti non abbiano obiettivi di fatturato: spesso, infatti, quando l azienda adotta questo tipo di distribuzione le sue quote di mercato tendono a stabilizzarsi. Il punto vendita, oggi, infatti, non è più solo un canale distributivo per il marchio, ma è diventato il punto di partenza per la costruzione della relazione con il consumatore finale e, quindi, anche per la definizione delle caratteristiche dell offerta. 46

62 2.2 I FORMATI DI DISTRIBUZIONE E LA LORO PRINCIPALE FUNZIONE Nel paragrafo precedente sono state analizzate le principali possibilità di scelta che un impresa del lusso può compiere nel distribuire i suoi prodotti nel mercato cinese con particolare riferimento alle dimensioni della struttura verticale del canale e della copertura distributiva. Nell ottica dell impresa di beni di lusso la distribuzione può essere segmentata in base a numerosi criteri, che vanno dalle dimensioni dell area di vendita, al livello di specializzazione merceologica o fascia di prezzo, al formato distributivo, al modello proprietario. Come già detto, la prima scelta che l impresa deve compiere in ambito distributivo fa riferimento al canale, che può essere appunto diretto o indiretto. Il punto vendita è diventato così particolarmente importante nell ambito della distribuzione di un bene: il suo operato risulta quindi vitale per il successo dell impresa proprietaria. Come mostra la figura 2.7, nel 2011 in termini di prestazione per canale distributivo, la distribuzione attraverso il canale diretto ha mostrato un risultato migliore rispetto alla vendita whosale, registrando appunto un incremento del 22,8% rispetto all anno precedente, grazie soprattutto alla forte spinta ricevuta dall espansione dei punti vendita monomarca nel mercato asiatico. Figura 2.7: Entrate suddivise per canale delle Top Luxury Company del settore. FONTE: < (Accesso 14 novembre 2013) Nicola Anzivino & Marco Lazzaro, Market Vision Luxury. Chanllenges and opportunitiea in the new luxury world: winners and strategic drivers, PwC Deals Advisory, < 2012, (Accesso 14 novembre 2013). 47

63 È opportuno ora studiare più da vicino quali possono essere i possibili modelli differenti di distribuzione di questi beni, in quanto il format commerciale di un marchio è il frutto, e una conseguenza, delle esperienze pratiche e delle discipline di marketing operativo sul punto vendita. Con riferimento alla distribuzione diretta assumono particolare rilevanza i seguenti formati di punti vendita: flagship store, punti vendita monomarca di proprietà (D.O.S.), shop in shop, factory outlet, temporary store. I primi due, di grande sviluppo e successo a livello mondiale, permettono al brand di ottenere ricavi diretti e veloci insieme a molte più informazione sul suo cliente finale; a questo occorre aggiungere però comunque l impegno e il rischio della gestione diretta di cui devono farsi carico. Figura 2.8: I formati della distribuzione diretta e la loro funzione principale 65. Flagship Store Comunicazione Immagine di marca D.O.S. Fatturato Immagine di marca FORMATI DELLA DISTRIBUZIONE DIRETTA Shop in Shop Factory Outlet Center Fatturato Fatturato Protezione della marca Temporary Store Comunicazione Personalizzazione 65 Fabrizio Mosca, 2010, Ibidem, p

64 Nel caso, invece, del canale indiretto i formati tipici sono: i department store, i punti vendita o boutique multimarca, i duty free shop e i punti vendita in franchising. Figura 2.9: I formati della distribuzione indiretta e la loro funzione principale 66. Department Store & Shopping Mall Fatturato Presenza sul mercato Duty Free Shop Fatturato Presenza internazionale FORMATI DELLA DISTRIBUZIONE INDIRETTA Punto vendita o Fatturato boutique multimarca Presenza sul mercato Franchising Comunicazione Copertura distributiva 66 Fabrizio Mosca, 2010, Ibidem, p

65 2.3 I FORMATI DI DISTRIBUZIONE DEL CANALE DIRETTO Il Flagship Store Il flagship store, o negozio bandiera, è un punto vendita di proprietà dell impresa caratterizzato da una superficie espositiva media generalmente superiore ai 200 metri quadri, situato nelle principali strade delle capitali (ma non solo) del mondo, occupate appunto dai flagship store delle marche più famose e diffuse a livello mondiale. All interno di questi punti vendita è possibile trovare un ampio assortimento di prodotti e categorie merceologie della marca di proprietà. La funzione principale che assolve il flagship store non è tanto rispettare rigidi vincoli di fatturato, quanto piuttosto comunicare i valori della marca e lo stile di vita di cui essa è simbolo: questo tipo di punto vendita rappresenta, infatti, un vero e proprio investimento in comunicazione da parte dell azienda. Il flagship store spesso svolge la funzione di massimizzare la visibilità del prodotto, della linea di prodotti o della collezione nella fase di lancio, sviluppo del ciclo di vita e, in misura minore, in quella di maturità. Spesso, inoltre, all interno di questi punti vendita è possibile osservare e acquistare prodotti altamente personalizzati, edizioni limitate ed esclusive, non disponibili in altri negozi: in questo modo, il valore della marca percepito dal consumatore che effettua un simile acquisto cresce ancor di più, egli sente di possedere un bene che difficilmente potrà vedere indossato o portato da un amico o conoscente e questo accresce indubbiamente il valore del bene, e quindi il prezzo che questi è disposto a pagare per averlo. Per le maggiori imprese del lusso costruire un flagship store significa disporre di uno strumento di marketing fondamentale per stabilire la propria presenza sul mercato e promuovere così la propria identità di marca nel mercato locale. Per tutto il 2011, vi è stato un trend continuo per le grandi imprese del lusso nell aprire flagship store in territorio cinese: ricordiamo, a tal proposito, il marchio francese Lanvin e il britannico Burberry con l apertura rispettivamente dei flagship store di Pechino e del più grande flagship store in Asia a Chengdu di proprietà invece dell italiana Max Mara. 50

66 Cristiano Corneliani, global sales director dell omonimo marchio mantovano, nell annunciare l apertura del flagship store a gestione diretta tenutasi nel dicembre 2012, dichiarò: Il negozio è il luogo dove presentare un modello di gusto al cinese elegante, che vuol esser riconosciuto per questo, non per un marchio esibito. E dove possa percepire un immagine esotica, di esemplare italianità 67. Uno dei maggiori flagship store Louis Vuitton, nonché il più grande negozio della Maison (così vengono chiamati da Louis Vuitton i suoi maggiori punti vendita collocati in posizioni di primo piano in tutto il mondo) aperto in Cina e uno dei maggiori al mondo, è stato quello inaugurato con un live streaming sul sito web il 21 luglio 2012 presso lo shopping mall Plaza 66 di Shanghai. Progettato dall architetto americano Peter Marino (disegnatore anche degli store Ermenegildo Zegna e Louis Vuitton ad Hong Kong), lo store nei suoi quattro piani espositivi offre l intera collezione ready-to-wear maschile e femminile insieme ad un esclusivo reparto di sartoria su misura, man and woman shoes, accessori, valigeria nonché il reparto gioielleria e orologi. L apertura della 16 Maison, punto vendita numero 41 in territorio cinese, si è tenuta il 19 luglio 2012 con la partecipazione della direzione di Louis Vuitton, fra cui Yves Carcelle (allora Presidente e CEO Louis Vuitton), Christopher Zanardi-Landi (Presidente di Louis Vuitton China) e Marc Jacobs (allora direttore artistico della Maison) presenti insieme a celebrità come l attore francese Alain Delon, la modella Laetitia Casta e l'attrice cinese Fan Bing Bing. Questa Maison rende omaggio ai nuovi orizzonti e alle nuove esperienze nel viaggio all insegna dell eleganza: proprio per questo, durante l evento di inaugurazione, è stata riproposta la sfilata autunno-inverno con il famoso treno a vapore protagonista appunto della sfilata parigina tenutasi nel marzo All interno del flagship store è presente una scala a chiocciola in marmo decorata in ottone e con corrimano ricoperto in pelle, sculture contemporanee e opere d arte commissionate appositamente ad artisti contemporanei cinesi e internazionali: una visita al negozio diventa così obbligatoria per chi prova interesse per il mondo della moda e del design. 67 Gioia Carozzi, Anna Mangiarotti, Al centro del mondo, Gentlman, numero 142, dicembre 2012, pp ; < > (Accesso 15 novembre 2013). 51

67 Figura 2.10: Il flagship store Louis Vuitton di Shanghai. FONTE: < (Accesso 15 novembre 2013) 68. Figura 2.11: Il tema del viaggio nelle vetrine Louis Vuitton. FONTE: < (Accesso 15 novembre 2013) < >(Accesso 15 novembre 2013). 69 < (Accesso 15 novembre 2013). 52

68 Figura 2.12: L interno del flagship store Louis Vuitton. FONTE: < (Accesso 15 novembre 2013) 70. Figura 2.13: Particolare della scalinata presente nel flagship store Louis Vuitton. FONTE: < (Accesso 15 novembre 2013) < (Accesso 15 novembre 2013). 71 < (Accesso 15 novembre 2013). 53

69 Fra i maggiori flagship store aperti in Cina, merita certamente di esser nominato il flagship store Moncler aperto a Pechino nel luglio 2011 al Sanlitun North Village che, con la sua superficie di quasi 600 metri quadrati, è il più grande punto vendita Moncler presente su tutta la Cina. Progettato così come tutti i punti vendita Moncler dallo studio di architettura Gilles & Boissier, la boutique, come dichiarato dallo stesso presidente Moncler Remo Ruffini, rappresenta una tappa importante nella strategia di distribuzione a livello mondiale e per lo sviluppo del commercio al dettaglio del marchio. L intero punto vendita rispecchia i valori e l estetica del brand: la struttura in legno francese, intagliato con motivi floreali a rilievo per le pareti, contrasta le trasparenze del vetro del bancone centrale e del pierre bleu utilizzato per le pareti e il pavimento. Come avviene in ogni flagship store dei più importanti brand al mondo, anche qui ogni dettaglio presente nella boutique parla del patrimonio del mondo Moncler attraverso un linguaggio contemporaneo assoluto. All interno della boutique è possibile trovare l intera offerta della linea uomo e donna Moncler, nonché la linea femminile Moncler Gamme Rouge, disegnata da Giambattista Valli, la linea maschile Moncler Gamme Bleu, disegnata da Thom Browne così come la linea Moncler Grenoble, destinata a un cliente che vive sia in montagna nelle condizioni più avverse ma anche in città con la stessa esigenza di stile e qualità ad alta prestazione 72. Le splendide vetrine Moncler non mancano mai di attirare l attenzione attraverso esposizioni creative della merce mescolata con scene di immersioni profonde in mare e meravigliosi paesaggi invernali. 72 Per approfondimenti < (Accesso 15 novembre 2013). 54

70 Figura 2.14: Il Flagship Store Moncler a Pechino al Sanlitun North Village. FONTE: < (Accesso 15 novembre 2013) 73. Figura 2.15: L interno della Boutique Moncler al Sanlitun North Village di Pechino. FONTE: < (Accesso 15 novembre 2013) < (Accesso 15 novembre 2013). 74 < > (Accesso 15 novembre 2013). 55

71 Figura 2.16: Particolare di una delle vetrine Moncler al Sanlitun North Village di Pechino. FONTE: < (Accesso 15 novembre 2013) Il punto vendita monomarca a gestione diretta o Directly Operated Store (D.O.S.) Il segmento del lusso ha compreso più di ogni altro settore del mercato l esigenza di avere negozi monomarca per l esaltazione del concetto, appunto, di lusso. Non a caso, l altro importante e diffuso formato di distribuzione diretta utilizzato dalle grandi imprese della moda è il punto vendita monomarca a gestione diretta. Oggi, infatti, il negozio di beni di lusso è principalmente monomarca. Questo si presenta solitamente con una dimensione compresa fra i 50 e i 200 metri quadri, lungo le strade delle principali città mondiali (o high street del mondo come Bond Street di Londra, Fifth Avenue di New York, Champs- Élysées di Parigi): le principali imprese del lusso hanno infatti come obiettivo di stabilirsi fermamente nelle grandi e importanti città turistiche, in quanto queste rappresentano spesso un sicuro ed adeguato ritorno all investimento in considerazione dell ampio numero di clienti potenziali raggiungibili in questi 75 < (Accesso 15 novembre 2015). 56

72 centri. Per un brand del lusso riuscire ad aprire un punto vendita, e quindi ottenere la giusta visibilità, nelle location adeguate è talmente importante che, anche se non si raggiungono gli obiettivi di fatturato prefissati, l azienda comunque è pronta a sostenere costi a vantaggio della comunicazione e del prestigio 76. Nella scelta delle varie località dove aprire i propri punti vendita al momento dell ingresso in un nuovo mercato, il brand cercherà innanzitutto la o le città ideali dove aprire il proprio flagship store, e, solo in un secondo momento, al fine di garantirsi un adeguata copertura del mercato, dove espandere la propria rete di vendita con l apertura di negozi monomarca. La principale funzione del punto vendita monomarca, a differenza del flagship store, è quella di garantire il fatturato e raggiungere gli obiettivi di vendita imposti dal brand, nonostante l investimento iniziale necessario per l apertura di un D.O.S. sia nettamente inferiore rispetto a quello richiesto per un flagship store. Come già detto sopra, inoltre, attraverso i negozi monomarca, i più grandi brand cercano di raccogliere informazioni di mercato e costruire una relazione con il cliente finale: infatti, se nel passato il punto vendita era semplicemente il luogo o il canale in cui vendere la propria merce, ora si ritiene di straordinaria importanza la soddisfazione del cliente, e quindi la sua fidelizzazione, la quale non può che prescindere dal luogo di acquisto. Il punto vendita rappresenta così il punto di partenza per costruire una relazione duratura e interattiva con il consumatore finale, che nel sistema moda è basato sempre più su aspetti emozionali 77. La vendita attraverso il canale diretto nel corso del 2011 si è confermata così la miglior scelta operata dalle aziende del settore, dato l aumento registrato del 22,8% rispetto al 2010; inoltre, la Cina è risultata essere il principale mercato di destinazione per l apertura di nuovi D.O.S. La Repubblica Popolare, infatti, insieme ad altre regioni asiatiche, ha rappresentato circa il 70% delle nuove complessive aperture realizzate dalle grandi aziende del settore in tutto il 2011: ad esempio, quasi il 50% delle nuove aperture con riferimento ai Paesi emergenti di marchi come Gucci, Tiffany, Prada e Tod s sono state realizzate in Cina 78. In Cina, fino agli anni Novanta, i beni di lusso venivano distribuiti principalmente attraverso i punti vendita monomarca aperti dentro i grandi e 76 Emanuele Sacerdote, La strategia retail nella moda e nel lusso. Dalla marca, al negozio, al cliente: scenari e tendenze, Milano, Franco Angeli, Stefania Saviolo, Salvo Testa, 2005, Ibidem, p Nicola Anzivino & Marco Lazzaro, 2012, Ibidem, p

73 lussuosi hotel a cinque stelle destinati principalmente ai turisti stranieri. Ermenegildo Zegna aprì il suo primo negozio in Cina nel 1991 proprio nel seminterrato a due piani del Peninsula Hotel di Pechino, destinato appunto con le sue gallerie alla vendita di beni e prodotti di lusso 79, mentre Burberry fece lo stesso aprendo il suo primo punto vendita in Cina nel 1993 presso l Hilton Hotel di Shanghai. Proprio Gildo Zegna, Amministratore Delegato del gruppo, durante i festeggiamenti nel luglio 2011 per i vent anni dall inaugurazione del primo store del marchio, ha riconosciuto il vantaggio competitivo di Ermenegildo Zegna nell esser stato pioniere del mercato cinese: oggi, infatti, il brand possiede oltre 70 negozi a gestione diretta, di cui 37 nelle grandi città 80. Con l ingresso della Cina nel WTO, come già detto, le politiche cinesi riguardanti l importazione dei beni sono diventate molto meno restrittive, e, di conseguenza, gli stessi marchi di beni di lusso stranieri hanno potuto iniziare ad aprire le loro boutique più liberamente. Dopo il 2007, inoltre, con la rapida crescita della domanda dei beni di lusso, città come Pechino, Shanghai, Shenzhen e Guangzhou non furono più le sole e uniche mete dei brand internazionali: questi iniziarono, infatti, ad espandersi sempre più verso le città di secondo e terzo livello, in quanto quelle di primo livello risultavano ormai quasi sature di punti vendita e quindi incapaci di far raggiungere i livelli di fatturato prefissati dall azienda. Risulta importante notare, a questo proposito, come città quali Pechino e Shanghai dispongano di un numero di punti vendita a pari livello di PIL pro capite rispetto a città come New York e Chicago 81 : questo viene giustificato innanzitutto dalla spesa pro capite maggiore che il popolo cinese è in grado di sostenere rispetto ai popoli occidentali, dal fatto che una buona fetta della ricchezza del Paese sia sommersa e quindi non rilevata nel calcolo del PIL totale del Paese ed infine dall enorme successo delle vendite del settore anche al di fuori dei grandi centri urbani. Lo sviluppo dei punti vendita in Cina ha finora trovato indubbiamente terreno fertile nel Paese: nonostante questo, però, recentemente alcuni marchi hanno iniziato a porsi la domanda se la leggera crescita economica registrata 79 Per approfondimenti: < (Accesso 17 novembre 2013). 80 Gioia Carozzi, Anna Mangiarotti, 2012, Ibidem. 81 Matt Anestis, Jean-Marc Bellaiche, Hubert Hsu, Michelle Eirinberg Kluz, Yan Lou & Vincent Lui, China s Luxury Market in a Post-Land-Rush Era, The Boston Consulting Group, < ml>, 2009, (Accesso 17 novembre). 58

74 nell ultimo anno fosse comunque ancora in grado di continuare a sostenere le vendite dei beni di lusso e se i loro negozi non iniziassero a essere troppi. Ciò che preoccupa, infatti, è che anche i consumatori più ricchi cinesi si adeguassero agli standard occidentali e iniziassero a diminuire la loro spesa in riferimento al settore. Cosi, alcune imprese del lusso con la paura di un eventuale ricaduta negativa sul proprio posizionamento a livello locale hanno iniziato a ridurre la loro espansione nella Repubblica Popolare con l obiettivo invece di migliorare la produttività dei negozi già presenti sul territorio: Gucci, ad esempio, a inizio 2013 ha annunciato l intenzione di voler rallentare l apertura di nuovi punti vendita su tutto il territorio cinese nell arco dell anno per concentrarsi invece sul potenziamento dei punti vendita già esistenti 82. I maggiori centri urbani come Shanghai e Pechino, insieme a città come Guangzhou, Shenzhen, Tianjing e Nanjing, in cui vivono oltre 87 milioni di cittadini cinesi, da soli offrono entrate per il settore di oltre 15 miliardi di euro, grazie alle 10 milioni di famiglie benestanti che vi abitano 83. Nonostante questo, però, grazie al processo di urbanizzazione in corso nel Paese, il quale ha permesso innanzitutto un rapido aumento del reddito anche della popolazione che vive nelle città di secondo e terzo livello, le grandi imprese del lusso hanno iniziato ad aprire i loro punti vendita in queste nuove località, diventate sempre più competitive e attraenti per i rivenditori di beni di lusso. Oggi, infatti, un numero sempre maggiore di proprietari di marchi insieme a rivenditori, rimane attratto dal mercato di consumo in forte espansione in queste città: qui, appunto, la crescita delle vendite registrata in tutta la Cina nel 2012 è stata superiore rispetto a quella delle città di primo livello 84. Come mostra la figura 2.17, infatti, le città di secondo e terzo livello risultano tutt ora terreno estremamente fertile per le grandi imprese del lusso per i loro nuovi punti vendita. 82 < (Accesso 17 novembre 2013). 83 Giovanni Vegezzi, Non solo Pechino e Shanghai: le strategie dei big per non affollare il mercato del lusso, Moda24, < 14/solo-pechino-shanghai-strategie php?uuid=AbZVIzdH&fromSearch>, 15 marzo 2013, (Accesso 17 novembre 2013). 84 Li & Fung Research Centre, Distribution in China, < egory=distribution>, Fung Business Centre, 2013, (Accesso 17 novembre 2013). 59

75 Figura 2.17: I nuovi negozi di beni di lusso aperti in Cina dal 2008 (fino a fine settembre 2011) divisi tra città di primo, secondo e terzo livello 85. FONTE: < (Accesso 17 novembre 2013) 86. Il quesito primario per un brand che decide di entrare nel mercato cinese risulta quindi quello riguardante la scelta della location ideale. L immagine che segue, invece, mostra il numero di punti vendita dei principali brand del lusso nelle prime 100 città cinesi. Come si può osservare, le città sono classificate nell ordine della rispettiva competitività dall Annual Report on Urban Competitiveness. Le città ai primi posti sono quelle percepite con maggior possibilità di sviluppo e forte influenza economica (non a caso le prime quattro sono proprio Shanghai, Pechino, Shenzhen e Guangzhou). 85 Nella ricerca vengono considerate città di primo livello (tier 1) Pechino, Shanghai, Shenzhen, Guangzhou; di secondo livello (tier 2) Chongqing, Tianjin, tutti i restanti capoluoghi di provincia e le altre maggiori città; di terzo livello le restanti città della prefettura. 86 Bain & Company, 2011 China Luxury Market Study, Bain & Company, < dicembre 2011, (Accesso 17 novembre 2013), p

76 Figura 2.18: I punti vendita di alcuni brand del lusso su territorio cinese (a partire da marzo 2013). 61

77 FONTE: Fung Business Intelligence Centre, Luxury Market in China. Huge Growth Potential ahead, aprile 2013, p. 26. Così, mentre le grandi città continueranno comunque ad essere dei centri di primaria importanza per la vendita di beni di lusso, il mercato è destinato a crescere ad un ritmo più veloce in città piccole come Yantai, Changchun e Taiyuan. Ci si aspetta, infatti, che entro il 2015 il consumo di beni di lusso in queste piccole città raggiunga il livello attuale di centri come Hangzhou e Nanchino, tra le più redditizie, e che tale quota di mercato possa raggiungere un valore di RMB 500 milioni ($ 80 milioni) in più di sessanta città, rispetto alle trenta attuali Yuval Atsmon, Vinay Dixit, Glenn Leibowitz, Cathy Wu, 2010, Ibidem. 62

78 2.3.3 Shop in Shop, Factory Outlet Center e Temporary Store Fra i vari formati di distribuzione diretta elencati a inizio paragrafo, indubbiamente flagship store e D.O.S. sono quelli maggiormente utilizzati e presenti su tutto il territorio cinese. In Cina, anche il formato shop in shop ha registrato però un notevole successo. Collocato generalmente all interno di un department store, lo shop in shop presenta una superficie minore rispetto ai formati descritti in precedenza in quanto questa può variare fra i 30 e 120 metri quadri: nonostante questo al suo interno, però, è possibile trovare un offerta abbastanza ampia di prodotti appartenenti al brand. Pur essendo posizionato all interno di un department store, tutti i costi di gestione e di logistica sono a carico del produttore, cosi come le spese per il personale di vendita presente all interno del negozio in quanto questo viene assunto direttamente dall azienda di proprietà del marchio. Moltissimi punti vendita delle grandi firme del lusso internazionali si trovano, infatti, negli immensi e lussuosissimi department store delle grandi città cinesi. Il settore dei factory outlet center 88 è cresciuto molto negli ultimi tempi in Cina. L outlet, generalmente caratterizzato da una dimensione ampia che per l Europa è in media di 12 mila metri quadri totali e per i singoli punti vendita di 220 metri quadri, è uno spazio commerciale che ospita al suo interno un elevato numero di punti vendita monomarca a gestione diretta con personale assunto direttamente anch esso dal proprietario del brand. Generalmente all interno di questi punti vendita è possibile acquistare prodotti appartenenti alle collezioni precedenti o fuori produzione, con piccoli difetti o pezzi invenduti a un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello di prima vendita (dal 30% sino al 70% in meno). La funzione principale del factory outlet in ambito distributivo è quindi quella di vendere l invenduto ma al tempo stesso anche di attrarre a se nuovi segmenti di mercato, ovvero principalmente quei consumatori definiti occasionali, che decidono di effettuare l acquisto di un bene di lusso preferibilmente tramite questo format distributivo. Negli ultimi anni il numero di outlet center aperti in territorio cinese è cresciuto notevolmente. Secondo l International Council of Shopping Center, infatti, tra il 2010 e il 2013 si è contata l apertura di circa venti nuovi outlet cinesi 88 Per approfondimenti sul canale del factory outlet center: Marina Martorana, Giacomo Ferrari, Outlet: la rivoluzione dei consumi, Milano, Sperling&Kupfer, 2005; Fabrizio Mosca, 2010, Ibidem, pp

79 ma il numero è destinato a crescere ancor di più entro il 2016, quando la quota raggiungerà un numero compreso fra i cinquanta e i novanta 89. Realizzati per la maggior parte grazie a collaborazioni con partner locali e stranieri, gli outlet in Cina hanno mediamente una superficie che varia fra i 50 e i 60 mila metri quadri. La collaborazione italiana più importante realizzata in questo settore è sicuramente quella della società italiana RDM Gruppo Fingen, attiva nella moda e nel real estate, con la lussemburghese China Outlet Mall, controllata da Jacopo Mazzei, la Gaw Capital Partners di Hong Kong e la società cino-americana Waitex, che insieme hanno contribuito alla nascita nel giugno 2011 dell outlet Florentia Village di Wuqin, città localizzata fra Pechino e la città costiera Tianjin 90. Costruito su un area di 60 mila metri quadri, l outlet ospita oltre 160 marchi del lusso Made in Italy fra cui Prada, Fendi, Armani e Bulgari che si distribuiscono fra le varie riproduzioni delle principali città italiane. Infatti, l intero Florentia Village altro non è che una vera e propria riproduzione della nostra Italia in miniatura: intrecci di canali, stradine, piazze e arene, gondole e fontane, portici della romantica Venezia e Firenze accolgono ogni giorno circa 40 mila visitatori. Figura 2.19: Un particolare dell interno del Florentia Village con la riproduzione del Canal Grande di Venezia. FONTE: < (Accesso 21 novembre 2013) < php?uuid=AbAODjjH > (Accesso 20 novembre 2013). 90 Per approfondimenti: < (Accesso 20 novembre 2013). 91 < (Accesso 20 novembre 2013). 64

80 L ultimo formato del canale di distribuzione diretta, infine, è il temporary store (o pop-up shop in inglese), punto vendita a gestione diretta, la cui durata di apertura è limitata a un breve periodo, che può variare da qualche giorno a poco più di un mese. Nato in Inghilterra nel 2003 con il Fashion Bus, il tipico bus a due piani inglese dove all interno venivano venduti i capi di diversi stilisti fra le vie dei quartieri londinesi, il primo vero e proprio temporary store fu aperto da Comme des Garçon a Berlino Est nel 2004 nei locali di un ex-libreria, in cui vennero mantenute le vecchie insegne, ridotto al minimo l arredamento e investiti solamente $ per la pubblicità. Utilizzato spesso come punto vendita adiacente ai principali negozi del lusso durante i periodi di chiusura per ristrutturazioni con l obiettivo di non perdere comunque le vendite e mantenere vivo l interesse nei propri clienti, molti temporary store sono nati anche per festeggiare eventi come aperture di flagship store o promuovere nuove collezioni, così come serie limitate, create ad hoc solamente per determinati punti vendita e/o città. 65

81 2.4 I FORMATI DI DISTRIBUZIONE DEL CANALE INDIRETTO I department store & shopping mall I department store, o grandi magazzini, sono un formato di distribuzione presente in quasi tutti i paesi al mondo: fra i più famosi vi sono indubbiamente Bloomingdales e Macy s negli Stati Uniti, Printemps e Galeries Lafayette in Francia, El Corte Inglés in Spagna e La Rinascente in Italia. Ciò che caratterizza i department store è la dimensione medio-grande (generalmente superiore ai 400 metri quadri) e la convivenza di private label, ovvero prodotti o servizi realizzati o forniti da società terze e venduti con il marchio della società che vende/offre il servizio/prodotto 92, e prodotti appartenenti a marche prestigiose, per le quali si richiede invece un premium price. Anche se la superficie che richiedono spesso è imponente, i più importanti department store al mondo sorgono per lo più lungo le principali vie delle maggiori città al mondo, anche a favore del caratteristico sviluppo verticale su più piani che vanno ad assumere. Le più grandi firme del lusso internazionale, però, spesso mirano ad aprire i loro punti vendita anche nei nuovi, immensi e lussuosissimi shopping mall: vere e proprie gallerie del lusso racchiuse dentro un unico edificio che si sviluppa su più livelli, dove spesso all interno è possibile trovare anche ristoranti, palestre e sale cinematografiche. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Forbes 93, nel 2012 la Cina si è affermata come primo Paese al mondo nel progetto di creazione di nuovi spazi commerciali con una superficie superiore ai 100 mila metri quadrati. Infatti, Chengdu, Tianjin, Shenyang e Pechino si sono aggiudicate rispettivamente i primi quattro posti nella classifica mondiale (all ottavo posto vi è Shenzhen) delle città emergenti nella corsa alla costruzione di grandi centri commerciali. Lo shopping mall numero uno della capitale è indubbiamente The Mall at Oriental Plaza( Dongfang xin tiandi 东方新天地 ) 94, situato nel cuore di Pechino, nel quartiere di Wangfujing 王府井. Estendendosi su una superficie di oltre 130 mila metri quadri, The Mall è parte integrante dell Oriental Plaza, uno dei più grandi 92 < > (Accesso 21 novembre 2013). 93 Kenneth Rapoza, China Tops World's Shopping Mall Craze, Forbes, < 7 novembre 2013, (Accesso 21 novembre 2013). 94 Per approfondimenti: < (Accesso 21 novembre 2013). 66

82 complessi commerciali di tutti l Asia. Al suo interno, infatti, oltre ad uffici, appartamenti di lusso e l hotel Grand Hyatt, è possibile trovare le boutique dei più grandi brand del lusso mondiali. Figura 2.20: L ingresso di The Mall at Oriental Plaza di Pechino. FONTE: < (Accesso 21 novembre 2013) 95. Numerosi sono comunque gli shopping mall sparsi su tutto il territorio di Pechino fra cui Shin Kong Place (Xinguang tiandi 新光天地 ), grande shopping mall taiwanese al cui interno è possibile trovare oltre 900 marchi fra cui il più grande flagship store Gucci e Beijing Yintai Center (Beijing Yintai zhongxin 北京银泰中心 ), composto da tre edifici, Park Hyatt Beijing, Park Hyatt Penthouses and Park Hyatt Residences, nel cuore del central business district (CBD) nel quartiere di Guomao, il quale per oltre della metà dei suoi spazi ospita store dedicati a marchi italiani fra cui Giorgio Armani, Dolce & Gabbana, Ermenegildo Zegna, Fendi, Gucci, Prada, Tod s e Valentino. In un intervista pubblicata sulla rivista Gentleman 96, Shen 95 < (Accesso 21 novembre 2013). 96 Giuliana Di Paola, Il made in Italy? Un ideale, Gentlman, numero 142, dicembre 2012, p

83 Guojun, fondatore, presidente e CEO di China Yintai Holdings, ha dichiarato in riferimento ai numerosi punti vendita del lusso italiano presenti allo Yintai Center: Questo è molto eloquente, dice quanto sia amato e ricercato in Cina il made in Italy. Da noi, questa espressione è diventata sinonimo di tecnica manifatturiera, alta qualità delle materie prime, tradizione artigianale ed eccellenza finale del prodotto. Un altro shopping mall degno di nomina è infine The Place (Shimao tianjie 世贸天界 ), composto da due edifici di lusso separati da un enorme schermo sopraelevato posto al centro, opera di Jeremy Railton, progettista del più grande schermo elettrico al mondo di Las Vegas. Camminando sotto questo grande schermo, visitatori, turisti e consumatori di Pechino possono trascorrere il loro tempo fra le boutique del lusso di D&G e Ferrari ed esperienze gourmet nei numerosi ristoranti di lusso 97. Figura 2.21: Il Beijing Yintai Center domina il CBD della capitale. FONTE: < (Accesso 21 novembre 2013) Per approfondimenti sui vari shopping mall: < < < (Accesso 21 novembre 2013). 98 < (Accesso 21 novembre 2013). 68

84 2.4.2 Il punto vendita multimarca e i duty free shop Il punto vendita multimarca rappresenta un intermediario specializzato per una determinata categoria merceologica (si pensi ad esempio ai negozi di ottica che vendono le marche più importanti del mercato di questo settore o le gioiellerie che accolgono le più pregiate marche di orologi) o target di clienti. Individuare e scegliere il giusto intermediario diventa fondamentale per l azienda che attua questa scelta di distribuzione. Questo tipo di canale di vendita avvantaggia indubbiamente il distributore, in quanto gli permette di offrire una vasta gamma di prodotti differenziati, e il consumatore, dato che ha a propria disposizione un ampia possibilità di scelta di prodotti fra cui scegliere, ma reca svantaggio al brand stesso, dato che rischia in questo modo di perdere la vendita a suo carico, essendo in aperta competizione con altri marchi produttori dello stesso bene in questione. I punti vendita multimarca, però, negli ultimi anni stanno andando via via scomparendo, sempre più a favore dei negozi monomarca. Nella stessa Cina, infatti, questo canale di vendita per i beni di lusso non risulta molto sviluppato: il consumatore cinese preferisce entrare e fare tutti i suoi acquisti nel singolo negozio monomarca, senza esser smosso dalle sue idee di partenze da eventuali altre alternative che possono essere offerte nei negozi multimarca. Un ottimo esempio di boutique multimarca in territorio cinese è indubbiamente 10 Corso Como, store inaugurato a Shanghai nel settembre Fondato a Milano nel 1990 in un ex-garage milanese da Carla Sozzani, ex direttrice di numerose riviste di moda fra cui Vogue Italia ed Elle, questo celebre concept store vuole, in un unico spazio, invitare il cliente a vivere l esperienza dell acquisto in un nuovo ambiente, in cui si mescolano anche una serie di attività culturali e sociali: infatti, al suo interno è possibile muoversi fra angoli riservati alla moda, ma anche all arte e al design. Così, dopo l apertura dello store nel 2002 a Tokyo in partnership con Comme des Garçons e nel 2012 con la seconda boutique a Seul (la prima fu aperta nel 2008), il 14 settembre 2013 apre sulla principale via pedonale di Nanjing West Road definita da molti gli Champs- Élysées di Shanghai- il primo store del brand milanese in Cina. Nato in partnership con Trendy International Group, operatore al dettaglio cinese in rapida crescita in parte di proprietà della divisione L Capital (che fa capo al colosso del lusso LVMH) e tra le più importanti in Cina nel settore moda, e Samsung Group da un progetto dell artista americano Kris Ruhs, 10 Corso Como 69

85 Shanghai si sviluppa su quattro piani su una superficie di metri quadri: al primo piano è possibile trovare oggetti di design, di cosmetica, una libreria e una caffetteria, con terrazza esterna; al secondo piano uno spazio riservato ad eventi speciali insieme al reparto dedicato alla moda uomo; il terzo piano è riservato interamente all universo femminile mentre l ultimo piano ospita una galleria fotografica e ristorante il quale si affaccia direttamente verso il tempio buddista della pace e della tranquillità Jin ansi. All interno dello store è possibile trovare brand della moda internazionale quali Comme des Garçons, Céline e Maison Martin Margiela, edizioni limitate di Adidas, accessori per la casa firmate Alessi o mobili dell atelier milanese Fornasetti 99. Il duty free shop, letteralmente negozio senza imposte, invece, è un intermediario localizzato generalmente in zone franche come aeroporti, navi da crociera o particolari aree geografico-amministrative, in cui non vengono applicate le imposte locali e/o statali sui beni in vendita. Per quanto riguarda l ambito distributivo dei beni di lusso, la location preferita per distribuire i propri prodotti risultano essere gli aeroporti, in quanto consentono al brand di farsi conoscere a livello internazionale e promuovere il marchio a livello mondiale. A tale proposito, risulta di estrema importanza l immagine data al punto vendita: il negozio deve riprendere il più possibile gli altri punti vendita distribuiti all esterno dell aeroporto e l immagine di marca deve assolutamente essere coerente e conforme con le linee guida del brand. Questo anche perché i potenziali clienti di passaggio nelle zone duty free degli aeroporti, conoscendo già il marchio, desiderano ritrovare la stessa qualità in termini di offerta dei prodotti, ma anche in riferimento alla location, all atmosfera e al visual merchandising tipico dei punti venditi esterni agli aeroporti. Dato il crescente volume di turisti cinesi, sono sempre di più le aziende del lusso che mirano ad aprire dei punti vendita anche all interno degli aeroporti e a distribuire i loro prodotti appunto nelle aree duty free. A tal proposito, secondo un indagine della Global Blue Refund pubblicata nel 2010, i turisti cinesi nel corso dell anno 2010 hanno effettuato acquisti presso i duty free shop degli aeroporti francesi per un valore di 650 milioni di euro. 99 Per approfondimenti: < < < < > ; (Accesso 21 novembre 2013). 70

86 2.4.3 Il punto vendita in franchising Molte spesso i grandi brand del lusso decidono di aprire i loro punti vendita monomarca attraverso punti vendita in franchising, scelta distributiva che si è dimostrata negli ultimi anni una formula di grande successo. Si può affermare che si stabilisce tra sistemi di imprese un rapporto di franchising quando, per contratto, un impresa concede a un altra il diritto di utilizzare la propria formula commerciale in un territorio delimitato. Così, come definito nel documento Regulations for the Administration on Commercial Franchising (Shangye texu jingying guanli tiaoli 商业特许经营管理条例 ) 100 emesso dal Consiglio di Stato del 2007, il franchising è un tipo di attività, in cui tramite contratto il franchisor, ovvero l impresa affiliante, concede al franchisee, ovvero l impresa affiliata, il diritto di utilizzare il marchio, il nome commerciale o la formula imprenditoriale, attraverso il compenso da parte del franchisee per il diritto di utilizzo della marca e per il beneficio derivante dall apporto di know-how. Il franchisor, invece, si impegna a fornire un assistenza continua permettendo all impresa affiliata di svolgere la propria funzione commerciale nell area a lei assegnata nelle migliori condizioni possibili. Il modello distributivo in franchising venne introdotto in Cina già nel 1990 ma, i requisiti normativi onerosi e il contesto di mercato ancora poco regolamentato, nei primi anni lo resero poco attraente. È solamente, infatti, con la promulgazione del sopra citato Regulations for the Administration on Commercial Franchising il 6 febbraio 2007 (effettivo a partire dal 1 maggio 2007) che le operazioni di franchising in Cina vengono pienamente regolamentate 101. Il punto di forza della distribuzione tramite contratto franchising sta proprio nel concedere alla marca la possibilità di presidiare un nuovo mercato in maniera rapida, tramite lo sviluppo di un estesa rete di punti vendita monomarca, riconducibile comunque alla forma di distribuzione indiretta in quanto il produttore delega, seppur sulla base di un rapporto contrattuale, un intermediario indipendente a gestire la fase di vendita al consumatore finale. La distribuzione 100 < (Accesso 22 novembre 2013). 101 A tale scopo va ricordata anche l emissione di The Measures for the Administration of the Filing of Commercial Franchising (Shangye texu jingying bei'an guanli banfa 商业特许经营备案管理办法 ) e The Measures for the Administration of Information Disclosure in Commercial Franchising (Shangye texu jingying xinxi pilu guanli banfa 商业特许经营信息披露管理办法 ),aventi lo scopo di garantire la piena attuazione della normativa. 71

87 tramite franchising, infatti, permette di penetrare ed espandersi in mercati in forte crescita, onde evitare di non perdere la possibilità di conquistare nuovi clienti e nuove fette di mercato a seguito di un ingresso ritardato rispetto ai concorrenti. Spesso, inoltre, le grandi firme del settore optano per l apertura di punti vendita in franchising al fine di supportare l attività dei flagship store ubicati nelle principali strade delle capitali mondiali, potendo così contare su una fitta rete distributiva del proprio marchio in tutto il paese prescelto. È importante, inoltre, sottolineare come l impegno finanziario richiesto per l apertura di un punto vendita in franchising sia nettamente inferiore rispetto a quello richiesto dal negozio di proprietà e che questa scelta distributiva permette, a differenza di quanto avviene nel canale indiretto, il controllo delle variabili di marketing in virtù di clausole contrattuali che definiscono aspetti quali politiche di assortimento, prezzi di vendita, immagine, scambio informativo Silvio Modina, 2012, Ibidem. 72

88 Capitolo 3 IL CASO AZIENDALE: IL MARCHIO GUCCI 3.1 PERCHÉ GUCCI L importanza di Gucci all interno di Kering Group In conclusione al lavoro di ricerca svolto sul mercato del lusso in Cina e rispetto ai vari formati di distribuzione individuati, risulta d interesse analizzare un caso aziendale che consenta di vedere più da vicino e in maniera pragmatica quali decisioni strategiche e operative ha compiuto una delle principali aziende di moda internazionale nella distribuzione e vendita dei propri prodotti nel mercato cinese. La scelta del case study è nata soprattutto in seguito all esperienza lavorativa diretta svolta da chi scrive presso lo store Gucci di Milano, la quale si è rivelata opportuna e interessante; inoltre un decisivo contributo alla realizzazione del capitolo è stato fornito anche dalle informazioni concesse dal Dott. Andrea D Amato, Corporate Retail Asia Region Director Gucci China operativo a Shanghai, che ha gentilmente concesso l analisi di materiale e informazioni aziendali oltre ad un intervista avvenuta il giorno 21 gennaio Gucci può sicuramente essere considerato uno dei maggiori marchi al mondo sia in termini di fatturato, che di brand awareness ed equity fra i suoi clienti (e non solo). Esso ha sempre rappresentato al meglio i valori e le tradizioni del Made in Italy a livello internazionale: con oltre novant anni di storia, infatti, Gucci viene apprezzato in tutto il mondo per il suo successo, l autenticità del marchio e l influenza che è in grado di esercitare su fasce di consumatori molto diverse fra di loro. 73

89 Negli ultimi quattro anni, il team guidato da Patrizio di Marco, CEO di Gucci, e Frida Giannini, Direttore Creativo, hanno ulteriormente rafforzato i valori di lunga data del marchio, compresi quelli di qualità, creatività e artigianalità italiana. Il marchio fa parte del gruppo francese Kering, colosso del lusso conosciuto fino a giugno 2013 con il nome PPR (Pinault-Printemps-Redoute), fondato nel 1963 da François Pinault, e ora guidato dal figlio François-Henri Pinault. A partire dal 1999 con l acquisizione del 42% di Gucci Group (attualmente Kering detiene il 100% del marchio), iniziò la scalata verso il successo: a seguire furono Bottega Veneta, Saint Laurent, Alexander McQueen, Balenciaga, Brioni, Stella McCartney, Sergio Rossi, Boucheron, Girard-Perregaux, Dodo, Pomellato, Christopher Kane, JeanRichard e infine l elegante marchio di gioielleria cinese Qeelin (acquisito nel gennaio 2013) i marchi che andarono a costituire la Luxury Division del gruppo 103. Il marchio Gucci ha sempre giocato un ruolo di primaria importanza all interno del gruppo: nell esercizio chiuso a fine 2012, il brand fiorentino ha contribuito per 3,64 miliardi di euro (registrando un aumento del 15,8%) nel fatturato totale della Luxury Division del gruppo francese, il quale ha chiuso con un fatturato di 6,21 miliardi 104. Come mostra la figura 3.1, infatti, le grandi aziende o gruppi internazionali quotati nel mercato del lusso, si sono indubbiamente confermati leader nella competizione mondiale anche a chiusura dell esercizio del 2012, registrando performance superiori rispetto ai trend di mercato sia in termini di crescita dei ricavi sia in termini di profittabilità: è proprio dai mercati emergenti che nel 2012 i top player del settore hanno registrato ricavi pari a oltre il 35% del fatturato totale. 103 Kering Group è costituito da due divisioni operative: la divisione lusso, o Luxury Division appunto, comprendente i marchi elencati nel testo, e la divisione Sport & Lifestyle composta dai brand Puma, Volcom, Cobra, Electric e Tretorn; per approfondimenti: < (Accesso 2 dicembre 2013). 104 Kering Group, Activity Report 2012, Kerig Group Press Release, < giugno 2013, (Accesso 2 dicembre 2012). 74

90 Figura 3.1: Alcuni dei top player internazionali del lusso a termine esercizio nel FONTE: < (Accesso 2 dicembre 2013) Nicola Anzivino & Marco Lazzaro, Market Vision Luxury. Le opportunità esistenti per le aziende Italiane del Lusso nei mercati Emergenti, PwC Deals Advisory, < 2012, (Accesso 3 dicembre 2013). 75

91 Nell ottobre 2013 Kering, riferendo i dati relativi alle vendite dell ultimo trimestre del 2013, ha però reso noto come l aumento registrato nei volumi di vendita totali del gruppo sia stato solamente pari al 5-6% rispetto al 7-8% previsto 106. Inoltre, cosa ancor più importante, analizzando più da vicino i dati, è emerso come tale rallentamento fosse conseguenza soprattutto della debole crescita delle vendite del brand Gucci, il quale rappresenta oltre la metà della valutazione di Kering: questo, infatti, ha registrato solamente un aumento dello 0,6% su base comparabile 107, rispetto alle previsione che preannunciavano almeno un incremento dell 1%. Gucci è stato colpito soprattutto dal calo della domanda asiatica, in particolare dai nuovi trend di consumo dei clienti cinesi, e dalle interruzioni legate agli sforzi per riposizionare il marchio sul mercato del lusso locale. Gucci ha registrato un aumento del fatturato del 4% nei negozi a gestione diretta, da cui proviene oltre il 77% del totale delle entrate 108, mentre le vendite all ingrosso hanno registrato una leggera contrazione a causa delle sempre più selettive politiche di distribuzione attuate dal marchio, soprattutto in paesi come gli Stati Uniti, il Giappone e l Italia. 106 Astrid Wendlandt, Update 2-Kering's Gucci posts weakest sales growth in four years, Rauters, < 24 ottobre 2013, (Accesso 2 dicembre 2013). 107 Una crescita così bassa non si registrava dal 2009, tra il 2010 e l inizio 2012 invece la crescita è stata superiore al 10% (vedi figura 3.1). 108 Paola Bottelli, Gucci guiderà i clienti verso i prodotti di lusso, Luxury24, < 5 marzo 2011, (Accesso 3 dicembre 2013). 76

92 Figura 3.2: Le entrate del terzo trimestre del FONTE: (Accesso 2 dicembre 2013) La storia del marchio Gucci Nel 1920, in una stretta via di Firenze, il quarantenne Guccio Gucci diede vita a una piccola impresa destinata a diventare una delle maggiori protagoniste mondiali dell industria del lusso, oltre che un emblema dell eccellenza del Made in Italy. È nel 1921 che Gucci apre nella sua città natale Firenze un azienda specializzata in prodotti di pelle così come un primo e piccolo negozio di articoli da viaggio: nonostante sia venuto a contatto con la raffinatezza della nobiltà britannica lavorando diversi anni presso il Savoy Hotel di Londra, crocevia del jetset internazionale, la sua idea comunque è quella di creare un attività propria basata sulle grandi capacità artigianali caratteristiche dell era fiorentina. All interno del negozio era possibile trovare borse, bauli, guanti, scarpe e cinture ispirate al mondo equestre (da qui il motivo del morsetto e della staffa). Guccio Gucci alla fine degli anni Trenta era ormai un marchio riconoscibile a livello nazionale e non più solo un laboratorio artigianale. Di fronte alla difficoltà nel reperire i materiali durante i difficili anni della dittatura fascista e all elevato prezzo delle pelli, Gucci iniziò ad utilizzare in via sperimentale nuovi materiali 109 Kering Group, Third-quarter 2013 revenue, Kering Group Press Release, < 24 ottobre 2013, p. 5, (Accesso 2 dicembre 2013). 77

93 quali canapa, lino, iuta e bambù: quest ultimo veniva utilizzato come manico per quella che poi diventò la borsa iconica e per eccellenza Gucci, la Bamboo Bag. L idea si rivelò geniale e innovativa. Nel secondo dopoguerra iniziarono gli anni dei grandi successi insieme a quelli delle prime leggende. Pare, infatti, che sia stato Aldo Gucci, terzogenito, a inventare un po per gioco la storia secondo cui, già secoli prima, i loro antenati producevano selle e finimenti: nacque così l inconfondibile signature web verderosso-verde che contraddistinguerà negli anni a seguire ovunque il marchio riprendendo, appunto, il sottopancia delle selle. A testimonianza di questo venne ideato, inoltre, il nuovo crest, autoironico: esso viene rappresentato nelle figura di un cavaliere con un antica armatura il quale regge al posto della spada e dello scudo una valigia nella mano sinistra e una sacca da viaggio nella destra. Nel 1951 venne inaugurato il primo negozio Gucci a Milano nella famosissima strada della moda di via Montenapoleone, mentre nel 1953 Gucci sbarcò a New York: il brand fiorentino iniziò in questo modo ad affermarsi a livello globale come simbolo del lusso moderno. Alla morte di Guccio Gucci nel 1953, i figli Aldo, Rodolfo e Vasco continuarono l attività del padre. Negli anni Sessanta Gucci continuò a ottenere grandi successi e i suoi prodotti a esser richiesti dalle grandi star del momento: Jackie Kennedy amava profondamente la borsa a tracolla, oggi icona del marchio chiamata Jackie e rivisitata nel nuovo modello New Jackie ; Liz Taylor, Peter Sellers e Samuel Beckett preferivano invece la borsa hobo, non strutturata e unisex; per la principessa di Monaco Grace Kelly, infine, venne creata la sciarpa in seta con la famosa stampa Flora. In questi stessi anni venne inoltre adottato il leggendario logo della doppia G intrecciata. Contemporaneamente, l espansione del marchio all estero continuò ininterrottamente: furono, infatti, aperte altre boutique all estero fra cui quella di Londra, Palm Beach, Parigi, Beverly Hills, Tokyo e Hong Kong. Nel 1982 Gucci divenne una società per azioni, presieduta da Rodolfo, che però morì l anno successivo. Il timone passò così al suo unico figlio, Maurizio Gucci, il quale deteneva il 50% delle azioni. Nel 1987, Investcorp, società di investimenti del Bahrein, acquistò tutte le azioni societarie del marchio, sia quelle di Maurizio Gucci, sia quelle degli altri membri della famiglia. È negli anni Novanta che Gucci ritrovò la sua notorietà e fama internazionale grazie alle decisioni operate dal nuovo Direttore Creativo nominato 78

94 nel 1994, Tom Ford, il quale rilanciò il brand, ormai sull orlo della bancarotta. La risposta ricevuta dal consumatore a cui Gucci si era sempre rivolto e delle celebrità che lo hanno sempre scelto è assolutamente positiva: Gucci è di nuovo uno dei brand preferiti e più rinomato al mondo. Ford riuscì a riportare il marchio alla ribalta, ridandogli il lustro dei tempi d oro, evocando il lusso e lo stile di vita tipico del jet-set. Le vendite aumentarono vertiginosamente, con una crescita senza precedenti. Grazie a questa serie di successi, nel 1995 Gucci divenne definitivamente una società quotata in borsa e guidata da Domenica De Sole, avvocato italoamericano ex presidente di Gucci America. Nel 1999, infine, Gucci entrò a far parte del gruppo francese PPR, trasformandosi da azienda monomarca a gruppo con un portfolio multibrand. Gucci, a partire dal 2000, raggiunse un enorme successo, divenendo uno tra i primi marchi del lusso desiderati e richiesti al mondo. Grazie alla consultazione degli archivi storici, Frida Giannini, nominata Direttore Creativo di tutte le linee dal 2006, iniziò a riproporre modelli storici come la borsa Jackie e la Bamboo Bag rivisitati appunto in chiave moderna. In seguito alla nomina di Patrizio di Marco in qualità di Amministratore Delegato del brand, inoltre, prodotti Gucci iniziarono a racchiudere ancor di più tutti i valori su cui il marchio ha basato i suoi novant anni di storia: qualità, esclusività, artigianalità italiana e Made in Italy Il concetto di heritage alla base dei successi moderni di Gucci Il concetto di heritage, inteso come eredità e patrimonio culturale, è diventano, a partire dagli anni 2000, elemento chiave del successo del marchio. Gucci, infatti, ha voluto ed è riuscito a creare prodotti che fossero si rispettosi delle tradizioni e della maestria artigiana caratteristiche del marchio nel passato, ma al contempo totalmente nuovi e innovativi, in grado di soddisfare le esigenze della moderna clientela. Per Gucci, infatti, il rispetto per il patrimonio e le tradizioni va comunque di pari passo con il desiderio di mantenere il brand esclusivo e all avanguardia: proprio per questo, negli ultimi anni, il marchio ha allargato i suoi orizzonti anche in campo digitale aderendo, ad esempio, a un gran numero di progetti e iniziative, coinvolgendo nuovi strumenti e piattaforme per 79

95 pubblicizzare e vendere i suoi prodotti 110. Oggi più che mai, il brand punta fortemente sulla valorizzazione del proprio famoso patrimonio culturaleterritoriale: l archivio storico, l eccellenza degli artigiani che in Toscana producono capi e accessori distribuiti in tutto il mondo, l innovazione tecnologica applicata all uso della pelle e degli altri materiali. Superati ormai i novant anni di storia, il marchio Gucci recentemente ha raggiunto una serie di traguardi e risultati formidabili, registrando un continuo aumento nel fatturato annuo. In figura 3.3 è evidente come dal 2004, dove le entrate sono state pari a 1,5 miliardi di euro, l aumento del fatturato sia stato continuo: tra il 2005 e il 2008, infatti, è stata registrata una crescita del 46%, la quale ha permesso nel 2007 di raggiungere i 2,1 miliardi di euro, e successivamente nel 2010 i 2,6 miliardi di euro. Ma è solo nel 2011 che Gucci riesce a superare la soglia dei 3 miliardi di euro di fatturato: il 2011 si conclude, infatti, con un ricavo pari a 3,1 miliardi di euro ed infine nel 2012 il fatturato registrato è stato pari a 3,6 miliardi di euro, in aumento del 15,8% rispetto al 2011 (+9,1% a cambi costanti), ottenuto grazie ai 429 direct store sparsi per il mondo 111. Figura 3.3: Fatturato globale Gucci dal 2004 al 2012 (in mld di ). 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0, ! 2007! 2010! 2012! Mld! 1,5! 2,1! 2,6! 3,6! FONTE: Rielaborazione personale su dati raccolti da < (Accesso 3 dicembre 2013). 110 Fra di essi è inclusa lo sviluppo di una Gucci Style app in otto lingue diverse e una pagina Facebook, in cui Gucci risulta al secondo posto nella classifica mondiale dei marchi di moda per numero di fan nel gennaio Kering Group, 2013, Ibidem. 80

96 Figura 3.4: Fatturato Gucci (in mld di ). 4! 3,5! 3! 2,5! 2! 1,5! 1! 0,5! 0! 2010! 2011! 2012! Mld! 2,6! 3,1! 3,6! FONTE: Rielaborazione personale su dati raccolti da < (Accesso 3 dicembre 2013). Figura 3.5: Ripartizione del fatturato 2012 per categorie di prodotto (in %). 5% 2% 9% Pelletteria! 12% Calzature! Ready-to-wear! 13% 59% Orologi! Gioielli! Altro! FONTE: Rielaborazione personale di dati raccolti da Kering Group, Activity Report 2012, Kering Group Press Release, giugno 2013, p

97 Figura 3.6: Vendite per area geografica Regione MLN % MIX Vs 2011 (mln e %) EMEAI % ,2% AMERICAS % ,3% GIAPPONE % 51 14,0% APAC % ,6% Royalties 85 3% 13 18,1% TOTALE % ,8% FONTE: Riproduzione personale su dati forniti dal Dott. Andrea D Amato, Corporate Retail Asia Region Director Gucci China. Oggi Gucci continua a operare a livello internazionale, contemporaneamente comunque conserva ancora con grande cura le sue radici e la sua produzione italiana. Nonostante questo, Gucci infatti non perde mai occasione per sottolineare l importanza data all heritage del marchio e come ha spiegato Patrizio di Marco: La storia di Gucci è qualcosa che si può vedere, sentire e toccare in ogni nostro prodotto. È un patrimonio originale costruito su tradizioni e valori autentici, esperienza, passione e know-how tramandati per generazioni Con l acronimo EMEAI si fa riferimento all area geografica dei punti vendita in Europa, Middle East, Africa e India. 113 Con l acronimo APAC si fa riferimento all area geografica dei punti vendita della regione Asia Pacifica, quindi degli store localizzati in Australia, Nuova Zelanda, Cina, Hong Kong, Macao, Taiwan, Indonesia, Thailandia, Malesia, Corea del Sud, Filippine, Singapore e Vietnam. 114 Frida Giannini & Stefano Tonchia, Gucci. The Makinf Of, Rizzoli,

98 Risulta straordinaria, inoltre, la capacità di Gucci di tessere una fitta reta fra prodotti, eventi e personaggi, passato e presente, facendo risultare sempre e comunque centrale il brand e quello che esso rappresenta: la campagna Gucci di corporate social responsabilities a sostegno di UNICEF iniziata nel 2005 a favore dei bambini orfani e affetti da HIV/AIDS, il legame con le celebrity forte sin dagli anni Settanta, le collaborazioni sia in ambito musicale che cinematografico, la sponsorizzazione di eventi come il Gucci Master di Parigi, sono solo alcuni degli esempi più chiari ed evidenti dell impegno che il marchio ha da sempre dimostrato al di fuori dell ecosistema moda. Gucci, nel corso degli anni, ha sviluppato una fitta rete di distribuzione con punti vendita soprattutto a gestione diretta sia in territorio nazionale che internazionale, con un forte interesse negli ultimi anni per i Paesi dell Est Europa e dell Asia, in particolare Russia e Cina: sono, infatti, i mercati emergenti ora a guidare lo sviluppo del mercato del lusso, le loro quote di mercato continuano ad espandersi sempre di più e, il principale motore di crescita di queste, è indubbiamente l Asia. Come mostra la figura 3.7, infatti, la crescita registrata nel 2011 rispetto all anno precedente è stata pari al 25%, guidata in larga parte dalle vendite effettuate in Cina. L Asia, infatti, è diventata uno dei principali mercati per i più grandi operatori del settore, occupando il 29% della quota di mercato del settore nel 2011, subito dopo il 33% dell Europa 115. Per quanto riguarda invece il mercato maturo, sofferente soprattutto in Europa a causa della crisi economica, la crescita è guidata principalmente dal crescente flusso di turisti e dalla buona performance degli Stati Uniti sostenuta dalla rivalutazione del dollaro. 115 Nicola Anzivino & Marco Lazzaro, 2012, Ibidem. 83

99 Figura 3.7: Trend del mercato del lusso Worldwide per area geografica, FONTE: < (Accesso 3 dicembre 2013) Nicola Anzivino & Marco Lazzaro, Ibidem, < 2012, (Accesso 3 dicembre 2013). 84

100 3.2 LE STRATEGIE DISTRIBUTIVE DEL MARCHIO GUCCI IN CINA La gestione della distribuzione internazionale del marchio Gucci La struttura distributiva del marchio Gucci è costituita principalmente dal canale diretto con punti vendita di proprietà o indiretta breve con negozi in franchising, punti vendita aperti in factory outlet center sia in Italia che all estero (come al Florentia Village di Tianjin in Cina), punti vendita di dimensioni minori aperti nei grandi e lussuosi shopping mall e punti vendita allocati nei duty free shop dei principali aeroporti internazionali al mondo. In linea con le politiche distributive di tutti i principali brand del settore lusso, anche Gucci, negli ultimi anni, ha scelto di rafforzare la propria rete di distribuzione diretta in quasi tutti i mercati: infatti, è proprio dai punti vendita diretti che Gucci riesce a ottenere oltre il 70% dei ricavi. A seguito di queste scelte, inoltre, come già accennato sopra, il brand ha attuato una serie di limitazioni alla distribuzione e uno stretto controllo sull esclusività e sulla qualità del prodotto. Nel 2012, infatti, il brand ha registrato un incremento delle vendite pari al 4% rispetto all anno precedente nei negozi diretti e una leggera contrazione nel canale wholesale, in conseguenza delle recenti politiche di copertura distributiva selettive 114. Nell analizzare la strategia distributiva del marchio, è opportuno sottolineare come vengano attuate politiche distributive differenti per le diverse categorie di prodotti quali abbigliamento, borse e accessori rispetto alla gioielleria e orologeria. I primi, infatti, vengono distribuiti principalmente attraverso punti vendita monomarca di proprietà a gestione diretta: questi hanno permesso all azienda di ottenere un più alto margine operativo nel settore, dato che non è prevista nessuna quota di remunerazione destinata agli intermediari. La distribuzione di gioielli e orologi del marchio, invece, non prevede ancora punti vendita diretti dedicati: questi vengono distribuiti principalmente attraverso i D.O.S. Gucci oppure attraverso una selettiva rete indiretta di punti vendita selezionati direttamente dal brand stesso. 114 Kering Group, Third-quarter 2013 revenue, Kering Group Press Release, < 24 ottobre 2013, p. 5, (Accesso 3 dicembre 2013). 85

101 Data appunto la straordinaria operatività dei punti vendita a gestione diretta, Gucci negli ultimi anni ha adottato la strategia di accrescere il numero di D.O.S. soprattutto nei mercati dei Paesi emergenti, ovvero in cui mercati economicamente e strategicamente più rilevanti come Russia, India, Cina e Brasile, e contemporaneamente diminuire il numero dei contratti in franchising. Il punto vendita in franchising, infatti, è una scelta distributiva effettuata dal brand soltanto per i punti vendita aperti in mercati considerati secondari, ovvero per quei mercati di cui la direzione non dispone ancora delle conoscenze e del know-how adeguato per poter aprire subito un punto vendita a gestione diretta. Proprio per l importanza data all autenticità e all originalità del brand, Gucci ha sempre voluto mantenere un alto controllo del canale di distribuzione e dei suoi punti vendita: a tale scopo, nei contratti in franchising, sono previste clausole molto restrittive in cui il brand continua comunque a mantenere un forte controllo sull immagine di marca, proprio come fa per tutti i punti vendita aperti a gestione diretta. Il contratto, solitamente della durata di tre anni, prevede la vendita esclusiva di prodotti Gucci nonché un uniformità nelle atmosfere e negli spazi di vendita rispetto ai D.O.S. Forte è la presenza di Gucci anche nei format di frontiera: gli store dell aeroporto di Milano Malpensa e Roma Fiumicino, Parigi Charles De Gaulle e Londra Heathrow ad esempio, costituiscono un importante canale per la distribuzione degli accessori come borse e articoli della piccola pelletteria, cravatte e seta. Risulta importante, inoltre, sottolineare come il punto vendita Gucci abbia rappresentato sin dai primi anni un vero e proprio punto di riferimento e d incontro per tutti coloro che volevano entrare e conoscere i prodotti esposti. Questo sin dalle aperture a opera di Guccio Gucci dei primi due punti vendita in assoluto, entrambi a Firenze: uno al 7 di via della Vigna Nuova nel 1921, l altro all 11 di via del Parione nel Il primo negozio Gucci aperto a Roma è stato inaugurato nel 1938 nella centralissima via Condotti, in seguito chiuso nel 1961 per lasciare spazio alla nuova boutique aperta nel 1959 al numero 8 della stessa via. La prima boutique milanese venne aperta, invece, nel 1951 al numero 5 di via Montenapoleone. È da qui che prese avvio la vera e propria dimensione internazionale del marchio. Il primo negozio Gucci fuori dal territorio nazionale, invece, venne aperto nel 1953 presso il Savoy Plaza Hotel di New York sulla 58 strada. Questo, insieme 86

102 allo store di Milano, diventò la vetrina globale per eccellenza di Gucci nel mondo: Milano e New York appunto, ma dal 1961 anche Londra e Palm Beach. E poi a seguire tutti gli altri: Parigi nel 1963 e, negli anni Settanta, Tokyo, Hong Kong e Cannes, fino alle più recenti aperture. Il numero dei punti vendita nel mondo è aumentato di anno in anno: se nel 2008, infatti, si contavano 233 boutique Gucci, il numero è cresciuto a 317 nel 2011 e, a oggi, i negozi Gucci nel mondo sono oltre 400. Recentemente, in Giappone e negli Stati Uniti (escluse le Hawaii), il fatturato è cresciuto costantemente, dimostrando l efficacia delle strategie di esclusività adottate in questi Paesi negli ultimi anni. Figura 3.8: Alcuni dei negozi monomarca Gucci nel mondo. PAESE N. STORES ITALIA 21 STATI 53 UNITI FRANCIA 21 MESSICO 7 SPAGNA 8 GIAPPONE 50 INGHILTERRA 11 HONG 8 KONG RUSSIA 4 MACAO 3 INDIA 5 TAIWAN 3 FONTE: Riproduzione propria su dati rilevati da < (Accesso 3 dicembre 2013). Quello che ha unito negli anni, e continua a farlo, i differenti punti vendita nelle diverse città del mondo risulta indubbiamente essere una certa coerenza stilistica e una serie di linee guida capaci di dettarne l immagine; allo stesso modo, però, Gucci è stato in grado mantenere le peculiarità locali delle diverse realtà 87

103 ospitanti i negozi. Osservando, infatti, per un attimo le tante immagini dei negozi Gucci degli anni Sessanta si riescono a cogliere caratteristiche distintive di stile, sintomo di un attenzione primaria per i particolari: la cura con cui i prodotti sono esposti, la coerenza dell allestimento, l eleganza e la raffinatezza degli ambienti. La stessa attenzione è possibile ritrovarla oggi nelle location scelte dall azienda all interno delle quali vengono sempre più curati e valorizzati anche i singoli dettagli architettonici, l arredamento e il display del prodotto, sino alla sua presentazione: per esempio nei flagship store di Ginza a Tokyo e Shanghai le borse sono presentate scenograficamente su speciali stuoini in pelle, ispirati a quelli usati originariamente nel primo negozio Gucci di Firenze La gestione della distribuzione del marchio Gucci in Cina Nel biennio il focus di Gucci, così come quello dei maggior brand del lusso, era il Giappone poiché all epoca quella giapponese era indubbiamente l economia più fiorente e in forte sviluppo, tutti erano focalizzati li: questo successo asiatico del Giappone indusse indubbiamente Gucci a inserirsi al più presto anche nel mercato cinese 115. Il brand fiorentino fece il suo ingresso in Cina nel 1998: allora, infatti, essendo già presente da diversi anni anche nel territorio di Hong Kong con alcuni punti vendita, Gucci aveva già compreso le potenzialità del mercato cinese, data la grande affluenza dei consumatori cinesi disposti a recarsi nelle boutique del lusso di Hong Kong per i loro acquisti. Già a fine anni Novanta, quindi, il popolo cinese mostrava un certo interesse per i prodotti del lusso e un certo legame ai marchi occidentali. La spinta ad inserirsi nel mercato locale venne anche osservando gli ottimi risultati ottenuti allora da un altro brand italiano attivo nella Repubblica Popolare sin dal 1991 e quindi considerato pioniere della distribuzione di beni di lusso in Cina, ovvero Ermenegildo Zegna. I primi ricchi cinesi erano coloro che erano legati al mondo politico, ovvero coloro che allora avevano la maggior necessità di vestire ad hoc per i loro affari internazionali. Da qui la maggior spinta ad inserirsi nel mercato locale per quei marchi prettamente legati al mondo maschile: Zegna, in questo caso, era perfetta. 115 Da qui a seguire le parti inserite nel testo in corsivo virgolettato, risultano essere parti dell intervista rilasciata dal Dott. Andrea D Amato, Corporate Retail Asia Region Director Gucci China, in data 21 gennaio

104 Osservando, quindi, il grande successo che questo stava ottenendo soprattutto grazie alla vendita di abbigliamento uomo in Cina e consci del fatto che in quegli anni il marchio Zegna non era ancora comunque considerato un vero e proprio leader mondiale del settore, Gucci, consapevole anche del fatto che sarebbe stato in grado di offrire una gamma di prodotti molto più ampia, decise di espandersi verso la Cina. La prima boutique Gucci venne aperta a Pechino e, a differenza dell attuale strategia di controllo che prevede solo ed esclusivamente negozi a gestione diretta, all epoca il brand si appoggiò a una rete di distribuzione locale (dipendente comunque da Gucci), la quale si occupava nella parte retail di gestione del personale e delle store mentre Gucci continuava ad occuparsi di scelte strategiche e di merchandising. La scelta ricadde su Pechino perché oggi, a differenza degli anni Novanta, nessun marchio aprirebbe necessariamente il primo punto vendita nella capitale, tutti si rivolgono inizialmente a Shanghai. All epoca, però, soprattutto i marchi stranieri, avevano bisogno dell appoggio della propria ambasciata per svariati motivi, come i visti lavorativi; inoltre va sottolineato che allora si ricercava una sorta di tranquillità, anche perché la Cina a quei tempi non era sviluppata come lo è oggi, per cui Pechino era una meta anche politicamente più sicura e serena. Inoltre, i primi clienti del lusso e i primi ricchi erano proprio personaggi legati al mondo della politica, come governatori e dirigenti del Partito, quindi cittadini residenti necessariamente a Pechino. Obiettivo principale del brand, dopo l apertura del primo store nella capitale, fu indubbiamente quello di riuscire a conquistare anche la fetta di consumatori presenti nella città di Shanghai, considerata sin dagli anni Trenta, la meta ideale per le persone più alla moda: per questo, ancora oggi, Shanghai è la location primaria dove tutti i brand aprono il loro primo punto vendita. Da allora la crescita e lo sviluppo del marchio, insieme all apertura di nuovi punti vendita su tutto il territorio della Repubblica Popolare, non si è mai arrestata. La crescita del numero dei punti vendita Gucci è stata assolutamente esponenziale, in linea con la crescita dell economia cinese : il numero dei punti vendita è aumentato, infatti, da 4 del 2004 a 18 nel 2008, nel giugno 2009, invece, si contavano ben 28 boutique Gucci distribuite in 19 diverse città del Paese, mentre nel 2010 il numero aveva raggiunto quota 39 per poi arrivare a toccare la cifra di 89

105 53 in 33 diverse città nel 2012 ed infine 57 nel 2013 distribuite in 35 diverse località 116. Figura 3.9: Elenco dei punti vendita Gucci in Cina. CITTA INDIRIZZO Lanzhou Lanzhou Dong Fang Hong Plaza,# Victory International Plaza, 4-6 Dong Fang Hong Plaza, East Side, Cheng Guan District, 1/f Xi an Xian Ginwa# Century, Ginwa Department Store, 33 Keji Road, High-Tech District; Xian Plaza Printemps #Plaza, Printemps, 88 Nanguan Zheng Street, Shop 101 Chengdu Chengdu Renhe Spring, Renhe Spring Department Store, 1 Binlong Street, Jinjiang District, Shop a-23, 1/f; Chengdu Maison Mode, Maison Mode Department Store, Renmin South Road 18, Section 2, Shop 109 1/f / 208 2/f Taiyuan Taiyuan Wangfujing, #Wangfujing Department Store, 99 Qinxin Road, Xiaodian District, Shop 1101 Chongqing Chongqing Starlight 68 Plaza, #68 Yangheyi Road, Jiangbei District, l1 shop 01; Chongqing Golden Eagle, #88 Zourong Road, Yuzhong District, Shop 101, 1/f, Shop 201, 2/f Hohhot Hohhot Victory, #Victory International Plaza, Building a, no.8 Xinhua Dong Street, Xin Cheng District, 1/f Zhengzhou Zhengzhou Dennis, #Dennis Department Store, 2 Renmin Road, Shop 101, 1/f Shijiazhuang Shijiazhuang Future Mall, # 326 Zhongshan Road East, Shop 1f - g8 Guiyang Guiyang Xingli, #52 South Zhonghua Road, Shop 1-1, 1/f Beijing Beijing Seasons Place, 2 Jinchengfang Street, Xicheng District, Shop b105, l104-l105; Beijing Jinbao Place,, 88 Jinbao Street, Dongcheng District, Shop 112, 215; Beijing Yintai Centre, #2 Jianguomenwai Street, Chaoyang District, Shop , 1f; Beijing China World Shopping Mall, 1 Jianguomenwai Avenue, Shop l109 - l110; 116 Il numero sale a 59 se si considerano anche i punti vendita aperti rispettivamente presso gli outlet Florentia Village di Tianjin e Highsun U-city Outlets Plaza di Guagzhou. 90

106 Beijing Ping An Ifc mall#, 1-3 Xinyuan South Road, Chaoyang District, Shop 109, 1f; Beijing Shin Kong Place#, 87 Jianguo Road, Chaoyang District, Shop m1018 & m2013 Wuhan Wuhan International Plaza, International Plaza Shopping Centre, 690 Jiefang Road, Jianghan District, Shop 101 Jinan Jinan Silver Plaza#, Shangdong Silver Plaza, 66 Luoyuan Road, shop 1-1 Tianjin Tianjin Hisense Plaza, 188 Jiefang Street, Heping District, Shop Changsha Changsha Friendship# Tower a, 368 Wuyi Road, shop a05 Kunming Kunming Ginko#, Ginko Mall, 985 Beijing Road, Shop f1028 Kunming Golden Eagle#, Golden Eagle Shopping Centre, 418 Qingnian Road, Shop a1, 1/f Hefei Hefei Intime Department Store, 98 Middle Changjiang Road, Shop 105 Hefei Vans#, Luxury Van's Department Store, 130, Ma an Shan Road, Baohe district, 1f01 Nanjing Nanjing Deji Plaza#, 18 Zhongshan Road, 1f, Shop Nanjing Orient Department Store#, 2 South Zhongshan Road, Shop 1f-01 Qingdao Qingdao Hisense Plaza#, Shinan District, 117 Macao Road, Shop 109 / 111 / 113 Yantai Yantai Zhenhua, Zhenhua Department Store, 8 Xidajie Street, Shop a02 Changzhou Changzhou Department Store, #, 1 Yanling Xi Street, 1/f, shop 101 Dalian Dalian Times Square, 36 Renmin Road, Zhongshan District, Shop l107 & l232 Nanning Nanning Dream Island Department Store, 49 Minzu Avenue, Shop 101 Wuxi Grand Orient Department Store, 343 Zhongshan Road, 1/f, Shop 101 Suzhou Suzhou New Matro Shopping Mall, #211 Changjiang Road, Suzhou New District, Shop 1005 Suzhou Matro Shopping Mall, 245 Guanqian Street, Shop 1001 South Hangzhou Hangzhou Tower# b, Hangzhou Tower Shopping Centre, 1 Wulin Square, Shop 104, 1/f Hangzhou Eurostreet Hubin International Boutique Compound, 123 Ping Hai Road, Shangcheng District 91

107 Shanghai Shanghai Takashimaya Department Store, 1438, Hong Qiao Road, 4/f, Shop 024 Shanghai Park Place#, 1601 Nanjing Road, Shop 101 Shanghai Golden Eagle Square, #278 Shaanxi North Road, Jingan District, Shanghai Golden Eagle Square, Shop a1 Shanghai Gateway 1, Hongqiao Road, Shop 101 Shanghai Iapm# Mall, 999 Huaihai Middle Road, Shop l Shanghai Yi Feng#, 77 Beijing East Road, Shop 103!#Shanghai International Finance Center Mall, 8 Century Avenue, Lujiazui, Pudong District, Level 1, Shop l1-5 Guangzhou Guangzhou La Perle#, 367 Huan Shi Dong Road, Unit , 1/f & Unit 226, 2/f Shenyang Shenyang Jolie, #211 Qingnian Avenue, Shenhe district, Shop 101&201 Shenyang Charter Shopping Centre, 7-1 Beijing Street, Shenhe District, Shop Shenyang One Mall#, 268 Zhongjie Road, Shenhe District, Shop a1001 Ningbo Ningbo Heyi Avenue# Shopping Center, 78 Heyi Road, Shop c Wenzhou Wenzhou Fortune Shopping Center#, 577 Station Road, Lucheng District, Shop l1-3, Level 1 Shenzhen Shenzhen The Mixc Mall#, 1881 Baoan Nan Road, Luohu District, Shop n Fuzhou Fuzhou Oriental# Department Store, 760 Bayiqi Zhong Road, Taijiang District, Shop 1101 Xiamen Xiamen Paragon Center, 197 Jiahe Road, Shop 101, Changchun Changchun Charter #Shopping Centre, 1255 Chongqing Road, shop b Harbin Harbin Charter Shopping Center, 106 An Long Street, Dao Li District, 1/f, shop 1104 Harbin Qiulin# International Shopping Centre, 320 Ashihe street, Nangang District, 1f, Shop g01 FONTE: Elaborazione personale da dati raccolti dal sito < (Accesso 3 dicembre 2013). 92

108 È importante notare come tutti i 59 store Gucci distribuiti sul territorio cinese siano esclusivamente a gestione diretta. Gucci, infatti, dal 2006 ha rilevato l intera distribuzione dei punti vendita distribuiti nel territorio della Repubblica Popolare sotto la gestione della filiale Gucci China e ha concesso la licenza di distribuzione solamente per le linee di prodotto comprendenti occhiali, profumi, orologi e gioielli, affidati a Safilo e Procter&Gamble. Studiando i vantaggi della distribuzione diretta nel capitolo precedente è emerso quanto un totale e completo controllo da parte dell azienda distributrice di beni di lusso permetta indubbiamente al marchio stesso di mantenere una forte identità di marca a livello internazionale, insieme a una gestione unitaria e coordinata di tutte le variabili del marketing mix. Per mercati così importanti come quello cinese Gucci vuole avere la sicurezza e il controllo totale della qualità del servizio offerto e del modo in cui viene comunicato il brand, e questo può avvenire ai massimi livelli solo ed esclusivamente attraverso una gestione diretta dei negozi. Affidare una parte seppur minima- della distribuzione al canale wholesale o appoggiarsi a distributori significherebbe, infatti, correre il rischio di comunicare erroneamente il posizionamento del brand, anche solo, ad esempio, attraverso decisioni sbagliate operate dell intermediario scelto: la scelta delle linee di prodotto acquistate è indubbiamente più certa quando si ha il merchandising operato direttamente dal marchio stesso. Quando ci si appoggia a distributori o canali wholesale è prevista per contratto anche una certa libertà da parte dei business partner e quando si ha un mercato importante come quello cinese non si può certo correre questo rischio. Osservando la figura 3.9 con riferimento ai punti vendita Gucci in Cina, si nota subito come la maggior parte degli store del marchio siano inseriti all interno di shopping mall, a differenza di quanto succede invece in Italia, e tendenzialmente in tutta Europa, in cui i principali e più importanti flagship store e punti vendita sono posizionati invece in location indipendenti; questa politica distributiva viene operata anche da tutti gli altri maggiori brand del settore. Non è un caso, infatti, che nel 2012 la Cina si sia affermata come primo Paese al mondo nel progetto di creazione di nuovi spazi commerciali aventi una superficie superiore ai 100 mila metri quadri e proprio per tale motivo il marchio Gucci, di conseguenza, non ha potuto far altro che assecondare questa abitudine del nuovo consumatore cinese. A sostegno di tale teoria, è importante notare come gli sviluppi primordiali degli shopping mall cinesi derivino proprio dai grandi e lussuosi hotel 93

109 internazionali, questi si prestavano, infatti, come luogo ideale essendo frequentati dai primi viaggiatori cinesi ricchi: è proprio nelle loro hall che in passato vennero a crearsi i primi micro shopping mall. Il primo negozio Gucci a Shanghai, infatti, sorse proprio alla base del The Portman Ritz-Carlton Hotel sulla Nanjing West Street, a pochi passi da dove si trova l attuale flagship store Gucci: era un hotel in cui si tenevano molte convention ed esposizioni, questo, quindi, rappresentava un forte richiamo al traffico di qualità e di target giusto per il lusso. Attualmente il tipico shopping mall cinese, costituito da un grande edificio centrale il quale presenta da 2 fino a 7-8 piani, propone anticipatamente i primi spazi espositivi ad aziende del settore lusso: qualsiasi proprietario di shopping mall cinese ancor prima di fare il progetto sa bene che per far funzionare il piano lusso (che deve assolutamente essere presente per il successo dello stesso) e per vedere un riscontro economico deve riuscire a convincere diverse aziende a completare quel piano. Tre sono i principali marchi che godono di determinati favori, chiamate in questo senso aziende ancora : Gucci, Louis Vuitton e Prada; solamente riuscendo a convincere questi tre brand ad entrare nel proprio shopping mall permetterà, infatti, al landlord dello stesso di presentarsi successivamente alle altre aziende del settore quali Salvatore Ferragamo, Dior o Fendi con l obiettivo di convincerle ad acquistare uno spazio vendita. Al fine di convincere queste aziende ancora a entrare nel suo shopping mall, spesso il padrone dello stesso offre agevolazioni finanziarie come anni di affitti gratuiti o comunque molto bassi cosi come contributi nelle spese strutturali e di costruzione dello store. Tutte queste ragioni, però, non evitano a Gucci, cosi come appunto anche a Prada e Louis Vuitton, ad accettare solo ed esclusivamente location ritenute essere le migliori e assolutamente di rilievo all interno dello shopping mall, proprio perché è fondamentale sempre e comunque salvaguardare l immagine del brand. L impegno e l interesse sempre maggiore per il mercato del lusso cinese e la crescente presenza di Gucci nel Paese viene dimostrato anche dalla scelta di inserire il flagship store di Gucci Golden Eagle Shanghai, aperto nel giugno 2009, fra i più importanti punti vendita del brand a livello mondiale e nazionale: la boutique, la più redditizia del Paese, ha infatti registrato nel 2012 vendite pari a 180 milioni di RMB, circa 22 milioni di euro. Al momento della scelta della location Shanghai era indubbiamente la città ideale per incrementare il già sviluppato business del marchio. Il nuovo flagship store Gucci si trova, infatti, nel cuore della shopping luxury area della città, all interno del lussuosissimo 94

110 shopping mall Golden Eagle Square, posto all incrocio Nanjing West Road e Shanxi North Road, vicinissimo al Plaza 66, altro importante shopping mall della città. Nanjing Road continua ad esser la meta per eccellenza dello shopping soprattutto da parte dei turisti; i locali shanghaiesi, invece, sanno che ci sono altri punti molto interessanti e attraenti per i loro acquisti: questo è uno dei motivi per cui a Shanghai abbiamo ben 7 negozi. Per seguire il flusso di clientela della città parliamo di 23 milioni di abitanti- e di turisti ancor maggior- abbiamo dovuto strategicamente posizionare negozi altrettanto importanti in diversi punti della città. Il Golden Eagle Square rappresentava la location ideale dove inserire il nuovo negozio Gucci: esteso su una superficie di 40 mila metri quadri e sviluppato su di 9 piani, esso racchiude al suo interno i grandi marchi internazionali del lusso cosi come edifici commerciali di alto livello. Il primo piano risulta indubbiamente dominato, appunto, dalla boutique Gucci. La boutique di circa 1600 metri quadri di superficie, si sviluppa, infatti, su due piani spaziosi e luminosi, ai quali è possibile accedervi attraverso due differenti ingressi, uno dall interno dello shopping mall e uno dalla JinYing International Shopping Square (la strada principale che permette l ingresso al Centro): al suo interno è possibile trovare l intera gamma di prodotti del marchio come borse, valigie, accessori, abbigliamento e calzature sia da uomo che da donna, orologi e gioielleria. Analizzando la strategia distributiva adottata da Gucci in merito alla scelta delle località in cui aprire i propri punti vendita, si può affermare che essa risulta assolutamente bilanciata. Il marchio, infatti, una volta raggiunta una buona copertura nelle principali città del Paese, ha dato avvio a una politica di espansione anche nelle città di secondo e terzo livello. Negli ultimi anni, data la vastità del territorio cinese, infatti, l azienda ha iniziato a espandersi in modo aggressivo anche in città in cui la popolazione varia fra i 2 e gli 8 milioni di abitanti: secondo François-Henri Pinault, infatti, una boutique aperta in una città di secondo livello può diventare redditizia già in due anni 117. Ricordando ancora una volta la preferenza per i marchi che decidono di entrare nel mercato cinese di aprire i loro primi punti vendita in città maggiori (prima fra tutte Shanghai), in queste località secondarie si crea indubbiamente una minor competitività e di conseguenza maggior ricavi per quei pochi brand che 117 Red Luxury, Why Gucci Succeeds in China, Red Luxury, < 27 settembre 2010, (Accesso 4 dicembre 2013). 95

111 decidono di avventurarsi in nuove città meno conosciute. Questo perché, lo sviluppo economico che caratterizza queste città è assolutamente ai massimi livelli: il tasso di crescita attuale del PIL della Cina è di circa il 7,5%, una media ottenuta tra la crescita del 5% di città già molto sviluppate e ben il 12-13% delle città di terzo livello, di conseguenza non deve stupire se la performance di questi store venga valutata altissima. A tal proposito risulta opportuno portare come esempio l indubbio successo avuto con l apertura degli store delle città di Wuhan e Changzhou. Nel maggio 2009, infatti, venne aperto il primo store Gucci nella città di Wuhan, capoluogo della provincia dello Hebei, distante mille chilometri da Pechino e Shanghai. Pur essendo considerata una città di terzo livello, la sua popolazione ammonta a oltre 9 milioni di abitanti. Con un negozio di 450 metri quadri, nei soli primi tre giorni d apertura venne registrato un fatturato di quasi 250 mila euro 118. Nel 2010, invece, Gucci decise di aprire un nuovo store nella città di Changzhou, nella provincia del Jiansu: composta da poco più di 4 milioni di abitanti, questa città, una delle più ricche della provincia grazie a un PIL pro capite superiore ai 7 mila euro, è stata considerata dalla rivista Forbes al nono posto come città più votata al business nel Paese. Posto all interno del Changzhou Department Store, il punto vendita occupa circa una superficie di 300 metri quadri: ciò che è importante notare è, però, come l offerta di brand presenti nel department store non prevede, per ora, alcuno store Louis Vuitton, competitor numero 1 del marchio italiano, apripista nel mondo degli store per quanto riguarda soprattutto la pelletteria. Questo dimostra ancora una volta quanto per Gucci sia importante arrivare anche in quelle località non ancora esplorate da altri e soprattutto quanto Gucci sia conosciuto in un mercato sempre e comunque in via di sviluppo, in cui il numero dei brand concorrenti cresce ogni giorno di più. È evidente, quindi, come il consumatore di beni di lusso cinese sia presente anche in città di importanza secondaria, come appunto Wuhan e Changzhou. 118 Paola Bottelli, Gucci, incassi record in Cina, Luxury24, < 6 giugno 2009, (Accesso 4 dicembre 2013). 96

112 Figura 3.10: Interno dello store Gucci di Wuhan. FONTE: < (Accesso 4 dicembre 2013) 119. Il brand, inoltre, in alcuni casi ha sviluppato punti vendita anche in queste aree al fine di sfruttare la condizione massima in termini finanziari che gli veniva offerta. Come già esposto, spesso infatti i proprietari dei nuovi shopping mall (e in queste città secondarie ancor di più) hanno bisogno di un grande marchio come Gucci per poter attrarre a se gli altri brand del settore, e possono ottenere un si solo offrendo a Gucci delle ottime facilitazioni: al fine di convincere Gucci ad aprire un punto vendita nel suo nuovo shopping mall nella citta di Dandong, città in pieno sviluppo al confine con la Korea del Nord, il proprietario ci ha offerto periodi di affitto gratuiti, un contributo all investimento per la costruzione del negozio e la migliore posizione, questo per dimostrare quanto lui avesse bisogno di noi poiché, ottenuto il nostro commitment, avrebbe potuto farsi avanti con gli altri marchi. Come si evince da queste riflessioni, quindi, l offerta quantitativa degli store del marchio è in continuo aumento in tutto il Paese. Ma proprio per la paura di giungere troppo presto a una saturazione del mercato a livello distributivo brand quali Louis Vuitton, Hermès e appunto Gucci hanno deciso di arrestare 119 < dex.html>, (Accesso 4 dicembre 2013). 97

113 momentaneamente la loro corsa all apertura di nuovi punti vendita nella Repubblica Popolare, a favore invece di una maggiore attenzione per lo standing del brand. Negli ultimi tre anni sono stati aperti ben 450 flagship store di aziende del lusso intendendo per flagship lo store più importante per quella data marca: l offerta di acquistare lusso in Cina, oggi, è addirittura quasi più alta rispetto alla domanda. Così, nei primi mesi del 2013 l azienda fiorentina ha annunciato di voler sospendere momentaneamente l apertura di nuovi punti vendita sul territorio per il , per sostenere invece un progetto di consolidamento e riqualificazione degli store già esistenti. Data, infatti, la presenza di un numero sempre maggiore di marchi anche minori ma comunque sempre più di forte richiamo per i consumatori cinesi, Gucci ha bisogno di riqualificarsi sul mercato locale anche attraverso un ottima strategia distributiva dei proprio punti vendita in posizioni considerate oggi di estrema importanza strategica. Nel dettaglio, i punti vendita che verranno aperti saranno circa 7-8, ed altrettanti quelli che verranno chiusi: questo perché nella maggior parte dei casi si tratta di ricollocazioni di punti vendita già esistenti in diverse location della città che al momento dell apertura non erano sviluppate e centrali come invece lo sono ora. A queste, vanno aggiunte altrettante ristrutturazioni e piccole espansioni: ad esempio, in punti vendita dove abbiamo aperto solo con la piccola pelletteria aggiungeremo anche l abbigliamento, oppure passeremo dal vecchio concept estetico a quello nuovo chiamato Frida One (alcuni negozi infatti presentano ancora il vecchio concept) proprio perché è obiettivo dell azienda uniformare anche sotto la stessa immagine architettonica tutti i punti vendita presenti nel Paese entro il Gucci e il cliente cinese Il grande successo del marchio deriva spesso così anche da un insieme di leve: prima fra tutte, come appena esposta, una perfetta strategia distributiva volta all individuazione delle location adeguate destinate all apertura dei punti vendita, in secondo luogo un offerta di prodotti mirata e selezionata negozio per negozio. Data la vastità del territorio cinese, Gucci ha attuato una sorta di segmentazione del mercato: il marchio, infatti, adotta una diversificata strategia di merchandising per ogni singolo negozio all interno del Paese. Prendiamo ad esempio il flagship store di Golden Eagle di Shanghai: indubbiamente questo store da un immagine un po più 98

114 fashion al brand e ospita tutta l offerta Gucci. Un negozio nel quartiere più di periferia come invece quello di Shanghai Gateway, inserito all interno di uno shopping mall molto più commerciale, ovviamente presenta una tipologia di prodotto diversificata, come ad esempio un offerta di abbigliamento più giovanile e fashion rispetto all abito da sera che si può trovare nel flagship. Lo stesso Pinault sostiene quanto sia inutile proporre in tutti gli store un prodotto come la new Bamboo in pelle del valore di 2100 euro, adeguata per la clientela tipica del flagship store di Shanghai, se la maggior parte dei clienti di negozi delle città minori è al suo primo acquisto griffato 120. Così, nelle nuove boutique aperte nelle città di seconda e terzia fascia, l azienda ha deciso di offrire al cliente che si approccia per la prima volta al marchio, articoli della categoria leather goods and accessories prima di proporre immediatamente altre categorie come ready-to-wear o altri accessori, solitamente richiesti e ricercati da consumatori più maturi, esperti e conoscitori del marchio. Obiettivo di Gucci negli ultimi anni, quindi, è stato quello di riuscire a conquistare anche quella fetta di consumatori residenti nelle città più interne e piccole (ricordando che con piccole non si fa certo riferimento alla popolazione che vi abita), i quali in aggiunta hanno anche iniziato a viaggiare all interno del Paese per motivi turistici anche alla ricerca e alla conquista dello status symbol del logo, ottenuto attraverso l acquisto di brand italiani o francesi. Lo stesso Patrizio di Marco ha dichiarato come nel Paese vi sia una duplice e diversa richiesta di prodotti Gucci da parte del consumatore cinese: da una parte c è chi ricerca sneakers e borse con il logo in evidenza, chiaro esempio di consumo aspirazionale che accosta il cliente al marchio, dall altra, invece, chi ricerca un prodotto più sofisticato ed anonimo, come appunto la Bamboo bag in coccodrillo del valore anche di oltre 10 mila euro, classico acquisto di un consumatore maturo ed esperto. A volte capita ancora, però, che il consumatore cinese di beni di lusso non sia in grado di riconoscere o distinguere i brand occidentali, data la grande quantità di marchi presenti sul mercato e soprattutto data la poca esperienza maturata nel settore da parte di molti dei principali acquirenti cinesi. Il marchio Gucci, però, gode di una forte capacità di riconoscimento del brand da parte dei consumatori cinesi: essendo entrato fra i primi nel mercato cinese e avendo aperto per primo diversi punti vendita in città non ancora esplorate da altri brand, infatti, 120 Paola Bottelli, Pinault: Cina, così creiamo il mercato, Luxury24, < 21 settembre 2010, (Accesso 4 dicembre 2013). 99

115 soffre sicuramente molto meno questo problema rispetto ad altri suoi competitor. Il problema che si presenta a Gucci, invece, è quello di venir spesso riconosciuto solo per determinate categorie merceologiche rispetto all intera e vasta gamma di prodotti che offre. Ad esempio: Abbiamo dovuto lavorare molto per far conoscere il nostro mocassino, cosa che invece per un americano è il simbolo di Gucci per eccellenza; il cliente cinese ci conosce molto di più per le sneaker. Capita che a volte il cliente cinese percepisca come dei lanci nuovi, prodotti che invece sono sul mercato già da qualche tempo! Gucci indubbiamente ha dovuto lavorare più su questo. L idea del marchio, quindi, è stata quella di utilizzare dei testimonial locali, come la famosissima attrice cinese Li Bingbing, oltre che vestire attrici e cantanti cinesi -e non solo- famose nel mondo che hanno una forte riconoscibilità in patria. Fra le varie iniziative lanciate a tale scopo, vi è stato senza dubbio l evento speciale organizzato dal brand a Shanghai nel giugno 2013, per il lancio della nuova fragranza femminile Gucci Première. In tale occasione è stata invitata nella città, Blake Lively, meglio conosciuta per il ruolo di Serena van der Woodsen nella famosissima serie televisiva americana Gossip Girl, giovane volto nella campagna pubblicitaria del nuovo profumo Gucci. Al fine di promuovere così ancora una volta l immagine del brand e consapevoli dell enorme influenza mediatica che aveva la star nel Paese, la giovane americana è apparsa anche sulla copertina di Elle China settembre 2013 in un abito d oro della collezione Gucci autunno-inverno Nonostante, quindi, l evidente successo del marchio nella Repubblica Popolare, risulta comunque importante analizzare le cause che hanno portato ad un leggero calo nell aumento delle vendite Gucci Cina nell ultimo anno. Nel 2012, infatti, la vendita dei beni di lusso in Cina ha registrato un aumento pari a solo il 7%, inferiore a quello della crescita economica che risultava essere in aumento del 7,8% 121. Kering Group, riportando i dati riferiti al terzo trimestre del 2012, ha evidenziato come le vendite del marchio fiorentino abbiano registrato una debole crescita pari al solo 2% nella Repubblica Popolare, uno fra i suoi più importanti mercati, a fronte invece dell aumento pari al 10% registrato negli Stati Uniti e 3% nel Giappone. Se, infatti, nel 2009 il fatturato realizzato nella Greater China era stato pari a 485 milioni di euro (quasi il triplo del 2005), nel 2011 la cifra salì a 710 milioni di euro, pesando per il 22,6% sul fatturato annuo pari a 3,1 miliardi di 121 Redazione di Il diario del Web, Gucci e la Cina, nessuna nuova apertura nel 2013, Diario del web, < 23 febbraio 2013, (Accesso 5 dicembre 2013). 100

116 euro 122. Le vendite effettuate nella sola Cina nel 2012, invece, sono state pari a 3,7 miliardi di RMB, circa 500 milioni di euro 123. Nel corso dell ultimo anno, secondo Chiang Jeongwen, professore di marketing presso la China International Business School, però il mercato del lusso cinese è giunto a punto critico 124, a causa anche, secondo Zhou Ting direttore esecutivo del centro di ricerca per i servizi e per i beni di lusso dell University of International Business and Economics di Pechino, dell aumento dell inflazione e dei titoli depressi, così come del mercato immobiliare, che ha colpito indubbiamente il reddito dei consumatori cinesi 125. Paradossalmente, infatti, l enorme successo di Gucci in Cina potrebbe rappresentare uno svantaggio: come ha affermato il Prof. Jeongwen, infatti, quando nel Paese si inizia a vedere ogni signora portare una borsa Gucci, il marchio perde rapidamente la fascia più alta di clienti. Diventando troppo popolari i grandi marchi, di conseguenza, vengono immediatamente abbandonati dai ricchi cinesi. Lo stesso CEO Patrizio di Marco, infatti, ha affermato quanto Gucci recentemente abbia dovuto lavorare duramente nel territorio cinese proprio a causa di questa falsa percezione che Gucci sia diventato un impresa industriale e non più un impresa del lusso. Risulta, però, inevitabile che grandi firme quali Gucci, Louis Vuitton o Prada riscuotano enorme successo nel Paese e siano sempre più richieste dalla nuova classe media benestante data la sua continua crescita: ciò che è importante è che questi brand riescano a gestire in maniera ottimale l esclusività del marchio in concomitanza con la crescita dei consumatori cinesi. Il declino dell andamento delle vendite del marchio è innanzitutto un chiaro riflesso della nuova debole propensione dei consumatori cinesi più esperti e conoscitori del settore per i mega brand, in alternativa a marchi più di nicchia (ne è un esempio la crescita del 30% realizzata da Bottega Veneta 126 ). A questo va 122 Paola Bottelli, Patrizio di Marco, a.d. Gucci: Tra i nostri clienti è testa a testa Cina-Usa, Moda24, < 23 aprile 2012, (Accesso 5 dicembre 2013). 123 Dato fornito dal Dott. Andrea D Amato. 124 Andrew Hill, Kering takes new luxe to China, The Financial Times, < 12 giugno 2013, (Accesso 5 dicembre 2013). 125 Red Luxury, Does Luxury Brands Need a Game-Changing Strategy in China?, Red Luxury, < 6 giugno 2012, (Accesso 5 dicembre 2012). 126 Jing Daily, Gucci strives to adapt to China s new niche tastes, JingDaily, < >, 25 ottobre 2013, (Accesso 5 dicembre 2013). 101

117 indubbiamente aggiunto il nuovo gusto dei clienti cinesi per quei prodotti di lusso privi di logo e considerati meno appariscenti. A tale scopo Gucci ha recentemente rafforzato l offerta di prodotti a fascia alta con una maggior varietà e scelta di borse e articoli in pelle e materiali pregiati, diminuendo la gamma di prodotti, invece, dal logo in evidenza. È proprio in questa categoria di prodotti che Gucci ha realizzato un elevato numero di vendite nel corso del precedente anno, soprattutto grazie a borse come la Bamboo Shopper e la Lady Lock, entrambe in pelle di vitello e prive di logo. Lo stesso Jean-Marc Duplaix, direttore finanziario di Kering, ha confermato quanto la vendita di borse dal logo non molto evidente (come appunto quelle in figura 3.11), a fine 2012 costituisse solamente il 35% nel totale delle vendite nella categoria handbag, mentre nel 2013 la percentuale fosse già salita al 55% 127. Figura 3.11: La borsa Bamboo Shopper e Lady Lock. FONTE: < (Accesso 5 dicembre 2013). Una della sfida per l azienda, quindi, sarà riuscire a mantenere un solido equilibrio nell integrità del brand, rimanendo comunque sempre sensibile ai diversi gradi di potere d acquisto sia, come esposto in precedenza, fra le varie zone della Cina sia alle diverse tipologie di consumatore da cui essa risulta essere composta. 127 Astrid Wendlandt, 24 ottobre 2013, Ibidem. 102

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