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1 Corso di Laurea magistrale in Lingue e culture dell Asia Orientale Tesi di Laurea Taipei e il cinema Relatore Ch. Prof. Elena Pollacchi Correlatore Ch. Prof. Marco Ceresa Laureando Elena Rebaudengo Matricola Anno Accademico 2011 /

2 Introduzione in cinese 2

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5 Indice Avvertenze p.6 Introduzione p.7 Capitolo 1: Taipei e il cinema p.10 Capitolo 2: Edward Yang p Qing mei zhu ma p Kongbu fenzi p Yi yi p.31 Capitolo 3: Hou Hsiao-hsien p Lian lian feng chen p Niluohe nü er p Hao nan, hao nü p Qianxi manbo p Zui hao de shiguang p.53 Capitolo 4: Tsai Ming-liang p Qingshaonian Nezha p Aiqing wansui p Heliu p Dong p Ni nabian jidian P Tianqiao bu jian le p Bu san p Tianbian yi duo yun p.80 Capitolo 5: Taipei oggi p.86 Bibliografia p.97 Filmografia p.109 5

6 Avvertenze Nella presente trattazione i termini cinesi sono trascritti secondo il sistema ufficiale adottato dalla Repubblica Popolare Cinese, noto come pinyin. Un eccezione a questa regola viene fatta quando vengono menzionati nomi propri taiwanesi in questo caso viene utilizzato il sistema di trascrizione Wade-Giles in uso nella Repubblica di Cina (Taiwan). Ad esempio Tsai Ming-liang (pinyin: Cai Mingliang). Si è deciso di mantenere il vecchio sistema Wade-Giles anche per alcuni nomi e toponomi perchè così sono noti al grande pubblico, ad esempio Taipei (Taibei) o Kuomintang (Guomindang). Inoltre, nel caso degli artisti di Hong Kong, spesso internazionalmente noti con il loro nome inglese, si riporterà in primo luogo il nome inglese e quindi, fra parentesi, il nome cinese trascritto in pinyin con relativi caratteri. Es: Stanley Kwan (Guan Jinpeng ). Nel menzionare i titoli dei film si è deciso di utilizzare sempre il loro titolo originale (e non quello internazionale), inoltre, alla prima occorrenza del titolo, verrà indicato quanto segue: - film senza distribuzione italiana: titolo originale (titolo internazionale / traduzione letterale del titolo originale, regia, anno). Es: Yi ye Taibei (Au revoir Taipei / Una pagina di Taipei, Arvin Chen, 2010). - film con distribuzione italiana: titolo originale (traduzione letterale del titolo originale [se diverso dal titolo di distribuzione italiana] / titolo di distribuzione italiana, regia, anno). Es: Beiqing chengshi (Città dolente, Hou Hsiao-hsien, 1989). - film italiano: titolo (regia, anno). Es: Ladri di biciclette (Vittorio De Sica, 1948). 6

7 Introduzione Con questo lavoro mi propongo di esaminare il rapporto tra la città di Taipei e il cinema. I primi tre capitoli sono dedicati ai tre autori più importanti e famosi dell isola, mentre nell ultimo analizzerò le opere più recenti di giovani registi che, come i loro predecessori, si impegnano in un analisi della metropoli. Attraverso questa lettura della città sarà possibile vedere la sua crescita e i suoi cambiamenti sociali e culturali dagli anni Ottanta a oggi. Tramite il cinema degli ultimi trent anni è, infatti, possibile rivivere il passaggio che Taipei ha attraversato da capitale industriale a metropoli internazionale. Dopo gli anni Sessanta e Settanta, dove Taipei sul grande schermo era vista quasi esclusivamente sotto un ottica di contrasti e paragoni con la campagna, con il cinema di Hou e Yang sono entrati nella cornice della macchina da presa diversi e più complessi punti di vista, portando sullo schermo nuovi tipi di narrativa. Se prima la città era solo il luogo affascinante ma pieno di trappole dove i giovani provenienti dalla provincia erano costretti a cercare lavoro tra difficoltà e sofferenza, il cambiamento degli anni Ottanta è notevole: a prendere parola finalmente sono gli abitanti della città. La transizione che stava vivendo Taipei è ripresa sul volto dei protagonisti che si riflette sulle vetrate dei nuovi grattacieli in costruzione: viene dato risalto al conflitto culturale che si verifica nelle strade di una città che si sta commercializzando e mercificando. In uno skyline che va sempre più uniformandosi, i personaggi dei film di Yang sembrano rinchiusi in appartamenti-scatola senza via di uscita. I film di questo periodo riescono a portare all attenzione degli spettatori un percorso che sta procedendo in maniera parallela: come cambia la città, così cambiano la vita dei suoi abitanti e le loro relazioni sociali. Come scritto da Braester, il cinema urbano è mosso da un impulso documentaristico che si propone di catturare sulla pellicola le immagini di uno skyline in costante mutamento e di un paesaggio che va svanendo (Braester, 2007: 10). 7

8 Sicuramente il regista che più si è preoccupato di quei luoghi, che non esistevano più o che erano destinati a scomparire velocemente, è Tsai Ming-liang. La sfida che Tsai lancia con le sue opera, in realtà, non riguarda tanto la memorizzazione fotografica della città quanto il riuscire a portare alla luce e rivelare il suo crollo e la sua inevitabile estinzione. Il suo cinema persegue un obiettivo impossibile: riuscire a rappresentare l invisibile assenza lasciata dallo spazio materiale, il soggetto posto davanti alla camera da presa è qualcosa che non c è più. Il fantasma del padre che appare in Ni na bian jidian insieme agli spettri che popolano la sala cinematografica di Bu san si uniscono a un paesaggio altrettanto evanescente, come il parco Da an in costruzione su un vecchio villaggio per i veterani, dove si consumerà un pianto dirotto in Aiqing wansui o la passerella pedonale vicino alla stazione di Tianqiao bu jian le che è stata smantellata. Le sue immagini di demolizione urbana sono state descritte in una maniera quanto mai efficace come la pornografia dell esistenza urbana (Braester, 2007), dove, senza fare ricorso a un sentimento di nostalgia, le immagini di desolazione ignorano completamente il desiderio di ciò che non può essere più reso visibile. In realtà, nessuno dei tre registi citati è originario della città di Taipei, Hou e Yang, infatti, sono nati nella Cina continentale e arrivati sull isola durante la guerra civile, mentre Tsai è originario della Malesia. Sono, forse, proprio queste origini apolidi ad averli resi ancora più sensibili alla velocità del cambiamento enorme nella società taiwanese in termini di clima politico, ambiente culturale e mentalità urbana. Con una maggiore integrazione di Taiwan nella rete globale, il sapore locale negli anni Ottanta e Novanta è andato via via affievolendosi, amalgamandosi con quello internazionale. Persino i paesaggi naturali dipinti da Hou all inizio della sua carriera sono stati rimpiazzati da caotiche immagini di una Taipei illuminata da artificiali luci al neon all alba del nuovo millennio. L universo in cui si muovono i protagonisti di Edward Yang e Tsai Ming-liang è sempre puramente urbano e fortemente mercificato. Se la natura occasionalmente compare è rappresentata solo nella sua forma devastata, sotto forma catastrofica. Essa simboleggia la distruzione causata dalla rapida urbanizzazione come nelle scene in cui compare l inquinatissimo fiume Tamsui, dove Xiao Kang si immerge al posto di un manichino per rappresentare un cadavere in Heliu, o il diluvio di pioggia senza fine in Dong in un atmosfera apocalittica. Il cambiamento che avviene, invece, con i nuovi registi negli ultimi anni a partire dal 2010 riporta una sorta di inversione di tendenza: la Taipei evanescente abitata da personaggi 8

9 solitari, incapaci di comunicare tra di loro, lascia il posto per una nuova metropoli disegnata con tinte più vivaci. Le pellicole di questa nuova decade, infatti, sono pensate per attirare in sala un pubblico giovane, mostrando una città dinamica che non ha niente da invidiare alle grandi megalopoli internazionali come Parigi o New York. 9

10 Taipei e il cinema I film sulle città, pur non essendo un vero e proprio genere, hanno una lunga tradizione in ambito cinematografico, non solo in Asia, e sin dai primi decenni del cinema 1. Negli ultimi vent anni hanno vissuto una grande rinascita, specialmente in Cina, a Hong Kong, a Taiwan e in Corea; dove entrambi i termini "città e cinema ormai hanno cambiato totalmente significato rispetto a due decadi fa. Più di ogni altro network urbano, la regione dell Asia Orientale si è spinta verso un avanguardia che ha costretto all invenzione di modificatori come megalopoli o città globale. Come evidenziato da Tweedy e Breaster, nello stesso periodo in cui nei sobborghi dei maggiori centri urbani nascevano le cosiddette istant cities, una rivoluzione digitale trasformava in maniera altrettanto profonda il mondo dell arte cinematografica (Tweedy and Breaster, 2010: 1). A partire dagli anni Ottanta i film di carattere urbano rivelano una forte consapevolezza riguardo al fatto che l esperienza di vita nelle città sia cambiata, nel bene e nel male, per merito delle nuove energie dinamiche portate dalla globalizzazione. Il passaggio a questa nuova situazione è stato attentamente registrato dal cinema urbano, che potrebbe, dunque, essere usato come un vero e proprio strumento di studio antropologico. Il profilo di Taipei è in perenne movimento di distruzione e ricostruzione, probabilmente è questo il motivo che la rende un soggetto perfetto per chi vuole 1 La crescita del cinema è intimamente connessa con la crescita della città, così comela città non sarebbe la stessa se non ci fossero i cinema come luoghi di intrattenimento, che ne cambiano significativamente la topografia e l apparenza. Non a caso il cinema nasce come un movimento di penetrazione nello spazio urbano fin dal primo filmato dei fratelli Lumière, che mostravano un treno all arrivo nella stazione. Il cinema ha sempre mostrato le città, da Berlin: Die Sinfonie der Großstadt (Berlino: simfonia di una grande città, Walter Ruttmann, 1927) fino a Manhattan di Woody Allen (1979) e non si è limitato solo alla rappresentazione, spesso le ha anche svelate agli spettatori, tanto che oggi l esperienza di una città dipende più dalla visione che il cinema ne ha dato, piuttosto che dalla conoscenza reale. Così può capitare che arivando in una città estranea potrà sembrare di esserci già stati, grazie alle sue immagini ottenute attraverso il grande schermo (Mennel, 2008). 10

11 documentare la sparizione della città così come la conosceva, ad esempio Edward Yang e Tsai Ming-liang; ma anche per chi vuole celebrarne la sua incessante innovazione ed evoluzione, come Hou Hsiao-hsien e Arvin Chen. I luoghi tipici della città - la strada, il caffè, i grattacieli - sono stati usati come sineddoche delle città fin dalla nascita del cinema, proprio come se la città fosse la cristallizzazione della modernità che veniva trasmessa dai primi nuovi strumenti tecnologici, tra cui ovviamente spiccava la settima arte (Mennel, 2008: 23). Per Taiwan, data la sua peculiarità storica 2, sembra essersi delineato un percorso del tutto singolare, così che anche il suo cinema, fin dalla sua nascita, è stato una mescolanza di diversi elementi culturali. Taiwan è, allo stesso tempo, in una posizione geografica e politica strategicamente importante e marginale. Questo l ha resa un luogo adatto come rifugio temporaneo o permanente per chi veniva da fuori, creando così una sedimentazione di culture. Nel 1895, con la fine della prima guerra sino-giapponese, la dinastia Qing firmò il trattato di Shimonoseki che gli imponeva di cedere al dominio giapponese la penisola del Liaodong, l isola di Taiwan e le isole Pescadores. Per Taiwan iniziò così un periodo di occupazione durato cinquanta anni ( ). Si può dunque dire che ad accompagnare Taiwan nell età moderna sia stato il Giappone, che appena quarant anni anni prima, nel 1854, era stato costretto a rompere la sua linea politica di forzato isolazionismo e ad aprire due porti al commercio con gli Stati Uniti grazie al trattato di Kanegawa. Anche la storia del cinema di Taiwan è strettamente legata a questi avvenimenti: fu un commerciante giapponese a portare sull isola il primo Kinetoscopio, chiamato xiyangjing lo specchio occidentale, e una decina di pellicole nell agosto del 1893 (Zhang, 2004: 114). Queste esibizioni avvennero a Danshui, una città sulla costa che oggi forma uno dei nuovi distretti di Taipei, con tre mesi di anticipo rispetto a Kobe. Queste sono le prime tracce legate al pre-cinema di cui si abbia testimonianza in tutta l Asia. L invenzione del kinetoscopio e le pellicole erano state ideate da Edison, e avevano ognuna una durata di circa 2 Taiwan è stata colonizzata nel diciassettesimo secolo da olandesi e spagnoli. A seguito di varie lotte di potere cominciò la sua integrazione con l impero cinese Qing a partire dal 1683 ma venne dichiarata provincia dell impero solo nel In seguito alla prima guerra sino-giapponese, nel 1895, venne ceduta ai Giapponesi che diederono inizio a un opera di modernizzazione dell intera isola. Con la sconfitta del Giappone dopo la seconda guerra mondiale, Taiwan venne restituita alla Cina dove intanto era in atto una sanguinosa guerra civile. Dopo aver perso il controllo della Cina continentale, le forze del Koumintang, guidate da Chiang Kaishek decisero di ritirarsi a Taiwan. Il partito del Kuomintang ha governato l isola per quarant anni come uno stato monopartitico. Solo nel 1987 è stata messa fine alla legge marziale e il figlio di Chiang Kai-shek, Chiang Ching-kuo, ha dato inizio alle riforme democratiche che si sono in seguito concretizzate con il suo successore, Lee Teng-hui, culminando con la prima elezione presidenziale diretta nel 1996 (Sabbatini e Santangelo, 2005). 11

12 un minuto, alla quale poteva assistere una sola persona alla volta, dal momento che non veniva ancora usato un proiettore. Lo spettatore doveva appoggiare l occhio su una lente posta sula sommità di una grande cassa delle dimensioni di un armadio e girare la manovella che svolgeva una pellicola da 35 mm (Altman, 2004). Il cinematografo dei fratelli Lumiere arrivò invece sull isola con tre anni di ritardo rispetto al Giappone e quattro rispetto alla Cina. Nel giugno del 1900 un imprenditore giapponese portò una dozzina di corti che proiettò a Taipei nel quartiere di Ximending per un pubblico prevalentemente composto da donne giapponesi. Dopo una settimana di proiezioni a Taipei, lo spettacolo venne portato in giro per tutta l isola nei mesi successivi. Questo evento rimase unico ed eccezionale per almeno un anno, quando venne organizzata un altra proiezione a Taipei, nel 1901, che per lungo tempo fu considerata erroneamente la prima nella storia dell isola. Quando ancora i film erano uno spettacolo itinerante, arrivarono le prime pellicole europee, prevalentemente quelle prodotte dalla casa francese Pathe, che tra il 1904 e il 1907 riscossero grande successo, nonostante il prezzo del biglietto fosse relativamente alto per l epoca. A creare ancora più scalpore e richiamare un altissimo numero di spettatori furono però i primi film a colori che vennero mostrati a partire dal 1908 in un teatro di Taipei. Si trattava di pellicole tinte a mano o con un processo chiamato kinemacolor che sovrapponeva dei filtri alternati rossi e ciano dietro alla bobina in bianco e nero. I colori erano principalmente usati per indicare una certa situazione ma il codice utilizzato era diverso per europei e giapponesi. Ad esempio, per le scene notturne in Europa si era soliti usare il blu, mentre i giapponesi usavano l arancione (Anderson and Richie, 1959: 33). Gli spettatori taiwanesi erano dunque a conoscenza di entrambe le convenzioni usate per indicare una scena che si svolgeva di notte. Il primo teatro dedicato esclusivamente al cinema venne aperto a Taipei da un uomo d affari giapponese nel giugno del 1911, sempre nella zona di Ximending, che tutt oggi è la zona dei divertimenti e del cinema. Direttamente dal Giappone fu adottato anche l uso di un commentatore, nonché traduttore delle didascalie dei film muti, chiamato benzi, dal giapponese benshi, ovvero uomini parlanti (Hong, 2011). In realtà il compito di questi commentatori andava ben oltre la mera lettura delle didascalie, essi si potrebbero quasi definire degli artisti essenziali per il cinema asiatico, dal momento che inventavano voci e accenti per ogni personaggio e di tanto in tanto aggiungevano battute o spiegazioni a film che venivano da paesi lontani del tutto sconosciuti al pubblico. Nonostante si trattasse di film 12

13 muti, questo segnò una netta divisione tra spettacoli destinati esclusivamente a un pubblico giapponese, e spettacoli riservati ai taiwanesi, poiché il benzi usava soltanto una lingua per commentare. Fino ai primi due decenni del secolo, la maggior parte degli spettacoli di cinema erano portati in giro per l isola come un esibizione itinerante. Alla metà degli anni Venti esistevano almeno sedici compagnie specializzate che giravano l isola con diversi film, in gran parte giapponesi ma anche americani, europei e cinesi, mentre si potevano contare in tutto solo cinque teatri dedicati al cinema: tre a Taipei, uno a Tainan e uno a Kaohsiung. Di questi solo uno usava un commentatore taiwanese, e aveva quindi un programma riservato a una platea che capiva e parlava il dialetto locale, il taiyu. Si può dunque notare come, nella storia del cinema taiwanese, gli autoctoni avessero inizialmente pochissima influenza e poco spazio per esprimersi, e se potevano partecipare potevano farlo quasi esclusivamente come pubblico. Solo i benzi potevano incarnare uno dei pochi metodi per sfuggire a questa rigida imposizione: con piccoli giochi di parole o commenti spontanei si erano ricavati una nicchia di indipendenza che aveva persino spaventato le autorità giapponesi, tanto da esigere accanto a ognuno di loro una guardia di polizia e istituire un esame annuale. Il primo lungometraggio girato sull isola, dopo un documentario del 1907, che era servito a celebrare la modernizzazione della colonia per i giapponesi in patria, fu una produzione giapponese del 1922 che coinvolgeva alcuni attori del luogo. Pochi anni dopo, nel 1925, fu creata un associazione che produsse la prima pellicola taiwanese. Purtroppo il film, a bassissimo budget, fu un flop commerciale e l associazione si sciolse. All inizio degli anni Quaranta l attività cinematografica era in espansione: si potevano contare quarantanove cinema di cui sedici a Taipei e un totale di sedici lungometraggi prodotti a Taiwan, quasi tutti frutto di una collaborazione tra Giappone e Taiwan. Data la situazione era una condizione inevitabile. Il controllo del Giappone era strettissimo non solo per quanto riguarda la censura ma anche a ogni livello delle attività cinematografiche: dalla produzione alla distribuzione, senza dimenticare che, per lungo tempo, ci fu un unico teatro stabile cui potevano accedere anche taiwanesi (non riservato a un pubblico esclusivamente giapponese). Inoltre, l industria cinematografica dell isola era ancor in gran parte dipendente dai già forti studios che erano nati in Giappone e che esportavano oltre alle pellicole anche i propri tecnici specializzati. 13

14 L influenza giapponese cercava di farsi largo in ogni campo culturale. Se prendiamo, ad esempio, l architettura, tutt oggi possiamo notare nel panorama di Taipei la forte eredità giapponese nel Palazzo Presidenziale, negli edifici di stampo coloniale in Dihua jie e nelle piccole case che si ritrovano spesso anche in diversi film di Edward Yang. Senza ovviamente tralasciare il cinema, che poteva essere un fortissimo strumento di propaganda per avvicinare sempre più gli abitanti di Taiwan ai loro colonizzatori. Fu proprio per questo motivo che, invece, i film dalla Cina tardarono ad arrivare e furono sempre in numero molto limitato, al punto che durante alcuni anni critici della seconda guerra sino-giapponese, a partire dal 1937, furono persino proibiti (Ye, 1998). In conclusione, si può dire che nel momento in cui arrivarono i film dalla Cina, gli spettatori taiwanesi si erano già abituati a un cinema dai connotati propriamente giapponesi. Ciò includeva anche l impiego del benzi che durò moltissimo nel tempo in molte zone rurali di Taiwan, anche fin dopo la seconda guerra mondiale, come mostrato ad esempio nel film Duosang ( A borrowed life / Padre, Wu Nien-jen 1994). Questo film vuole rappresentare il conflitto generazionale tra chi ha vissuto sotto il dominio giapponese e i figli nati invece alla fine del secondo conflitto mondiale. Quando Dou-san, che a differenza del figlio parla anche il giapponese, porta il bambino in un vecchio cinema dove c è ancora la narrazione del benzi dal vivo, sembra proprio una delle esemplificazioni di come la vecchia generazione si senta ancora attaccata con una certa nostalgia al vecchio mondo. Nel 1945, con la fine della seconda guerra mondiale si aprì un periodo di caos durato fino al 1949, quando il Kuomintang venne sconfitto nella guerra civile ed instaurò il suo governo sull isola nominando Taipei come nuova capitale il 7 dicembre. Anche per la storia del cinema taiwanese questo fu il periodo più infausto: innanzitutto i tecnici giapponesi lasciarono l isola; a causa dell inflazione, il prezzo del biglietto degli spettacoli aumentò vertiginosamente, e, per finire, era divenuto impossibile procurarsi gli stock di pellicola da Shanghai. In questa fase non venne prodotto nessun lungometraggio, a eccezione di alcuni documentari che mostravano le bellezze panoramiche dell isola. Il vuoto lasciato dal personale giapponese fu poi riempito da chi aveva abbandonato gli studios cinematografici di Shanghai dopo la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese da parte di Mao Zedong il 1 ottobre In realtà, il Kuomintang pensava a Taiwan solo come base temporanea dalla quale avrebbe presto riconquistato la Cina, a sceglierla come nuova dimora inizialmente non furono in molti, ad esempio appena il 5% della comunità cinematografica di Shanghai si 14

15 trasferì sull isola nel 1949, un numero ridicolo rispetto a quanti invece optarono per Hong Kong (Zhang and Xiao, 1998: 49). Solo nel 1950, dopo una pausa di quattro anni, si ricominciò a produrre film grazie alla nuova nata Central Motion Picture Company o CMPC, Zhongyang dianying gongsi, una compagnia con sede a Taipei gestita direttamente dal Kuomintang. La CMPC produceva pellicole dal forte contenuto educativo-propagandistico: le storie girate venivano usate essenzialmente per veicolare politiche care al partito o mostrare la malvagità dei comunisti. Tra i messaggi principali che si volevano diffondere c erano, inoltre, la positiva trasformazione dell isola sotto il nuovo governo, e un auspicabile riconciliazione tra i nativi dell isola e i continentali giunti negli ultimi anni. Tra questi due gruppi c era un animosità che raggiunse il suo culmine con quello che in seguito venne ricordato come l incidente del 28 febbraio, quando una rivolta scoppiata a Taipei venne brutalmente soppressa dalle forze dell ordine del Kuomintang. Questo evento scatenò un buio periodo, denominato oggi Terrore bianco, in cui migliaia di taiwanesi (inclusi alcuni leader politici) vennero imprigionati, scomparvero o vennero uccisi. Per almeno quarant anni fu proibito ai taiwanesi di parlare dell incidente, spaventati dalla possibilità di essere imprigionati o addirittura giustiziati nel caso si pronunciassero contro il governo. Il primo film che parla apertamente di questi eventi è Beiqing chengshi (Città dolente, Hou Hsiao-hsien, 1989), vincitore del Leone d oro alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia nel Il Partito Nazionalista nei suoi primi anni di governo proibì le pellicole giapponesi e molte di quelle provenienti della Cina continentale, temendo che propagandassero teorie comuniste. Ad approfittare della situazione furono Hollywood e Hong Kong che si accaparrarono la fetta di mercato più grossa. Negli anni Sessanta, l isola di Taiwan si trovava già a una sorta di secondo livello nel processo di globalizzazione, dopo esser stata influenzata dal Giappone adesso erano gli Stati Uniti a condizionare la cultura popolare. In questi anni presero piede anche i film in dialetto taiwanese, in gran parte commedie ma anche film di arti marziali o pellicole in costume che con la loro trama poco impegnativa non avevano problemi a superare il grosso scoglio della censura. Il governo aveva cominciato a riconoscere le potenzialità economiche che il cinema poteva avere e quindi anche ad ammettere tacitamente che Taiwan era ben più che una base temporanea. L anno di maggiore prosperità per la produzione in lingua locale fu il 1962 quando vennero prodotti su totale 128 film, solo sette erano in mandarino, mentre gli altri erano girati in dialetto. 15

16 Gli anni Sessanta segnarono l inizio della rapida modernizzazione socioeconomica dell isola. Ad affiancarla, in ambito cinematografico, nacque un genere introdotto dalla CMPC, quindi a stretto contatto con le direttive del Partito, noto come jiankang xieshi ovvero realismo sano (Huang, 1988: 22). Il direttore della compagnia cinematografica da subito aveva descritto questo genere come qualcosa di molto differente dal realismo che si poteva ritrovare nei film europei dell epoca. Esso non doveva privilegiare le classi sociali più disagiate, non doveva avere un tono negativo, doveva mostrare la modernizzazione nelle città e raccolti abbondanti nelle campagne, non doveva istigare odio di classe o ideologie sbagliate. Zhang Yingjin, infatti, lo delinea come lontano dal neo-realismo nato nell Italia del dopoguerra e molto vicino invece al realismo socialista sovietico, aggiungendo che, ironicamente, si accostava proprio al tipo di realismo promosso nella Cina continentale negli stessi anni (2004: 116). I film di questo genere che ebbero più fortuna furono Henu (Oyster Girl / La ragazza delle ostriche, Li Jia e Li Xing, 1964) e Yangya renjia (Beautiful Duckling / Gli allevatori di anatre, Li Xing, 1965). Non solo ebbero grandi incassi a Taiwan ma furono ben accolti anche in Malesia, a Singapore e a Hong Kong. Inoltre Henu fu il primo film taiwanese a vincere il premio di miglior film all Asian Film Festival che nel 1964 si tenne a Taipei, mentre Yangya renjia vinse alcuni premi allo stesso festival che l anno seguente si tenne a Tokyo (Sun, 2007). Le grandi aspettative per il realismo sano che queste due pellicole avevano suscitato vennero però presto deluse, il pubblico cominciò ad appassionarsi ai film di azione, soprattutto quelli di cappa e spada. Nel 1967 il regista King Hu 3 lasciò lo studio dei fratelli Shaw di Hong Kong e girò a Taiwan l acclamato Long men ke zhan (Dragon Gate Inn / La locanda della porta del drago, Hu Jinquan, 1967). L enorme successo di pubblico e di botteghino portò a un vero e proprio boom del genere dei cavalieri erranti. Gli anni Settanta produssero una serie di catastrofi politiche per Taiwan: nel 1971 perse il suo seggio alle Nazioni Unite e la possibilità di partecipare ai Giochi Olimpici, in 3 Nato a Pechino nel 1931, King Hu è il maestro dei film d arti marziali per eccellenza. I suoi primi successi sono usciti sotto il marchio degli studios degli Shaw Brothers di Hong Kong. Il suo primo successo fu Da zui xia (Il cavaliere ebbro / Come drink with me, 1965) con il quale cominciò una vera e propria nuova scuola di film di cappa e spada, mescolando assieme l azione dei samurai giapponesi con una tecnica di montaggio rapida come quella vista nei film occidentali di quegli anni. Il primo film che girò a Taiwan, Dragon Gate Inn divenne subito un film di culto in tutta l Asia del Sud. I film Wohu canlong (La tigre acquattata, il drago nascosto / La tigre e il dragone, Lee Ang, 2000) e Shi mian mai fu (Agguato da dieci lati / La foresta dei pugnali volanti, Zhang Yimou, 2004) sono un omaggio alla poetica intimista e alla grande bellezza formale che King Hu ha saputo sviluppare in questo genere cinematografico. 16

17 seguito vennero recise le relazioni con la maggior parte delle nazioni inclusi il Giappone e nel 1979 gli Stati Uniti che ora riconoscevano l esistenza di un unica Cina. Questa posizione umiliante in cui era stata gettata l isola portò gli intellettuali a un periodo di intensa autoriflessione, come descritto da June Yip, in cui esaminarono da capo il concetto di nazione e il rapporto con la Cina continentale (Yip, 2004: 85). Questo portò a un rinnovato interesse per le tradizioni indigene dell isola e a una nuova presa di coscienza sociale. La popolazione dell isola era a tal punto disillusa dalla propaganda del regime che finalmente trovò il coraggio di confrontarla e ribellarsi. Dopo una serie di grandi manifestazioni la legge marziale, in vigore fin dal 1949, venne abolita. E dunque in questo clima che nascono la letteratura delle radici (xiangtu ) e la New Wave del cinema taiwanese, protese verso una lettura moderna della storia e del presente come spazio ibrido, formatosi dalle complesse relazioni con il Giappone, la Cina e l Occidente. Gli autori si pongono domande sulle loro origini e su quale direzione prendere per determinare il futuro senza dimenticare il passato. La nascita di questo nuovo cinema taiwanese viene in genere marcata con due film simbolo: Guanying de gushi (In our time / Storie del tempo che passa, Tao Decheng, Edward Yang, Ke Yizheng e Zhang Yi, 1982) e Erzi de da wan ou (The sandwich man / Un grosso pupazzo per suo figlio, Hou Hsiao-hsien, Wan Ren e Zheng Zhuangxiang, 1983). Si tratta in entrambi i casi di una produzione della CMPC che unisce diversi episodi di giovani registi, alcuni anche alla prima prova dietro la cinepresa. Nonostante i molti dubbi di far uscire quattro episodi scollegati tra di loro con registi sconosciuti e relativamente inesperti, Guanying de gushi batté ogni record d incasso e venne salutato come il primo film d arte da vent anni a questa parte (Müller, 1988). Questa nuova corrente era molto legata alla letteratura che si andava sviluppando in quegli anni. Registi e scrittori erano soprattutto accomunati da un forte interesse verso le proprie esperienze personali, come autobiografie o ricordi d infanzia, e ponevano risolutamente Taiwan e i suoi abitanti al centro delle loro storie. A questo ambito si possono ascrivere numerose opere degli anni Ottanta che ebbero grande successo in piccoli o grandi festival di tutto il mondo (Nantes, Locarno, Tokio, Rotterdam) come Tong nian wan shi (A time to live, a time to die / Gli eventi dell infanzia, Hou Hsiao-hsien, 17

18 1985), Kongbu fenzi (The terrorizers / I terroristi, Edward Yang, 1986) e Lian lian feng chen (Dust in the wind / Attaccamento alla confusione del mondo, Hou Hsiao-hsien, 1987). Prima di questi trionfi, Taiwan era spesso ignorata dai grandi festival internazionali. Il motivo principale ovviamente era politico, ad esempio molte volte l ammissione di un opera veniva garantita solo se era approvata come provenienza la dicitura Taiwan, Cina o Taiwan/Cina (Davis and Chen, 2007: 3). Grazie ai riconoscimenti raccolti in tutto il mondo, il Nuovo Cinema divenne emblema di Taiwan e il principale responsabile della sua comparsa come nazione nel panorama del cinema mondiale. Si va dunque sempre più delineando il forte legame tra questi film e le politiche che riguardano l identità nazionale; anche se, in realtà, la maggior parte di queste produzioni, escluse poche eccezioni, in patria non riuscì ad attirare il pubblico in sala. I film venivano annullati pochi giorni dopo l uscita, e si rivelarono così dei fallimenti commerciali: vennero spesso accusati dai critici di compiacere i gusti occidentali o di avere pretese artistiche incomprensibili per il pubblico. Nonostante il favorevole responso critico all estero, i film del Nuovo Cinema non erano che una minuscola parte della produzione locale e non rappresentarono mai la maggioranza dei film che si trovavano in cartellone. Anche negli anni di maggior successo non superarono mai il 10% dei film in commercio e venivano visti in media appena dal 2-3% di audience (Davis and Chen, 2007: 5). Questo genere di film finì per essere preso come caprio epiatorio per l allontanamento del grande pubblico dai prodotti nazionali. Ciò che veniva richiesto erano commedie e thriller di stampo hollywodiano che servivano per puro intrattenimento, tanto che dal 1986 i distributori cominciarono a essere riluttanti ad accettare molte delle nuove opere taiwanesi considerate troppo sperimentali. L anno successivo, frustrati da questo risultato, cinquantatré artisti pubblicarono un Manifesto che esprimeva la loro insoddisfazione verso l industria cinematografica e il governo e dichiarava la continua speranza in un cinema alternativo. In campo economico per il cinema nazionale le cose negli anni andarono peggiorando: nel 1992 i film stranieri avevano una quota del 50%, quelli di Hong Kong il 35% e quelli di Taiwan il 15%, nel 1994 la quota di Taiwan era scesa all 8%, nel 1996 lo stato abolì le quote imposte per i film stranieri e gli incassi annui per i film importati continuarono a salire (Hjort and Petrie, 2007: 158). In questi anni aumentano i cinema multisala, mentre i cinema tradizionali vanno così diminuendo, e ciò mentre il numero dei 18

19 film continua a salire. Si tratta di un problema a cui più volte ha fatto riferimento anche Tsai Ming Liang (Bordeleau, 2011), lamentando inoltre l assenza di sale d essai nella capitale, erodendo così sempre di più la conoscenza del vecchio cinema: tutto viene consumato a grande velocità e il cinema non fa eccezione. Ancora riguardo alle multisala, nel 1998 a Taipei aprì il Warner Village che era allora il complesso cinematografico più grande di tutta l Asia. Nel giro di appena un anno riuscì ad accaparrarsi un terzo del totale del box-office dell intera città (Hjort and Petrie, 2007: 159). Oggi i Warner Village sono sparsi per tutta l isola e il mercato è sempre più dominato dall impero hollywoodiano. Con l abolizione delle quote dei film importati nel 1996, sembra dunque chiudersi un lungo percorso che mostra come le istituzioni politiche e sociali abbiano spesso lavorato contro lo sviluppo dell industria cinematografica nazionale, passando anche dalla proibizione dell uso del dialetto nelle istituzioni pubbliche e nei mass media. Questo non è accaduto, invece, nella vicina Hong Kong dove il cantonese ha forgiato una forte identità locale, aiutata anche dai suoi film (Bordwell, 2000: 32). Tra gli Ottanta e Novanta Taipei crebbe a una velocità impressionante, tanto che nei film di quegli anni non è difficile scorgere gru e cantieri come elementi essenziali del paesaggio urbano. La capitale si avviava a diventare il modello della megalopoli contemporanea: affollata, moderna, dinamica, più simile a Los Angeles o a Tokio che al resto del paese. Tra gli indiscussi cantori di questa metropoli si possono annoverare Hou Hsiao-hsien ed Edward Yang. Entrambi waishengren, ovvero nati in Cina ma sbarcati a Taiwan da piccoli, crebbero in due ambienti molto diversi che si ritroveranno poi spesso come sfondo dei loro film: Hou crebbe in un villaggio nel Sud dell isola dove la lingua più parlata era il dialetto locale, il taiyu, mentre Yang visse sempre a Taipei che lasciò per gli Stati Uniti a ventisette anni quando si iscrisse a un master alla University of Florida. I film di Yang fin dagli esordi hanno sempre avuto Taipei come protagonista, velatamente o meno, mentre Hou si è dedicato al tema urbano contemporaneo più tardi, dopo i suoi famosi lavori che avevano personaggi maschili per protagonisti e il tempo e la nostalgia come temi principali. Nel 1987 girò Niluohe de nü er (Daughter of the Nile / Figlia del Nilo, Hou Hsiao-hsien, 1987) il suo primo film che ritraeva una dinamica Taipei sotto lo sguardo di una giovane ragazza. Immaginario erede di questi due padri artistici è Tsai Ming-liang, sia per la forma sia per i contenuti, che fin dal suo esordio cinematografico, 19

20 Qingshaonian Nezha (Rebels of the neon god / Il giovane Nezha, Tsai Mingliang, 1992) posizionò la sua telecamera nel cuore della città. Taipei si prestava perfettamente a servire da simbolo del Nuovo Cinema che, come già dimostrato, era una corrente piuttosto critica nei confronti del Partito Nazionalista. La capitale era l immagine non tanto dello sviluppo piuttosto della perdita di una storia comune e della memoria collettiva (Braester, 2010: 193). È interessante notare che il tema urbano rappresentato come microcosmo della società si impose nei film degli anni Ottanta a Taiwan di pari passo con il Nuovo Cinema, proprio come nel decennio successivo sarebbe successo nella Cina continentale con la Quinta generazione 4. Si può dire che la dinamica fu oltremodo simile: l attenzione si spostò da un paesaggio rurale a uno urbano, inoltre rispetto alla generazione precedente, erano contrari a un cinema sia di propaganda che commerciale, preferivano emozioni delicate quasi sussurrate innestate in scene quasi prive di azione, girate con una lentezza naturale. Il cinema di Taipei cattura lo spirito modernista che spinge a nascondere il passato sotto nuove strutture creando così dei substrati temporali. Come scritto da Ackbar Abbas, sembra che con l andare degli anni le immagini delle città dell Asia, nonostante fioriscano e diventino sempre più vivaci, ci dicano sempre meno riguardo alla loro personalità (Abbas, 2010). Taipei è il luogo perfetto per intrighi e suspense, con la sua combinazione di vicinato a stretto contatto e anonimità che incoraggia uno sguardo voyeuristico attraverso cornici che rivelano o isolano. Bombardata dai media e dalla pubblicità, tagliata fuori dalla tradizione, senza una precisa identità culturale cui aggrapparsi, Taipei sembra fluttuare senza radici, è una posizione unica e un punto straordinario da dove originare storie. 4 La cosiddetta quinta generazione comprende principalmente quei registi che si sono laureati all Accademia di Cinema di Pechino nel 1982, dopo la sua riapertura alla fine della Rivoluzione culturale. Tra questi i più famosi in campo internazionale sono Zhang Yimou, Tian Zhuangzhuang e Chen Kaige. Nonostante utilizzino stili e soggetti differenti, sono accomunati da un rifiuto per il realismo socialista che era stato fino ad allora imposto in tutti i settori culturali, cinema incluso. Le loro prime opere trattavano dei drammi quotidiani della gente comune e vennero spesso vietate dalle autorità politiche. 20

21 Edward Yang Edward Yang, nato a Shanghai nel 1947, si trasferì a Taiwan all età di due anni, lo stesso anno della vittoria dei comunisti sui nazionalisti nella Cina popolare. Trascorse la sua infanzia a Taipei e in un primo momento si appassionò al disegno e ai fumetti, ma dovette abbandonare questa sua vocazione e rinunciare anche al desiderio di iscriversi ad architettura per non deludere i genitori, che gli consigliavano di studiare ingegneria. Dopo aver studiato alla National Chiao Tung University si iscrisse ad un master di ingegneria elettronica negli Stati Uniti. Quando si diplomò nel 1974 decise di tentare la strada del cinema e cominciò a frequentare un corso alla University of Southern California. Deluso dal programma di studio, lo abbandonò dopo appena un semestre, rinunciando così, almeno per altri sette anni, al suo sogno, temendo di non avere il talento e le necessarie competenze per intraprendere una carriera nel cinema. Tra il 74 e l 81 lavorò come computer designer a Washington e in seguito a Seattle, dove si erano stabiliti i suoi genitori. Fu la fortuita visione di Aguirre, der Zorn Gottes (Aguirre furore di Dio, Werner Herzog, 1972) che gli fece cambiare rotta ancora una volta. Tornò a Taipei a trentaquattro anni deciso a fare qualcosa che gli piacesse nella vita, prima di diventare troppo vecchio (Anderson, 2005: 6). Era stato il film di Herzog a convincerlo che, dove gli studi avevano fallito, poteva rimediare con la sua passione e la sua cultura personale. Il primo lavoro in campo cinematografico lo ottenne nel 1981 come sceneggiatore, grazie al suo amico Yu Weizheng, un regista che aveva conosciuto alla University of Southern California. L anno successivo gli venne offerta la possibilità di scrivere e girare uno dei quattro episodi di In our time che, sebbene scollegati, raccontavano ognuno una diversa fase della vita, dall infanzia alla maturità, spaziando anche nel tempo, dagli anni Sessanta fino ai contemporanei anni Ottanta. L episodio realizzato da Yang ritraeva una giovane studentessa che si affaccia alla vita adulta. Già da questo segmento è possibile riconoscere alcuni degli 21

22 stilemi del regista, come la sua tendenza introspettiva all interno di una trama drammatica che si dipana con un ritmo che sembra lungamente ponderato. L enorme successo del film, probabilmente, lo si deve al fatto che gli spettatori mai prima di allora avevano potuto immedesimarsi tanto nei personaggi di storie viste sul grande schermo, dal momento che il cinema aveva sempre cercato di evitare la realtà politica e sociale dell isola. Era l inizio di un fortunato momento artistico in cui sarebbero sbocciate le collaborazioni della cosiddetta New Wave taiwanese. In questo periodo, infatti, come lo stesso Yang ricorda I was the leader of the Taiwanese new wave. All these guys would just gather in my house, talking and laughing and drinking: Hou Hsiao-hsien, Wu Nien-jen -- just about all of them. You could just push open the door which lacked even a lock since there was nothing to steal. Everyone just wanted to do similar things. We weren't allowed to, and no one was willing to give us any money to, but we shared all these idealistic thoughts. (Kraicer e Roosen-Runge, 1998: 48) Si creò dunque un atmosfera pullulante di idee che spesso si concretizzarono proprio grazie alla reciproca collaborazione: Wu scriveva per Hou, Hou recitò per Yang e viceversa, Yang scritturò Wu nel suo ultimo film. Questa incredibile relazione artistica viene così elogiata e descritta da Frederic Jameson a kind of linked cycle more satisfying for the viewer than any national cinema I know (save perhaps the French productions of the 20s and 30s). (Jameson, 1992: 120) Parlando del cinema taiwanese è difficile che non vengano citati insieme Hou e Yang, il più delle volte contrapponendoli per le loro scelte tematiche: tradizione contro modernità, ambiente rurale contro urbano, passato contro contemporaneità. Trovo questo tipo di opposizione a dir poco semplicistico e riduttivo nonché vero solo in parte, dal momento che non solo Hou in più occasioni ha espresso i suoi pensieri sulla Taipei moderna ma anche Yang ha avuto l opportunità di dedicarsi ad una sorta di film d epoca con Gulingjie shaonian sharen shijian (A brighter summer day / Il caso della giovane uccisa in via Guling, Edward Yang 1991). 22

23 Nonostante nello stile si possano di sicuro trovare somiglianze, come la propensione per una narrativa non lineare, lunghi campi sequenza e l uso statico della telecamera, è impossibile non trovare distintivo il tocco dato dall uno e dall altro in ogni pellicola per quanto riguarda le emozioni, lo sguardo e il linguaggio. Yang, cresciuto nel centro urbano di Taipei, era a contatto diretto con tutte le novità provenienti dall esterno, in quegli anni prevalentemente dagli Stati Uniti, come i fumetti, la musica rock n roll e il cinema. Come lui stesso ricorda Rock music actually had a huge impact on Taipei and the urban culture and identity of the city. It was only because anything the American army did was ok in the eyes of the authorities that rock n roll had the opportunity to enter our lives. [ ] At that time, the Roc had official diplomatic relations with most of the major Western countries in the world, and one thing that they did in order to curry favour with these nations was to release their film. So in the busy district of Ximending where all the movie theaters were, there were two theaters that played only Italian films, two theaters that played French films, another few theaters that played Japanese films. (Berry, 2005) Come molti autori del periodo, anche Yang sviluppò una relazione di amore odio con la cultura mainstream proveniente dagli Stati Uniti: per quanto gli elementi sopra citati siano tutti presenti sullo sfondo dei suoi film, in particolar modo la musica, è impossibile ignorare come lavorasse contro gli standard hollywoodiani attraverso l uso di uno spazio negativo dove non succedeva niente, e dei suoi prepotenti piani sequenza. È, infatti, facile che uno spettatore non abituato a questo tipo di cinema si senta spaesato davanti a un suo film, dal momento che i personaggi non vengono introdotti con una spiegazione, non c è mai un voice over a chiarire gli avvenimenti, l andatura è faticosamente lenta, i primi piani sono quasi inesistenti e i dialoghi ricchi di silenzi. 2.1 Qing mei zhu ma Dopo aver girato Haitian de yi tian (That day, on the beach / Quel giorno sulla spaiggia, Edward Yang, 1983), nonostante la notevole affluenza di pubblico riscossa, che fu superiore al milione nella sola Taipei (Müller, 1988), Yang ebbe difficoltà a 23

24 trovare i fondi per il suo progetto successivo Qing mei zhu ma (Taipei story / Pruno verde e cavalluccio di bambù, Edward Yang, 1985). Egli stesso stanziò una parte dei soldi mente il resto proveniva da Hou Hsiao-hsien, che per portare a termine l opera accese anche un mutuo sulla sua casa. Per Qing mei zhu ma Yang lavorò con un cast quasi esclusivamente di non professionisti, inclusi i due protagonisti interpretati dallo stesso Hou e dalla cantante Tsai Chin che divenne poi la moglie del regista. Il film comincia con i due protagonista in cerca di casa: Lon, un ex giocatore di baseball impiegato ora nel negozio di tessuti della famiglia e Chin, l assistente della direttrice di uno studio di architettura. La pellicola si apre con una scena che precede i titoli di testa, dove i due attori sono ripresi di spalle dentro un appartamento vuoto e cupo mentre guardano fuori da una finestra illuminata a giorno. Lon finge alcuni colpi di swing nel salotto, con una mazza da baseball immaginaria, mentre Chin si aggira per le camere con degli occhiali da sole nonostante il buio; lei parla di come potrebbero arredarla, ma su entrambi i volti aleggia un espressione priva di entusiasmo, tanto che viene spontaneo chiedersi se questo appartamento vuoto non sia una proiezione della situazione sentimentale della coppia. La colta citazione da cui il regista ha tratto il titolo del film, infine, lascia pochi dubbi: la poesia di Li Bai da cui son state prese le due immagini che compongono il titolo originario, narra di due giovani innamorati che, con il tempo, finiscono per allontanarsi l uno dall altro. Il terreno comune tra Lon e la sua fidanzata si erode di scena in scena, lui è aggrappato al passato, a valori tradizionali, in cui nessuno più crede nella Taipei della metà degli anni Ottanta mentre tutto sta cambiando; mentre lei è proiettata verso il futuro, verso il boom economico insieme a una nuova generazione pronta a cambiare quel mondo in cui hanno vissuto i loro genitori. Vorrebbero fuggire ai loro problemi, abbandonando Taipei ed emigrando negli Stati Uniti, ma questo sogno viene infranto dalle loro stesse insicurezze sul futuro, da un bagaglio emotivo troppo pesante di amici, parenti e vecchi amanti, e dalla considerazione finale che comunque i problemi li seguirebbero ovunque. Le differenze che porteranno i protagonisti a un progressivo distaccamento si riflettono in una città dai violenti contrasti: il negozio antiquato dove lavora Lon contro il moderno ufficio di Chin, il nuovo appartamento contro la vecchia casa dei genitori, i ristoranti alla moda contro i bar con il karaoke alla giapponese. In Qing mei zhu ma vengono spesso contrapposte due zone ben distinte della città: da una parte c è Dihua jie dove lavora Lon, una strada di un distretto a Est, ricca negli anni 24

25 Cinquanta e Sessanta quando qui si vendevano tessuti e medicinali cinesi ma adesso in decadenza, dall altra c è il quartiere a Ovest dove lavora Chin, che, con i suoi grattacieli di vetro, è il nuovo cuore pulsante dell economia. Il punto centrale del film sembra essere la difficoltà dei personaggi ad adattarsi ai cambiamenti della città, in particolare l inabilità di Lon a entrare in sintonia con una Taipei moderna e a staccarsi da valori considerati sempre più antiquati. Da diversi critici l uso della telecamera in questo film è stato comparato ad Antonioni, grazie alle sue lunghe carrellate su un paesaggio costellato da edifici moderni, e a Ozu, al quale rende omaggio con inquadrature a un livello basso, ad altezza ginocchio. Quest ultimo viene ricordato anche per via del titolo in inglese, scelto dallo stesso Yang, che rimanda a Tokyo Monogatari (Tokyo story / Storia di Tokyo, Yasujiro Ozu, 1953), con il quale ha in comune una certa preoccupazione per la debolezza morale e intellettuale che emerge alla vigilia di un boom economico. Quello di Yang è un esperimento alquanto audace: dipingere i grossi cambiamenti sociali attraverso un prisma che interseca conflitti personali e scenario urbano. Taipei e la sua architettura moderna sono viste come un elemento intrinseco dell alienazione dei suoi abitanti. È esemplificativa una battuta che Ko, un architetto e collega di Chin, pronuncia guardando i palazzi tutti uguali fuori dalla finestra del suo ufficio: Non ricordo nemmeno quali ho disegnato io. È come se non importasse che io esista o no. Yang inquadra il dramma in una composizione molto equilibrata di anonimità urbana, dove gli edifici e gli oggetti hanno assunto un tale peso da schiacciare la vita del singolo. Spesso i personaggi ci vengono mostrati incorniciati da finestre, veneziane o altre strutture architettoniche, come se fossero intrappolati in una modernità urbana o costretti in un ambiente artificiale. Qing mei zhu ma è il ritratto acuto e tormentato di vite incastrate tra i ricordi di un immaginaria età d oro del passato, incapaci di vivere completamente nel presente e senza un futuro cui guardare. Questo è espresso perfettamente nella scena finale che, riprendendo gli elementi iniziali, chiude un ideale cerchio. Troviamo Chin che con sguardo vacuo fissa fuori dalla finestra del suo nuovo ufficio completamente vuoto, inconsapevole che Lon, invece, sta morendo da solo per strada in un altra parte della città. Mentre la direttrice le parla in maniera vivace dei computer e del nuovo mobilio con cui arrederanno tutto quello spazio bianco, vediamo riflessi sul voto di Chin lo skyline di Taipei e la strada di sotto, dove scorre un fiume di macchine senza fine. 25

26 Con questo suo secondo lungometraggio Edward Yang vinse nel 1985 il premio della critica a Locarno, mentre in patria non incontrò il favore del pubblico, forse per il tono troppo distaccato con il quale presentava la storia e i personaggi. Da quanto risulta dalle interviste, sembra che i taiwanesi non avessero capito le intenzioni del film e fossero rimasti sbigottiti da come il regista aveva deciso di rappresentare una storia d amore. Yang si difese da queste accuse spiegando come gli episodi che riguardano la coppia fossero solo incidentali nell insieme della storia, il cui soggetto principale era, in realtà, la città: [ ] that s how i looked at the city at that time we were breaking away from the past and our ties to the past are inevitably romantic ones. Looking back, what Taipei story actually show is my devotion to the place how tied i feel to its past, but also how much i care about the future. [ ] My starting point was essentially conceptual. I wanted to tell a story about Taipei. There s a personal element to that: a lot of people have tried to brand me as a mainlander, a foreigner who s somehow against Taiwan. But i consider myself a Taipei guy i m not against Taiwan. I m for Taipei. I wanted to include every element of the city. The two main characters represent the past and the future of Taipei and the story is about the transition from one to the other. I tried to bring enough controversial questions onto the screen, so the viewers would ask themselves about their own lives when they d seen the film (Chen, 2001) Con questo film dimostrò una grande chiarezza sulle tematiche che gli erano più care offrendo una forte dichiarazione di intenti. Fin da questa sua seconda pellicola è, infatti, possibile trovare gli argomenti che negli anni Yang continuerà a sviluppare: la convulsa vita urbana di Taipei con ogni sua più nera sfumatura, i tradizionali valori familiari convertiti a una spasmodica adorazione del denaro, l alienazione di cittadini che fluttuano senza radici tra strade tutte uguali e palazzoni indistinguibili. 2.2 Kongbu fenzi Con Kongbu fenzi (The terrorizers / I terroristi, Edward Yang, 1986) il regista si spinge ancora più lontano dai confini del cinema così com era conosciuto fino a quel momento. 26

27 Molti degli elementi chiave di Qing mei zhu ma si ripresentano qui in una messa in scena cruda e di difficile intellegibilità: il film viene spesso definito come strutturalmente ambizioso e intellettualmente provocatorio. Il film esce a metà degli anni Ottanta, quando nella Cina continentale operava la quinta generazione che girava, in gran parte, film epici di ambientazione rurale e quando, invece, si occupava di film urbani rendeva la città una sorta di fantasia di come si aspettava fosse l occidente: i nomi delle città venivano rimossi per creare una urbanità generale, non solo per questioni di marketing ma anche per non disturbare l intrattenimento dello spettacolo con questioni politiche; neutralizzando il territorio, si impediva allo spettatore di indentificare una città che non è in un mondo libero (Jameson, 1996). I registi del Nuovo cinema taiwanese, al contrario, si riappropriano della loro terra e Kongbu fenzi è un film che privilegia sopra alla storia lo spazio urbano. Yang costruisce una trama in cui si aggirano quattro personaggi principali (un dottore, una scrittrice, un fotografo e una ragazza euroasiatica), le cui vite gradualmente si rivelano drammaticamente intrecciate. La storia, in realtà, rifugge da una semplice descrizione, non solo per l impossibilità di capire cosa sia reale e cosa sia immaginazione o sogno, ma anche per il montaggio non lineare che spiazza in continuazione lo spettatore, lasciandolo sempre in una posizione di svantaggio, e offrendogli numerose possibilità di interpretazione senza nessuna certezza. Fin dalla sequenza di apertura si nota tutta la maestria di Yang nel rompere una scena in fulminei frammenti, tanto semplici quanto efficaci: vediamo una delle protagoniste, la ragazza euroasiatica, che, mentre fugge da un raid della polizia, si rompe una gamba. La telecamera ci mostra i suoi piedi che stanno per toccare terra, c è uno stacco e l immagine si sposta sul suo volto sofferente mentre sviene e cade fuori dall inquadratura, la telecamera in un primo momento non la segue ma rimane fissa sul vuoto, infine con un ultimo stacco la vediamo distesa per strada sulle strisce pedonali. Il modo particolare in cui la telecamera si muove, ovvero senza necessariamente seguire gli eventi principali in scena, lascia intuire come più che dirigere l azione si limiti a osservare l interazione dei personaggi, in una maniera che si potrebbe quasi definire oltre che fredda anche crudele. Dopo questa sequenza, lo sguardo si apre e abbiamo una fugace visione della caotica Taipei mattutina, finché non si ferma sulla finestra di uno dei palazzi, dove troviamo un altro 27

28 personaggio, Li Li-chung, che si affaccia dopo aver sentito il rumore degli spari e dell ambulanza in arrivo. Kongbu fenzi dipinge un alienazione urbana come tanti atomi che si incrociano accidentalmente in una combinazione che spesso produce distruzione e violenza, tanto che la sola chiave di lettura sembra essere il caso. Una delle scene centrali del film, infatti, vede la ragazza euroasiatica, sempre in cerca di guai, che, costretta a casa per rimettersi dall incidente, inganna il tempo con scherzi telefonici. In uno di questi raggiunge proprio un altro dei personaggi importanti del film: la scrittrice Chou Yu-fen, moglie di Li Li-chung. Questa telefonata diventerà un fattore cruciale per l evoluzione della storia e, anche se involontariamente, metterà in moto una serie di drammatici effetti collaterali. Chou al telefono sente solo la voce di una ragazza che le dice che il marito ha una relazione con un altra donna. La scrittrice, che era prima in uno stato di blocco e non riusciva a proseguire nella stesura del suo romanzo, illuminata da questo evento, decide di abbandonare il marito, senza accertarsi che la telefonata sia vera o meno, e di scrivere il suo libro proprio a partire dalla descrizione di questo evento. Il marito, che per fare un salto di carriera tenta di falsificare dei dati e tradisce il suo miglior amico, chiude il film con due possibili soluzioni: l omicidio del suo capo che ha scoperto l inganno e dell amante da cui si è rifugiata la moglie o un suicidio in un bagno in stile giapponese. Nell ultima scena, però, vediamo Chou risvegliarsi all improvviso, come da un terribile incubo. Potrebbe esser stato tutto un sogno, o potremmo appena avere letto le ultime pagine del suo racconto o, ancora, potrebbe essere una premonizione. La distanza tra realtà e finzione narrativa si fa sempre più sottile fino a essere inseparabili l una dall altra. Nel suo famoso saggio Remapping Taipei Fredric Jameson descrive questo film come il perfetto connubio di sensibilità modernista e post-modernista all interno di una città dal carattere ibrido quale è Taipei, dove nazionalità convive in armonia con cosmopolitismo (Jameson, 1992). Kongbu fenzi è un film principalmente sullo spazio urbano e offre una sorta di antologia di spazi chiusi, come un ufficio, un appartamento o persino una stanza. Taipei si configura come una sorta di grosso contenitore al cui interno si celano scatole più piccole, dove sono confinati i personaggi, descritti come incapaci di comunicare e privi di una direzione definita, elementi tipici della condizione post-moderna. 28

29 Il regista esplica questi sentimenti di alienazione con una trovata tecnica davvero unica e originale: ci sono alcune scene accompagnate da un voice over che sembrano seguire il personaggio sulla scena, mentre in realtà corrispondono al campo visivo di qualcun altro. L esempio più calzante, è la sequenza in cui la fidanzata del fotografo tenta il suicidio mentre la voce che si sente si scopre poi essere quella della ragazza euroasiatica che sta facendo la chiamata di cui si è parlato sopra. Le vicende si allacciano sapientemente dipanandosi lungo il tessuto urbano: Taipei è luogo di perfidie, tradimenti, furti, assassinii e sguardi indiscreti alla maniera hitchcockiana, dove i cittadini sono soggiogati dall impulso distruttivo di una vita iper-moderna, dove manca anche la più semplice forma di comunità aggregativa. La città, dunque, è scritturata come un vero e proprio quinto personaggio della storia, tanto che per alcuni critici il titolo, se letto al singolare, potrebbe riferirsi proprio a Taipei, è lei che porta il terrore nei suoi abitanti. Jameson, in parte, inverte questa tendenza leggendo il titolo al plurale e identificando ogni personaggio come possibile terrorista: nessuno di loro genera una possibile simpatia o identificazione nello spettatore, anzi tendono a repellerlo; le loro azioni di ricatti e violenze che si susseguono sono dettate dalla condizione del vivere in una città globale: ognuno di loro, per sopravvivere in qualche modo, crea una situazione di terrore per qualcun altro. In Kongbu fenzi Yang, invece di esplorare il passato e la cultura delle origini come i registi del Nuovo cinema facevano in quegli anni, si focalizza sulla metropoli: Taipei non viene rappresentata né come una città che cerca di imitare l occidente, né come una sentimentale metafora della nazione, bensì fredda come una superficie di vetro che respinge ogni possibile identificazione (Jameson, 1992). Dopo aver girato Kongbu fenzi, Edward Yang si dedicò a un opera monumentale come Gulingjie shaonian sharen shijian e a due commedie: Duli shidai A confucian confusion / Età dell indipendenza, Edward Yang, 1994) e Majiang Mahjong, Edward Yang Il primo è un film strutturato come un romanzo di formazione della durata fiume di circa quattro ore ambientato a Taipei nel corso del 1960, ed è anche l unico film di Yang a confrontarsi con la storia del suo paese e a non essere ambientato nel presente. Attraverso la storia del protagonista, un ragazzo di quattordici anni di nome Xiao Si er, viene catturata e ricreata un intera generazione, la stessa in cui crebbe il regista. Il film si equilibra tra fatti di cronaca vera e ricordi personali, riuscendo a intrecciare sapientemente le faccende politiche dell epoca con gli intrighi e le passioni di quegli adolescenti che 29

30 andavano matti tanto per le storie di samurai quanto per Elvis Presley (il titolo nella versione inglese viene proprio dal verso di una sua canzone tradotto malamente da uno dei ragazzi). È interessante notare che questi ragazzi non sembrano avere nessun legame o interesse per la cultura cinese invece, e questo, ovviamente, è un elemento importante che suggerisce anche la natura sovversiva che voleva trasmettere il regista. Anche la scelta della strada 5 che viene usata nel titolo originale del film sembra aver questo connotato: la via Guling era nota negli anni Cinquanta e Sessanta per le sue bancarelle di libri vietati, che fossero porno o politicamente proibiti (He, 2007). Nei due lavori successivi Yang sembra cambiare tono virando dal dramma alla commedia, anche se si tratta pur sempre di commedia nera. Nonostante la diversità dei due gruppi protagonisti di Duli shidai, dove si seguono le vicende di yuppies ventenni, e di Majiang, dove i personaggi appartengono a una gang di ladruncoli, lo sfondo rimane sempre la Taipei moderna in perpetua evoluzione. Con entrambe queste pellicole il regista parla molto chiaramente con i suoi spettatori: il cambiamento fa paura e spesso è triste, ma è anche inevitabile. In questa città globale che ci descrive è sempre in atto un forte conflitto tra la cultura cinese con i suoi rigidi valori tradizionali e quelle assimilate dalla società nel corso degli anni. Per quanto il regista si avvalga di un impostazione meno astratta e meno statica di quella finora usata, mantiene comunque il suo impegno nell esaminare, con fare chirurgico, l esperienza di Taiwan nell era contemporanea, cercando di portare Taipei dai margini geografici a punto caldo internazionale. 5 A questo proposito mi sembra interessante fare una piccola digressione sulla storia dei nomi delle strade di Taipei. Il Kuomintang, quando assunse il potere sull isola, decise che queste dovevano riflettere la geografia della madrepatria, così ad esempio strade che si trovavano a Nord presero il nome di città (o fiumi o montagne) che in Cina si trovano a settentrione, mentre alle strade a Sud è stato dato il nome di città posizionate nel meridione del continente (Wachman, 1999: ). In pratica il centro di Taipei formava così una mappa della Cina o una sorta di terra d origine immaginaria per coloro che aspettavano con ansia il momento in cui avrebbero potuto farci ritorno. 6 La lingua hakka (o kejiayu) è uno dei più antichi dialetti parlati in Cina, è parlata nelle province del 30

31 2.3 Yi yi Paradossalmente, dopo una carriera nel cinema durata circa vent anni, solo con il suo ultimo film, Yi yi Individualmente / Yi yi: e uno e due, Edward Yang, 2000) è riuscito a ricevere la dovuta attenzione e, grazie ai numerosi premi vinti, tra cui quello al Festival di Cannes per la miglior regia, questo è stato il primo a ottenere ampia distribuzione internazionale; a oggi questo è ancora l unico titolo che si può reperire in dvd. Yi yi è apparentemente la storia di una famiglia della media borghesia di Taipei. Ma superando questa facciata che ci mostra l ordinario si può scoprire un film che tratta in maniera profonda e delicata di primi amori, religione, infedeltà, solitudine, morte, senza ricorrere ai meccanismi populistici tipici delle produzioni hollywoodiane. La recitazione è affidata per lo più ad attori amatoriali, inclusi ovviamente i due protagonisti più giovani: Kelly Lee interpreta la tredicenne Ting-Ting mentre Jonathan Chang è il fratellino minore Yang-Yang. Il padre, invece, viene portato in scena da Wu Nien-jen, uno degli sceneggiatori più famosi di Taiwan, autore di diversi lavori di Hou Hsiao-hsien e regista a sua volta di Duosang, di cui si è parlato nel capitolo precedente. La famiglia Jian sembra condurre una vita tranquilla e stabile, il film, infatti, si apre con un matrimonio, ma, dopo una serie di avvenimenti, si ritroverà sull orlo della catastrofe e a chiudere, non a caso, sarà un funerale. Nei film di Edward Yang è possibile vedere come sempre più Taipei sia catturata dal processo di globalizzazione: mentre nel suo primo film la protagonista viveva in una piccola casa in stile giapponese nel suo ultimo film i personaggi si aggirano a loro agio in posti come l Hard Rock Café, McDonald s e TGI Friday (una catena di ristoranti americana). Sembra anche che la sua critica sia mostrare come più la città diventi globale più i suoi cittadini siano assuefatti da un senso di alienazione e isolazione, più accresce l invisibile flusso di capitale, ideologie e persone straniere più la città e con lei anche la rete sociale assomiglino a un labirinto. Una delle relazioni più significative del film è quella profonda ma tratteggiata da frequenti silenzi tra il padre, NJ, e il piccolo figlio di otto anni, Yang-Yang. Entrambi in qualche modo sono degli alter ego del regista: Nj, come Yang prima di tuffarsi nel mondo del cinema, è diventato un ingegnere informatico sotto pressioni familiari ed entrambi sono amanti di musica classica e pop anni Sessanta americana, mentre con Yang-Yang, oltre a condividere il nome, ha in comune lo stesso desiderio di mostrare alle persone quello che non riescono a 31

32 vedere da sole. Mentre il regista lo fa tramite il film, il bambino, con una macchina fotografica regalatagli dal padre, scatta foto alle nuche delle persone proprio per aiutarli in questo impossibile compito. NJ sembra lo stadio finale dell evoluzione che hanno subito i protagonisti dei lungometraggi di cui si è parlato in questo capitolo: l impossibilità di evitare la frustrazione di un paesaggio urbano impersonale con una fuga è chiara fin dall inizio. Mentre i personaggi dei film precedenti sembravano soccombere davanti a questa difficoltà, in Yi Yi troviamo dei soggetti che sono in grado di affrontare gli alti e i bassi della vita in questa metropoli. Il regista riesce a mescolare, persino all interno di una sola sequenza, gioia e malinconia. Così a sua volta, il personaggio sempre presente in tutte le storie raccontate da Yang, Taipei, per la prima volta sembra un mosaico completo di angoscia e amore: il film è in egual parte una celebrazione e una critica della vita urbana. Un altra importante differenza con le pellicole precedenti è l assenza della preoccupazione per il futuro: i personaggi di Yi Yi sono troppo intenti a vivere un presente pieno, al massimo delle sue potenzialità, per potersi angustiare su quello che verrà dopo, e anche questo si riflette in una città che non è più in via di costruzione, bensì definita, anche nelle sue contraddizioni. L escamotage con il quale il regista riesce a sviscerare sentimenti che altrimenti sarebbero rimasti imbottigliati nell animo dei protagonisti, arriva da un consiglio medico: la nonna è caduta in un coma profondo e viene raccomandato a ogni membro della famiglia di passare qualche minuto con lei ogni giorno per parlarle. Anche se inizialmente sembra stravagante chiacchierare con qualcuno che non può prendere parte alla conversazione, presto diventerà una sorta di rituale, come una confessione. In questo modo veniamo a conoscenza della lotta quotidiana che affligge la famiglia Jian: la madre, Min-Min, non sopportando più la monotonia di ogni giorno, ha una crisi esistenziale e fugge per un ritiro spirituale lontano da casa, il padre, Nj, è tentato dall abbandonare la famiglia per una vecchia fiamma che non vedeva da tempo, la figlia Ting-Ting, è alle prese con la sua prima delusione amorosa e infine il fratellino, Yang-Yang, è in conflitto con il mondo intero e non capisce perché l esperienza umana e di conseguenza la conoscenza siano così limitate. Si potrebbe dunque dire che Yi Yi si focalizza su eventi quotidiani, ma nel complesso, attraverso le tre ore di durata del film, lo spettatore è partecipe di un evento straordinario: non solo il quotidiano diventa pubblico, ma lo stile cinematografico impiegato riesce a soddisfare ogni desiderio visivo dello spettatore, rendendolo in quale modo partecipe. 32

33 Anche quando i personaggi stanno attraversando un momento intimo e personale, anche quando sono dietro porte chiuse, il regista riesce a posizionare la telecamera in modo da far diventare il pubblico un osservatore privilegiato. Per creare la sensazione di essere testimoni di avvenimenti che si svolgono spontaneamente, senza che gli attori siano a conoscenza della presenza dello spettatore, il regista ha fatto ampio uso di campi lunghi e campi lunghissimi, anche per filmare momenti di intimità che in genere hanno bisogno di vicinanza; così, ad esempio, un dialogo emotivamente importante fra Nj e Sherry, la vecchia amante che è andato a trovare in Giappone approfittando di un incontro d affari, viene filmato con un campo lungo in un parco che lascia i due personaggi come due piccole silhouette circondate da un vasto paesaggio di natura. Lo spettatore ascolta le loro voci ma non gli è dato di vedere i loro visi e le loro espressioni. Inoltre viene spesso creato un proscenio tramite porte, vetri, specchi: è letteralmente come se venisse aperto uno squarcio nella vita privata dei personaggi per vedere senza essere visti. Vorrei prendere due scene esemplificative di questa scelta stilistica: la prima ci viene presentata quando Nj e il fratello della moglie chiacchierano in macchina. In genere questa è una tipica conversazione che potrebbe essere filmata con una telecamera posta davanti all auto, guardando in faccia i personaggi. Yang invece decide di posizionarsi dietro, guardando le nuche dei due, rendendo lo spettatore un terzo invisibile passeggero, seduto nel sedile posteriore. La seconda riguarda la fuga di Yang-Yang, dopo aver colpito per sbaglio con un palloncino pieno d acqua il suo insegnante, che viene ripresa da numerose camere di sicurezza della scuola. In questo modo lo spettatore assume la posizione di una guardia onnisciente e con questa scena, che di per sé è insignificante nell economia della storia, la sensazione di spiare i personaggi si fa sempre più forte. Sembra, dunque, che in una città moderna sia inevitabile che il privato diventi pubblico, succede anche agli stessi personaggi del film: uscendo sul pianerottolo di casa Ting-Ting è spettatrice di una discussione delle sue vicine, madre e figlia, che hanno lasciato la porta socchiusa, e al fratellino che da camera sua si angoscia vedendo e sentendo i litigi dei dirimpettai. La regia di Yang riesce a veicolare emozioni e concetti anche complessi in maniera sempre raffinata e originale; un altra delle tecniche inconsuete da lui usata è l impiego di superfici che riflettono, come le finestre o le vetrine per le strade. In questo modo lo spettatore riesce a cogliere molto più profondamente la storia e l ambiente in cui si svolge, è una sorta di allargamento della visuale. 33

34 A rendere questa sensazione ancora più vivida è una scena a pochi minuti dalla fine del film, quando Nj, tornato dal suo viaggio d affari in Giappone, si riposa nel suo letto, accudito dalla figlia, Ting-Ting. La scena viene ripresa dall esterno, attraverso una finestra mentre in fondo alla camera si specchia la città in una seconda finestra; i due non parlano ma lo spettatore ascolta il rumore delle macchine di cui vede lampeggiare le luci riflesse nel vetro. È come se la stanza, e per esteso l appartamento dove vive la famiglia Jian, fosse un isola nel vasto mare in cui si è trasformata la città. Questa è un altra immagine che reitera il concetto che Yang esprimeva già in Kongbu fenzi, ovvero che i cittadini vivono come rinchiusi in piccole celle che compongono un organismo più grande: la metropoli. Yang sembra seguire perfettamente il ritmo della città, tanto da punteggiare una scena di inseguimento tra innamorati da un semaforo usato come fosse un metronomo. Anche il titolo tradotto in inglese, scelto dallo stesso regista, fa riferimento alla musica: A one and a two, riprende il conteggio che fanno i musicisti prima di aprire una performance musicale. La musica, in effetti, è una parte essenziale del film e viene usata abilmente per dirci qualcosa in più sulla vita interiore dei componenti della famiglia Jian e degli altri personaggi coinvolti: Lili, la vicina di casa nonché amica e rivale in amore di Ting-Ting, è una violoncellista e la vediamo spesso con il suo strumento per strada o mentre prova in camera dandoci le spalle, Ting-Ting a sua volta suona Gershwin al pianoforte per la nonna, Nj ascolta una sonata di Beethoven eseguita in un luogo del tutto inusuale, un bar con il karaoke e infine c è persino un cameo del regista che suona al pianoforte durante un concerto di musica classica a cui assistono Ting-Ting e il suo spasimante. Una differenza che il critico Jonathan Rosenbaum puntualizza tra Yi Yi e i film precedenti di Yang è che il senso di sfasamento o disorientamento che provano i personaggi sembrava una caratteristica tipica della condizione di Taiwan, per via della sua storia e della sua personale crisi esistenziale (dove il conflitto principale è il non sapere quanto della sua identità appartiene alle culture che l hanno occupata o dominata, come il Giappone, la Cina e gli Stati Uniti), mentre nel suo ultimo lavoro sembra indicare più una condizione generale della vita urbana contemporanea (Rosenbaum, 2001). Taipei, così, non sarebbe differente da qualsiasi altra grande città del mondo raggiunta dalla globalizzazione: quella che ci presenta non è più la vita di ogni giorno così come la vive una famiglia borghese nella capitale taiwanese, ma, per estensione, qualsiasi cittadino metropolitano. Ma Yi yi non si limita a offrire delle banali osservazioni su una cultura commerciale e uniforme, cerca piuttosto di tratteggiare esperienze umane universali dal momento che si 34

35 stanno perdendo le tradizioni culturali locali. Inoltre, le connessioni che Yang tratteggia non riguardano solo culture distanti geograficamente ma sempre più simili, ma anche tra i familiari di diverse generazioni che si trovano a vivere situazioni molto simili. Ad esempio, nello stesso momento in cui Nj si trova faccia a faccia con la sua ex fidanzata, il suo primo amore, sua figlia Ting-Ting è al cinema per il suo primo appuntamento galante. La struttura del film e il modo in cui si sovrappongono gli intrecci e i personaggi, effettivamente, sembrerebbero alludere al fatto che in fondo viviamo tutti le stesse esperienze contraddistinte da dei rituali, anche se inconsapevolmente o, come ci indica Yang-Yang con le sue fotografie, conoscendo solo mezze verità, e proprio a questo servono la telecamera e il cinema, per mostrare alla gente tutto quello che ancora non è riuscita a vedere. Come viene detto da uno dei personaggi del film, data la ricchezza di esperienze che ci regalano, i film espandono il nostro mondo e ci permettono di vivere due volte di più. 35

36 Hou Hsiao-hsien Hou, come Edward Yang, è un waishengren nato nella Cina continentale nel 1947 e arrivato a Taiwan due anni dopo ma, a differenza di quest ultimo, non è cresciuto nella grande capitale, bensì in un piccolo villaggio del Sud di nome Fengshan. Come raccontato dallo stesso Hou nel documentario che il regista francese Olivier Assayas gli ha dedicato, HHH: A portrait of Hou Hsiao-hsien (Assayas, 1997), i suoi genitori morirono quando era ancora in tenera età e si ritrovò a vivere con l anziana nonna che soffriva di una forte nostalgia per la loro terra natale, il Guangdong. Una scena commovente del semi-autobiografico Tong niang wan shi (A time to live a time to die / Le cose passate dell infanzia, Hou Hsiao-hsien, 1985) vede la vecchia nonna che porta il piccolo Ah-hsiao in una lunga passeggiata chiedendo informazioni, in lingua hakka 6 per giunta, per arrivare al ponte Mei, pensando di poter raggiungere a piedi il vecchio villaggio cantonese dove abitavano prima di stabilirsi a Taiwan. Come racconta ancora nel documentario, per lungo tempo vissero a Fengshan con un grande senso di precarietà, tant è vero che in casa avevano solo mobili molto economici di bambù, quegli stessi che si vedono in Tong niang wan shi, che erano pronti a lasciarsi alle spalle non appena avessero potuto fare rientro nella Cina continentale. Rimasto orfano ad appena dodici anni, Hou ebbe un adolescenza molto più libera di quanto era la norma all epoca, unendosi a varie scorribande di ladruncoli benshengren, ovvero di nativi dell isola, e imparando il dialetto locale, il taiyu; tutte cose che ebbero su di lui una profonda influenza e che torneranno come temi ricorrenti nei suoi film (Udden, 2009). Fu durante il periodo del servizio militare che si interessò al cinema, affascinato inizialmente soprattutto dal cinema hollywoodiano, mentre si avvicinerà al cinema d autore europeo e 6 La lingua hakka (o kejiayu) è uno dei più antichi dialetti parlati in Cina, è parlata nelle province del Guangdong e del Fujian 36

37 asiatico solo molto più tardi, quando avrà già sperimentato le esperienze di sceneggiatore, regista e produttore (Chiesi, 2002: 203). Nel 1972 si diploma all Accademia Nazionale delle Arti di Taipei e inizialmente tenta diversi lavori occasionali, tra cui venditore di calcolatrici e cantante, ma già due anni dopo, grazie alla spinta di un suo professore, entra alla CMPC come segretario di edizione. In quegli anni era in atto un lento declino per l industria taiwanese, soprattutto quella cinematografica e la CMPC era rimasta in pratica l unica casa di produzione attiva, mettendo in scena quasi esclusivamente prodotti commerciali a basso costo, mentre il resto dei film in sala proveniva da Hong Kong, che stava vivendo un prospero momento, soprattutto grazie ai film d azione con budget piuttosto alti retti dalla figura carismatica di Bruce Lee. Nel 1980, dopo essersi specializzato in diverse mansioni all interno dell industria cinematografica, approdò alla regia con una commedia sentimentale e musicale che registrò un notevole successo di pubblico. Anche il suo secondo film è una commedia dello stesse genere che, come ammette Hou, ricopiava le love story dei film americani che fino a quel momento erano gli unici che conosceva e amava (Egger, 1988). La critica spesso trascura questo primo periodo ( ) nella carriera di Hou, tuttavia si è trattato di un esperienza importante per la formazione di alcuni dei suoi tratti stilistici più personali: poiché in queste produzioni commerciali usava attori poco esperti, tenere la camera lontana e usare campi lunghi era un trucco per non mettere a disagio gli interpreti che avevano poca dimestichezza davanti alla cinepresa e lasciargli il tempo di entrare nel personaggio (Chen, 2006). Nel 1981 Hou si recò a Hong Kong per assistere a un festival cinematografico e venne a contatto con gli autori che formavano la cosiddetta New Wave hongkonghese, tra cui Ann Hui, Tsui Hark e Allen Fong. Rimase colpito in maniera significativa dalla loro stretta relazione lavorativa. Un altro avvenimento che lo segnò fu la visione, per la prima volta, di film contemporanei di registi della Cina continentale. Come riporta l intervista del documentario di Assayas, vedendoli capì che il suo universo mentale si era formato sotto l influenza di quella stessa lontana Cina. L anno seguente ci fu un rinnovamento ai vertici della CMPC che decise coraggiosamente di produrre il film collettivo a episodi Guangyin de gushi, di cui si è parlato nel primo capitolo, dando così inizio al Nuovo cinema taiwanese. In quello stesso anno Hou conobbe la scrittrice Chu Tien-wen, un incontro che si rivelò importantissimo per la sua carriera cinematografica, dal momento che Chu ha lavorato fino a oggi alla stesura di quasi tutti i 37

38 suoi film, aiutandolo anche, aggiungendo un tocco femminile alla scrittura, a bilanciare la focalizzazione del regista su personaggi maschili (Chen, 2006). A sua volta lei lo introdusse nella cerchia degli intellettuali di Taipei, tra cui Wu Nien-jen, Edward Yang e la critica, poi produttrice, Peggy Chiao che sarà il nume tutelare di questa nuova corrente artistica (Yeh e Davis, 2005: 56). All interno di questo gruppo di giovani entusiasti ma inesperti Hou era un anomalia, non aveva mai sentito parlare di Truffaut e Godard, la sua conoscenza di film stranieri si limitava ai classici americani e ad alcune produzioni giapponesi, però, al contrario della maggioranza degli altri autori del Nuovo cinema che non avevano ancora girato niente, lui era già alla sua terza pellicola di successo (Yeh e Davis, 2005: 58). Fu Yang a introdurlo al cinema d arte, con la visione di alcuni dei film che cambiarono significativamente la sua strada, tra cui Edipo re (Pier Paolo Pasolini, 1967), À bout de souffle (Fino all ultimo respiro, Jean Luc Godard, 1960) e Amarcord (Federico Fellini, 1973). Affascinato dalle idee di questo nuovo movimento, nel 1983 girò il suo primo film indipendente: Fenggui lai de ren Boys from Fengkuei / Quelli di Fengkuei, Hou Hsiao-hsien, 1983), dove per la prima volta traeva ispirazione da esperienze personali come base della storia. Un giovane critico dei Cahiers du cinéma, lo stesso Olivier Assayas menzionato precedentemente, vide la pellicola e lo elettrizzò al punto di raccomandarla al Festival des trois Continents di Nantes dove nel 1984 vinse il premio per il miglior film. Questo fu il primo riconoscimento internazionale per Hou (Chiesi, 2002: 208). Anche i tre film successivi si basano su racconti biografici di infanzia: Dongdong de jiaqi A summer at grampa s / Le vacanze di Dongdong, Hou Hsiao-hsien, 1984), ispirato all esperienza di Chu, Tong niang wan shi tratto dai ricordi del regista stesso e Lianlian fengchen (Dust in the wind / Polvere nel tempo, Hou Hsiao-hsien,1986) che prende spunto dal passato di Wu Nien-jen. Questi film sono effettivamente molto vicini tra loro, descrivono tutti la stessa cosa: il passaggio dall infanzia all età adulta e alla maturità. 3.1 Lian lian feng chen Lian lian feng chen si discosta dai film precedenti per un elemento molto importante: in questo caso non si parla più di famiglie venute dal continente e desiderose di farvi ritorno, 38

39 come nelle altre due pellicole tratte da racconti biografici, bensì di una famiglia tipicamente taiwanese, sull isola da diverse generazioni, che affronta problemi di genere diverso, principalmente di carattere economico (Eggers, 1998). Anche in questo film Hou propone una contrapposizione che compare spesso nelle sue opere, quella tra campagna e città: la storia narra di una giovane coppia, Ah-yuan e Ah-yun, che subito dopo aver completato gli studi si trasferisce a Taipei per poter guadagnare un po di soldi da mandare a casa, un piccolo villaggio di nome Shih-fan sperduto nella campagna del Nord-Est dell isola. Il verdissimo scenario che vediamo a Shih-fan, la natura selvaggia che circonda la casa del protagonista e il paesaggio tutto attorno, si alterna, durante il film, con la claustrofobia degli interni di Taipei, come nella sequenza iniziale dove il buio del tunnel che attraversa le colline si rincorre con la luce che scopre la lussureggiante vegetazione fuori dal treno che riporta a casa i due ragazzi dopo le lezioni a scuola. Ah-yuan nelle scene che seguono, dove lo vediamo crescere in un ellissi di immagini che ripropongono alcuni eventi della sua vita da bambino ad adolescente, sembra desideroso di fuggire dalla depressione del padre, dall autoritarismo delle madre, dalla povertà del paese e soprattutto ansioso di sottrarsi alle pressioni familiari sugli studi ai quali ben presto rinuncia. Ma Taipei non lo accoglierà come quel luogo di desiderata libertà che si aspettava. Il protagonista si trova costretto a fronteggiare una serie di problemi: il lavoro faticoso, prima come fattorino poi in una tipografia dove viene spesso ripreso dalla proprietaria, le difficoltà economiche, le incomprensione con la sua ragazza che l ha prontamente raggiunto nella capitale, e, più di ogni altra cosa, un malessere interiore, una terribile angoscia che non è riuscito a lasciarsi alle spalle e che sembra divorarlo. Il regista con questo film non vuole romantizzare gli anni Sessanta, gli stessi della propria adolescenza, anzi si mostra preoccupato per la sua generazione che è cresciuta in un momento in cui anche Taiwan era in divenendo e non aveva una sua stabilità. Come in diversi altri film di Hou, la trama non è in realtà l elemento portante, il ruolo che ha è quello di creare un universo dove lo spettatore abbia ampio spazio per meditare. Riesce a creare un mosaico di un era passata, dove il rafforzarsi dell industria aveva portato a un declino dell agricoltura e quindi a una concentrazione della popolazione nei centri urbani; così, con la disgregazione dei villaggi, i giovani erano costretti a lasciare la campagna, data la restrizione di opportunità, e a trasferirsi nelle metropoli, dove si trovavano ad affrontare un ambiente sconosciuto, cercando di adattarsi a una nuova realtà. 39

40 Sembra dunque evidente che, in questa storia di iniziazione alla vita adulta, la crescita del protagonista procede di pari passo con le radicali trasformazioni strutturali della società taiwanese (Reynaud, 1995). A Taipei Ah-yun e Ah-yuan si scontreranno con un mondo molto più freddo e crudele rispetto a quello semplice del villaggio che avevano conosciuto fino a quel momento: Hou mette in scena episodi così vividi di quotidianità come non si erano mai visti nel cinema taiwanese degli anni Sessanta e Settanta. Il primo riguarda il tabù della fame: in Dust in the wind sono numerose le scene dove Ah-yuan si ritrova a mangiare in soffitte di case fatiscenti o in bettole per strada insieme ad altri suoi amici spiantati. Il secondo si presenta come un episodio molto vicino al neorealismo italiano di De Sica: al protagonista viene rubata la bici mentre si trovava ai grandi magazzini con la sua ragazza per comprare delle scarpe da mandare alla sua famiglia. Ah-yuan è così furioso non appena lo scopre che vorrebbe ricorrere anche lui al furto, tentando subito di rubarne una a sua volta, ma viene bloccato da Ah-yun che terrorizzata glielo impedisce portandolo via. Hou non sembra voler dare nessun giudizio di valore in merito ma la contrapposizione tra il senso di soffocamento dato da strade senza via di uscita e le costruzioni stratificate che affollano la città, contrapposte al villaggio placido e risplendente di una luce quasi abbagliante, si qualificano chiaramente come spazi psicologici totalmente separati. Lo sconforto e l isolamento che si abbatte sulla giovane coppia nella grande città viene rappresentato magistralmente con una scena in cui Ah-yuan va a trovare Ah-yun nella cantina dove lavora come sarta e le parla dalla finestra, attraverso delle sbarre di ferro, mettendo anche in evidenza un organizzazione degli spazi disarmonica e mal equilibrata che fa sempre sembrare le persone minuscole rispetto ai grandi palazzi che li circondano. L inevitabile trascorrere del tempo viene segnalato con ricorrenti immagini di orologi e dallo sferragliare di treni in corsa (un elemento particolarmente amato da Hou che simboleggia anche un omaggio a Ozu). Ah-yuan, sopraffatto dalla città e dall impossibilità di trovare un posto al suo interno, torna per una breve visita a casa, dove viene accolto da una lettera che lo chiama al servizio militare obbligatorio di due anni. Al suo ritorno dalla leva, dopo aver scoperto che in sua assenza Ah-yun ha sposato un altro uomo, Ah-yuan non le mostra rancore, i suoi sentimenti rimangono repressi nel silenzio; una volta congedato, tornato a casa senza futuro né speranza, si siede vicino all orto accanto al nonno che gli racconta dei problemi del raccolto come se non fosse arrivato dopo due anni di assenza, ma da appena poche ore. 40

41 La telecamera fa un giro di centottanta gradi e il film si chiude, così, escludendo i personaggi dalla ripresa e con il panorama mostrato finalmente nella sua interezza: le colline coperte dal passaggio delle nubi e il mare in lontananza, come se il paesaggio potesse, meglio di qualsiasi altra inquadratura, esprimere i sentimenti del protagonista. La vita in città, dove Ah-yuan e i suoi amici vengono sfruttati crudelmente, non si è rivelata migliore della vita che avrebbe condotto nel suo villaggio, dove l unica opzione era la miniera in cui aveva lavorato il padre, che proprio lì, dopo un incidente, era rimasto paralizzato. I due protagonisti si rivelano incapaci di imprimere una direzione alla loro vita, come indica il titolo, sono come pulviscolo trascinato dal vento in modo sostanzialmente apatico e passivo. Al festival di Nantes Lian lian feng chen quell anno partecipò sotto l etichetta Taiwan (una vera e propria novità, dal momento che fino all anno prima Tong nian wan shi era stato costretto a partecipare sotto la dicitura Taiwan/Cina e dunque un nuovo passo avanti per riconoscere la differenza artistica dei prodotti dell isola) e vinse tre premi: per la regia, per la musica e per la fotografia, a opera di Mark Lee Ping-bin, che lasciò un segno distintivo nel lavoro di Hou, e con il quale continuò a lavorare anche in seguito (Niogret, 1988). 3.2 Niluohe nü er Il 1987 è un anno particolare per Taiwan, per il suo cinema e anche per lo stesso Hou. È l anno in cui viene abrogata la legge marziale, e in cui gli autori del Nuovo cinema pubblicano un manifesto che criticava la politica del governo riguardo la cultura e chiedeva più spazio per il cinema d autore, che non si identificava con quello commerciale per il puro intrattenimento. Le loro richieste infiammarono gli attriti già presenti con il governo, innescando un ondata di ostilità verso i nuovi registi anche da parte della stampa, e, ironicamente, finì per rappresentare l inizio della fine del movimento collettivo (Berry and Lu, 2005: 6). Hou fu costretto a interrompere i suoi rapporti con la CMPC, ma nel giro di due anni riuscì a fondare la sua compagnia, la 3-H films, che è tutt oggi molto attiva, anche in progetti non diretti dallo stesso Hou. 41

42 Niluohe nü er si caratterizza già così come un film di rottura, inoltre il tema e l ambientazione scelti dal regista sono un altra esperienza nuova per lui. Gli elementi anomali che si discostano dalla produzione di Hou fino a quel momento sono tre: la protagonista femminile, il tempo in cui si svolge il film, pienamente radicato nel presente, e lo spazio dell azione che si sviluppa interamente dentro l universo metropolitano di Taipei. Nonostante sia tra i film più accessibili del regista, con una trama convenzionale che scorre piacevolmente con un ritmo lineare, a Taiwan non ricevette il successo di pubblico sperato. Hou voleva descrivere la spensieratezza, i dolori, le problematicità e la mancanza di ideali della gioventù urbana, ma l opera si rivela poco naturale, troppo letteraria e distaccata, non mostrando nemmeno qualche accenno dei grandi cambiamenti storici che erano in atto in quel periodo. Niluohe nü er è rimasto, in realtà, anche il film meno conosciuto e meno amato di Hou, e l unico ad aver ricevuto un accoglienza tiepida da parte della critica internazionale. Quando qualche anno dopo l autore troverà un distributore francese per i suoi film questa pellicola sarà l unica a non essere proiettata nelle sale (Emiliani, 2002: 104). Il film sembra, in effetti, più una sorta di esercizio per scene e temi che approfondirà in seguito, come il brutale omicidio filmato con un unico piano sequenza davanti a una telecamera fredda e immobile, ripreso poi similmente nel successivo Beiqing chengshi (Città dolente, Hou Hsiao-hsien, 1989), o la sequenza nella discoteca che sembra anticipare quella di Qianxi Manbo (Millenium mambo, Hou Hsiao-hsien, 2001); non si tratta, dunque, in realtà, solo di un film di cesura, ma anche di continuità. Hsiao-yang, la protagonista, interpretata dalla celebre cantante pop Yang Lin, vive in una casa che fin dall inizio del film si trova già in frantumi: la madre e il fratello maggiore sono morti, il padre lavora come poliziotto in un altra città, il nonno passa di quando in quando più che altro per chiedere prestiti per poter giocare d azzardo, e rimangono, così, a vivere sotto lo stesso tetto con lei, solo il fratello minore impantanato in diverse attività criminali e la sorellina più piccola, Xiaowai, che frequenta ancora la scuola elementare. La pellicola inizia con la voce di Hsiao-yang che racconta la trama di un fumetto giapponese, quello che dà il nome al film stesso, in cui una ragazza americana è stata mandata indietro nel tempo per una maledizione, e si ritrova nell antico Egitto dove finisce per innamorarsi di un faraone. 42

43 Hsiao-yang ama a tal punto questa storia fantastica da immedesimarsi con la sua protagonista, usandola come una sorta di rifugio dal violento mondo che la circonda e dallo smarrimento metropolitano di cui è affetta. Nella sua immaginazione, identifica il faraone del manga con un amico del fratello, un gangster come lui di nome Ah-sang, mentre il locale dove si ritrovano viene trasfigurato nell antico Egitto in un cortocircuito tra finzione e realtà che tradisce sempre la pulsione frustrata di evadere da quest ultima, per ritrovarsi in una fantasia più rassicurante, conducendo così una doppia vita. Hsiao-yang tenta di mantenere un comportamento ordinario: frequenta dei corsi serali all università (dove ritroviamo ancora una volta Wu Nien-jen, che qui interpreta un professore che viene licenziato per aver tenuto delle lezioni giudicate inappropriate perché pregne di una propaganda troppo liberale), lavora come cameriera in un fast-food, un KFC per essere precisi, ed è l unica che prova a ricucire i rapporti familiari, ma l incapacità di comunicare rimane un elemento nodale. I dialoghi, infatti, sono scarni e spesso i personaggi si trovano in una situazione in cui è uno solo a rivolgersi all altro senza ricevere risposte, come tra Hsiao-yang e la sorella minore, che più che interagire sembrano fare dei piccoli monologhi. Ci sono due spazi essenziali all interno del film: la casa, dove le azioni sembrano ripetersi senza fine tutte uguali (Xiaowai che si siede al tavolo in cucina per fare i compiti, il nonno che entra ed esce) e la città, che pulsa di luci al neon in continuo fermento. Lo spazio dell abitazione si delinea come una zona di confine tra la normalità che tenta di vivere Hsiao-yang e la marginalità del mondo in cui vive suo fratello Hsiao-fang, che quand era piccolo il padre aveva tentato, con scarsi risultati, di legare al letto per evitare che uscisse a rubare. Le sue attività malavitose si chiudono con una carneficina di cui il regista non mostrerà nemmeno una goccia di sangue, ma che lascerà immaginare ai suoi spettatori. Il suo amico Ah-sang, infatti, verrà ucciso mentre scappa fuori da una cabina telefonica, mentre la macchina da presa riprende solo lo spazio vuoto di fuga riempito dal rumore dei proiettili, riguardo alla morte del fratello di Hsiao-yang, invece, si leggerà solo sul giornale il giorno seguente. Anche l ultima inquadratura del film gioca con il tema della vacuità: Hsiaoyang esce dall inquadratura, la telecamera si sofferma a contemplare lo spazio vuoto della casa mentre la porta si apre con un leggero sbuffo di vento. Così lo stesso Hou descrive il suo film: La mia intenzione era di suggerire l idea, il sentimento di una città che sta bruciando, che si sta consumando. Nello stesso tempo molto fredda, glaciale, artificiale se ci si 43

44 limita ai suoi luoghi (night-club, fast food) ma corrosa dall interno da un fuoco che la divora. Non esiste nulla di più bruciante del ghiaccio (Chiesi, 2002: 213). Niluohe nü er colpisce per la modernità dello stile, che lo fece sicuramente apparire come un opera più avanti del suo tempo, un altro elemento che a mio avviso condividerà con Qianxi manbo, insieme alla descrizione della solitudine metropolitana esaltata da luci al neon nelle strade e dai fasci di luce blu delle discoteche. Hou si dimostra, fin da questa sua prima pellicola ambientata interamente nella metropoli contemporanea, un maestro nel catturare lo spirito del suo tempo. Taipei viene descritta come una città prevalentemente notturna, frenetica e violenta, dove è facile per i giovani rimanere soggiogati dalla solitudine e dalla violenza che la popolano, ma allo stesso tempo è anche animata da una bellezza che sembra sempre sul punto di esplodere. Dopo l insuccesso di Niluohe nü er, Hou si dedicò interamente a un progetto molto ambizioso, sia sul piano economico sia per quanto riguarda il tema trattato: il risultato fu l opera che consacrò il regista, Beiqing chengshi. Questo film gli valse il Leone d oro al festival di Venezia nel 1989 e gli garantì un enorme successo di pubblico in patria. Come ammette Hou nel documentario di Assayas, fu solo grazie a questa pellicola che poté finalmente ripagare tutti i debiti contratti per i film precedenti e, grazie alla vittoria in un contesto internazionale, da quel momento smise di avere problemi a trovare i finanziamenti per i suoi progetti. Gli anni seguenti lavorò più sporadicamente, girando solo alcuni spot commerciali e dedicandosi anche all attività di produttore. Nel 1991 fu produttore esecutivo di Da hongdenglong gaogao gua (Appendete in alto la grande lanterna rossa / Lanterne rosse, Zhang Yimou, 1991) che riscosse notevole successo di critica e di pubblico in tutto il mondo. I due film successivi diretti da Hou andranno a formare, insieme a Beiqing chengshi, la cosiddetta trilogia su Taiwan. Si tratta di Xi meng ren sheng (Lo spettacolo di sogno della vita / Il maestro burattinaio, Hou Hsiao-hsien, 1993) e Hao nan, hao nü (Good men, good women / Buoni uomini, buone donne, Hou Hsiao-hsien, 1995). 44

45 3.3 Hao nan, hao nü In questo film si intrecciano tre diversi piani temporali e narrativi: il presente dell attrice Liang Ching, il suo passato prossimo visto attraverso la tormentata relazione con Ah Wei, narrata attraverso le pagine che le arrivano via fax da un uomo misterioso che le ha rubato il diario, e il passato remoto del Terrore bianco, tramite le vicende di Chinag Bi-yu, un personaggio storico realmente esistito che viene impersonato dalla stessa Liang Ching in un film in lavorazione. Dopo due film calati nel passato, Beiqing chengshi è ambientato tra gli anni che vanno dal 1945 al 1949, Xi meng ren sheng si svolge nell arco di circa quattro decenni dal 1909 al 1945 ricoprendo praticamente l intero periodo del dominio nipponico, Hou tratta ancora della storia del suo paese, questa volta però vedendola con una doppia valenza attraverso le mutazioni del presente. Liang Ching, infatti, è un attrice che sta girando un film sulla vita della patriota taiwanese Chiang Bi-yu, la cui triste storia la vede, insieme al suo compagno Chung Hao-tung, partire alla volta della Cina per combattere contro l esercito giapponese e al suo ritorno essere perseguitata dal regime nazionalista. La pellicola procede, così, in maniera complessa ma non inaccessibile, mescolando il presente di Liang Ching con due diverse memorie: quella della protagonista stessa, che rivive gli anni Novanta di Taipei attraverso le pagine del suo diario che gli arrivano da uno sconosciuto, e quella di Chiang Biyu con i suoi drammatici avvenimenti accaduti realmente dalla fine degli anni Trenta all inizio dei Cinquanta. La messa in scena di queste epoche diverse è volutamente contrapposta: il bianco e nero e le inquadrature fisse da una parte per il passato, il colore e i movimenti di macchina dall altro per i due periodi più recenti. Queste tre storie sembrano lontane tra di loro, non sembrano legate in nessuna maniera, o quanto meno non in modo esplicito. Ognuno di questi tre frammenti di vita procedono autonomamente seguendo una propria cronologia (Masson et Ciment, 1996). I tre tempi sono separati anche dagli spazi distinti, non comunicanti tra di loro, dove si svolge l azione: il piccolo appartamento in cui Liang Ching vive nel presente ovvero un bilocale asettico, la casa colorata dove viveva con Ah Wei prima, e i diversi luoghi dove vediamo muoversi Chiang Bi-yu in terra cinese e taiwanese, vale a dire paesaggi di campagna in apertura e chiusura della pellicola, l infermeria dove assiste i feriti di guerra, la cella della prigione dove viene rinchiusa e l abitazione dove viveva con il padre. 45

46 Lentamente, mentre Liang Ching si prepara per questo ruolo che deve interpretare, tornano a galla suoi ricordi personali e si fa sempre più chiaro il collegamento tra i due personaggi fino a quando ci sarà una catarsi in cui l attrice dichiarerà di essere sul punto di diventare Chiang Bi-yu. In questo processo di identificazione scopriamo cosa accomuna questi due personaggi solo apparentemente appartenenti a due mondi estranei e quindi incompatibili. Liang nei suoi ricordi rivive la vita distruttiva che conduceva quando stava con Ah Wei e la sua morte brutale avvenuta in una discoteca per mano di alcuni gangster. Questo la porta a empatizzare con il personaggio che interpreta il cui compagno venne giustiziato dai nazionalisti, anche se lo spettatore per avere questo dettaglio chiarificatore dovrà attendere fino all ultima scena del film, perché verrà rivelato solo allora tramite dei poster dell epoca. Certo i valori che muovevano questi due uomini sono diversi ma la contraddizione tra il presente e il passato non è mai esposta banalmente e Hou non sembra mai esprimere dei giudizi personali a proposito, ma solo osservare con imparzialità. L intreccio procede in modo speculare: Chiang e Liang vivono entrambe in un mondo, per quanto radicalmente diverso, ostile e feroce di cui i loro amanti sono le vittime. Entrambe rappresentano una figura di resistenza, la prima al regime nazionalista e la seconda al degrado umano e sociale. La città in questo film rimane presente sempre sullo sfondo: la si vede dall appartamento di Liang durante gli spezzoni ambientati nel suo presente, è una presenza inquietante che aleggia fuori dalla sua casa quasi vuota, uno spazio privo di identità che da solo esprime tutta la tragedia della solitudine della protagonista. L appartamento attuale è in evidente contrasto con quello che condivideva prima con Ah Wei. Il primo è quasi completamente bianco e regna una fredda uniformità spezzata da un manifesto del film Blue Velvet (Velluto blu, Lynch, 1986) di cui si intravedono solo gli occhi sbarrati di Isabella Rossellini, il secondo, invece, è caratterizzato da un abbondanza di oggetti variopinti e disparati, incluse le decorazioni che si divertono a mettere insieme, e viene contraddistinto da un perenne caos. Tra i luoghi che ci parlano di Taipei è da notare anche la palestra dove Liang gioca a badminton insieme alla sorelle e ad altre due figure femminili che rimangono sconosciute. Come riportato da un intervista Hou decise di integrare nel film questa scena perché rimase colpito dall aspetto postmoderno di questi edifici sportivi che li faceva assomigliare all interno di un astronave o a un rifugio sotterraneo, e gli sembrò immediatamente il luogo 46

47 adatto per esprimere la tensione nella quale vive la sua protagonista (Masson et Ciment, 1996). Compaiono, inoltre, uno scalcinato locale notturno dove si incontrano ladruncoli dello stesso stampo di Ah Wei che, illuminati da luci al neon blu, appaiono quasi come fantasmi, in questa sorta di non-luogo all interno della città, che ci fa pensare solo allo squallore delle vite di chi viene qui a fare loschi affari, e una discoteca che sarà il luogo dove si consumerà l efferato omicidio dell amante di Liang. Vediamo così la protagonista sempre sola, nel suo appartamento, o in questi locali circondata da una folla anonima, che non fa che accentuare la sua solitudine. Il paesaggio urbano in Hao nan, hao nü più che una tela di fondo sembra più un acquario che si espande fuori dalla finestra dell appartamento della protagonista, dando la sensazione che venga costantemente respinto nel fuori campo. Liang appare sradicata persino dal suo presente, come se non riuscisse ad aggrapparsi a nessun riferimento: le sequenze che ne seguono i movimenti o la staticità, all interno del suo appartamento o nei locali notturni, tradiscono uno spaesamento che non trova nessuna soluzione. Trovo che questo elemento sia perfettamente coniugato con la sua dimensione urbana che è presente ma rimane sempre fuori fuoco. Il bianco e nero delle scene ambientate nel passato a un certo punto finisce per fondersi con il colore delle scene ambientate nel presente, indicando così una ciclicità della storia: quello che ha formato e plasmato la città oggi sono i drammi del passato, le vicende intrise di sangue che sono successe non sono scomparse del tutto, rimangono ancora aleggiando sul presente dei suoi cittadini. All interno della trilogia su Taiwan, Hao nan, hao nü è sicuramente l opera più criptica e complessa, con la sua intelaiatura composta da intrecci di avvenimenti storici realmente accaduti e di narrativa la cui spiegazione arriva solo alla fine, lasciando lo spettatore con un puzzle da ricostruire. Nel suo lavoro successivo Hou continua ad allontanarsi dall'investigazione della storia di Taiwan muovendosi sempre più verso un esplorazione del presente; riprende, infatti, quel mondo popolato da malviventi che abbiamo visto tessere loschi traffici nei locali notturni in Good men, good women, e lo espande in nuovo film: Nanguo zaijian, nanguo (Goodbye South, goodbye / Addio Sud, addio, Hou Hsiao-hsien, 1996). Si ritiene che il titolo sia da intendersi come Addio Taiwan, addio dal momento che per cinesi e giapponesi Taiwan è il Sud, e tale interpretazione trova una sua legittimità dal momento che il protagonista vorrebbe lasciare l isola per stabilirsi a Shanghai. Ma è possibile anche una seconda lettura più letterale, poiché nel film sono palesemente 47

48 contrapposti due mondi: un Sud rurale, dove vivono gli anziani genitori dove lo stato confisca terreni agricoli e dove tutto sembra muoversi con una calma quasi snervante e un Nord urbano, dove si può ricondurre Taipei, in cui la gente vive tra strade trafficate, ristoranti e locali notturni, e dove sembrano annidarsi grandi opportunità che però non si realizzanno mai (Dell ambrogio, 2002). Nel 1998 Hou avrebbe voluto girare un film, con Takeshi Kitano come interprete, dal titolo Taipei Blues, con il quale avrebbe ribaltato il suo stile più tipico: visto che spesso nelle sue pellicole si vede quello che succede prima o dopo l azione, ma molto raramente l azione stessa, con Kitano era pronto a filmare quella parte che spesso nei suoi film elude. Purtroppo il progetto non prese vita (Burdeau, 1998). Quell anno realizzò, invece, un film tratto da un romanzo intitolato Hai shang hua lie zhuang Storie dei fiori di Shanghai) scritto nel dialetto di Suzhou da Han Bangqing, autore del tardo periodo Qing, che la sua collaboratrice e sceneggiatrice Chu Tienwen gli aveva consigliato di leggere nella traduzione in mandarino a cura di Zhang Ailing 7. Ispirato da quest opera, Hou gira Hai shang hua (Flowers of Shanghai, Hou Hsiao-hsien, 1998) che descrive la vita quotidiana di una casa di piacere di alta classe nella Shanghai dell Ottocento. Il risultato è un esempio unico nella filmografia dell autore: tutte le scene del film sono realizzate in interni, con la luce naturale o con quella emessa da lampade a olio e candele, in una ricerca di fedeltà al passato che ricorda quella di Kubrick in Barry Lyndon. Questo film gli valse anche la candidatura alla palma d oro al festival di Cannes. Nell estate del 1999 Hou trascorse molto tempo nelle discoteche di Taipei per raccogliere le testimonianze di un gruppo di giovani, e, in base a queste, cominciò a pensare a diverse storie che avrebbe voluto girare sotto forma di documentari. Si rese però presto conto che le vite di questi ragazzi con cui aveva stretto dei forti legami e che voleva fedelmente riprendere con la sua telecamera, scorrevano così in fretta da non riuscire a tenersi al loro stesso passo. Quello che era una novità un giorno finiva per essere dimenticato quello dopo e 7 Zhang Ailing è una figura leggendaria della letteratura cinese del Novecento, nata a Shanghai nel 1920, si trasferì a Hong Kong per frequentare l università durante la guerra sino-giapponese e in seguito emigrò negli Stati Uniti in una sorta di esilio volontario dalla Cina comunista. Divenne famosa fin da giovanissima, ma le sue opere hanno conosciuto un secondo periodo di enorme popolarità negli anni Ottanta, soprattutto a Hong Kong e Taiwan. Zhang è celebre soprattutto per i suoi romanzi e per i racconti brevi, ma ha scritto anche diverse sceneggiature e molti dei suoi scritti sono stati trasposti sul grande schermo, tra questi i più famosi sono Hong meigui bai meigui (Red rose, white rose / Rosa rossa, rossa bianca, Stanley Kwan 1994 e Se, jie (Lussuria e cautela / Lussuria seduzione e tradimento Lee Ang,

49 Hou decise, dunque, di cambiare, almeno in parte, il metodo che aveva pensato di utilizzare per questo progetto. Nasce così nel 2001 Qianxi manbo (Chiesi, 2002: 222). 3.4 Qianxi manbo La scena si apre in un tunnel, uno di quei passaggi sopraelevati che corrono lungo tutta Taipei, dove troviamo Vicky, interpretata da Shu Qi, che sta camminando. In voce off viene raccontato un periodo della sua vita e compaiono così già due stranezze: la prima è che la voce, che si presume sia la stessa della ragazza, parla di Vicky in terza persona, e la seconda è che racconta di quel momento come se fosse avvenuto nel passato, dieci anni prima, ma quando viene precisata la data, il 2001, l anno in cui il mondo stava celebrando il nuovo millenio, questa viene a coincidere con il presente degli spettatori. Ci si trova così a esaminare il contemporaneo con un certo distacco, come se fosse un flashback del passato della protagonista. Come molti altri lavori di Hou, anche Qianxi manbo comincia con una scena in movimento; mentre in Lian lian feng chen e in Nanguo zaijian, nanguo i personaggi si trovano su un treno in corsa, qui Vicky cammina in slow motion, osserva la città attraverso gli spazi arcuati dove il muro si interrompe e si gira ogni tanto guardando dietro di sé, come se stesse salutando quel passato di cui sta narrando, con un sorriso che sembra esprimere un abbandono e una libertà incuranti di tutto. Alla fine del corridoio Vicky abbandona gli spettatori: mentre lei scende le scale e scompare dall inquadratura, la macchina da presa rimane immobile alla fine del tunnel. Con questa interruzione, il regista sembra voler dichiarare che l universo dove vive la sua protagonista non può essere confinato in un film, né tanto meno in un unica sequenza. In questa scena che precede i titoli di testa il voice-over racconta in breve la situazione di Vicky in quel periodo, quando frequentava Hao Hao un ragazzo che non riusciva ad abbandonare, o per meglio dire che lasciava e da cui continuava inspiegabilmente a tornare, e della risoluzione che decide di adottare: non appena finirà i soldi si separerà da lui, e questa volta definitivamente. Hou si immerge completamente nel mondo della gioventù urbana che consuma droga e alcool, frequenta discoteche e night club, facendo propri i loro ritmi e scenari, focalizzando la sua attenzione su di un singolo personaggio; mentre mantiene una storia che si potrebbe definire minimalista, la forma che usa per veicolarla è sicuramente ciò che parla in maniera 49

50 più diretta con il pubblico. In questa analisi della Taipei del nuovo millenio, per la prima volta restringe le distanze dai suo soggetti, il numero dei campi lunghi qui viene superato di gran lunga da primi e primissimi piani; gli occhi dell autore, e dunque anche degli spettatori, restano puntati su Vicky interrogandola fin nella sua intimità con una telecamera sempre in movimento, al contrario del suo più noto stile con telecamera fissa. In questo film accentuerà anche delle soluzioni visive piuttosto sperimentali, come l adozione di obiettivi a focali lunghe e la decisione di lasciare talvolta i soggetti con delle messe a fuoco appannate dal flou, come se fossero troppo veloci ed evanescenti per essere definiti pienamente (Chiesi, 2002: 223) 8. È da notare come nelle sue prime pellicole, quelle le cui storie avevano un connotato più personale e autobiografico, il regista abbia sempre mantenuto la telecamera lontana, tenendosi a distanza dall azione, come per non influenzarla troppo, mentre in questo mondo che gli è nuovo restringe il suo spazio d intervento, come per scandagliare pieno di curiosità uno spazio che non conosceva. Hou usa una narrativa ellittica che si accompagna perfettamente ai ritmi di vita della protagonista che appaiono vorticosi ma, contemporaneamente, frenati da un insolita staticità. Le sue giornate si dividono quasi esclusivamente tra l appartamento che condivide con Hao Hao e il locale notturno dove lavora come cameriera e intrattenitrice dei clienti più facoltosi. Le attività che ripete sembrano susseguirsi tutte uguali senza grande rilevanza: lavora o balla nel locale, cerca di ripulire la casa dal costante disordine, ascolta musica o assume droghe insieme al suo fidanzato, che la sottopone costantemente a maniacali ricerche di infedeltà controllandole il cellulare, le fatture e chiedendole persino di sentire l odore del suo corpo alla ricerca di tracce di altre persone. C è una certa meccanicità in tutte queste azioni, persino quando riceve attenzioni affettuose da parte di Hao Hao, Vicky si mostra inespressiva, come se fosse priva di emozioni, o al massimo solo leggermente insofferente; in questi gesti tradisce una sensazione di vacuità, di una vita bloccata. Anche la colonna sonora 9, composta prevalentemente da pezzi di musica 8 Una delle accuse che verrà mossa al film è proprio quella di aver usato una cifra stilistica troppo simile a quella di Wong Kar-wai (Warner, 2006 e Osterweil, online), d altra parte il direttore della fotografia, Mark Lee Ping Bing, da tempo collaboratore di Hou, è lo stesso che appena un anno prima, nel 2000, aveva completato il lavoro di In the mood for love quando Chritopher Doyle fu costretto a lasciare il set. 9 Il compositore è Lim Giong, una delle figure centrali della scena elettronica di Taiwan; oltre ad aver firmato la colonna sonora di altri due film di Hou (Goodbye south, goodbye e Three times), ha curato la musica anche di diversi film di Jia Zhangke (The World, Still Life, Dong e 24 city). 50

51 techno interpretano e rispecchiano perfettamente quest idea della ripetitività ossessiva di azioni e di un assenza di prospettive. Il cambiamento avviene quando, presumibilmente dopo aver finito i soldi come si era ripromessa a inizio del film, lascia Hao Hao e cerca rifugio da Jack. Questo nuovo personaggio è una figura enigmatica: possiede un locale notturno dietro il quale nasconde attività illecite non meglio definite, eppure sembra un elemento positivo per la vita di Vicky. A differenza di Hao Hao, che la perseguitava e si dimostrava sempre immaturo, Jack, che appartiene alla generazione precedente, appare sicuro, calmo e protettivo come se fosse un fratello maggiore. È in una sequenza dove sono insieme su di un auto in corsa che trapela un primo sentimento di felicità per Vicky, anche se verrà presto messo in attesa dopo la misteriosa scomparsa di Jack. Questo secondo personaggio maschile, da quanto riportato dalle interviste durante il festival di Cannes di quell anno, è stato modellato sul regista stesso: la sua fascinazione per il mondo giovanile lo spinge ad avvicinarsi a loro, ad ascoltarli, guidarli e a prendersene cura, ma rimane sempre la sensazione di non potersi fare coinvolgere completamente, per questo Jack non si presenterà all ultimo appuntamento che aveva con Vicky (Yeh, 2005). La Taipei che viene mostrata in Qianxi manbo è un reticolo claustrofobico di luci al neon, colori sgargianti e di suoni ripetitivi, sembra quasi un universo artificiale dove sono intrappolati corpi privi di specificità che fluttuano senza meta, come se fossero gli spettatori di uno spettacolo di illusionismo, proprio come quello a cui assistono in un locale Vicky e le sue amiche all inizio della pellicola, quando festeggiano il ritorno di un loro amico che ha appena vinto un premio per un numero di magia. Anche in questo film compare una contrapposizione tra città e natura, ma in questo caso si esce dai confini nazionali per approdare in Giappone, a Yubari, un paesino dell Hokkaido famoso per il freddo polare e il festival di cinema che vi si tiene. Vicky ci si reca insieme a due amici conosciuti in un bar la cui nonna è originaria del posto; lo scenario del villaggio ha un aspetto onirico e i tre personaggi si divertono a giocare nella neve e a lasciarvi il calco dei loro corpi come fossero bambini. In questa occasione la protagonista cena nella casa in legno della nonna dei suoi amici che prepara i cibi con una lenta meticolosità. Questa scena è essenziale per sottolineare lo smaccato contrasto tra la modernità di Taipei, la cui specificità viene lentamente cancellata da posti come bar e discoteche tutti uguali, e la tradizione che invece sembra aleggiare a 51

52 Yubari. Questo piccolo villaggio è intriso della nostalgia del regista, che gira la scena finale nella strada dei film dove appaiono cartelloni di film classici. La scelta di questa località viene così spiegata dal regista Per me, era un po una città del ricordo, legata alla durata del tempo. Inserire questa parte del Giappone mi permetteva di accentuare per contrasto l assenza di ricordo della gioventù attuale, che vive prima di tutto nel presente ripetitivo. Mentre è l accumulo di esperienze diverse che crea la memoria (Ciment e Niogret, 2001). La relazione tra Taipei e Yubari è altamente simbolica: la prima è predominata da spazi senza alcuna specificità, inclusi l appartamento di Vicky e Hao Hao, i locali che frequentano e lo stesso skyline della città formato da grattacieli ed edifici tutti uguali, è una citta che fluttua slegata dal suo contesto storico e geografico, mentre la seconda è guardata con un sentimento di nostalgia, dove alla globalizzazione si contrappone la tradizione. Della Taipei notturna ci viene mostrato solo il lato più negativo: la droga, la musica techno, affari sporchi e un senso di perdita di quella intima connessione tra le persone e tra esse e la natura. Di Yubari, invece, ci viene presentato un antico ristorante in stile giapponese, la nonna che simboleggia la vecchia comunità (mentre a Taipei non vengono mai menzionati né genitori né parenti) e la strada dei film con poster di pellicole degli anni Sessanta e Settanta. Quello che Hou esplora in Qianxi manbo si concentra, così, in una binarietà tra globalizzazione e identità, e intimità e alienazione. Il titolo sembra suggerire una danza con il tempo, e, in effetti, la pellicola sembra muovere aggraziatamente i suoi passi da una vita quotidiana a Taipei, dove tutto si ripete con infaticabile monotonia, a una sorta di improvvisa epifania sulla natura, le relazioni umane e il passato che avviene nell innevata Hokkaido, fino a tornare, circolarmente, nella notte della capitale taiwanese che apriva il film e lo chiude, dal momento che lo spettatore sa che, dieci anni dopo, nel 2011, Vicky si trova su quel tunnel della sopraelevata da cui ci racconta la sua storia andando a ritroso. È impossibile non notare che nei suoi film ambientati a Taipei nel presente Hou si avvale sempre di una eroina femminile (al contrario dei film che hanno ambientazione rurale, storica o una combinazione di questi due elementi). Il critico Daniel Kasman, infatti, ha denominato Niluohe nü er, Hao nan, hao nü e Qianxi manbo la sua trilogia urbana al femminile. A unire queste tre pellicole è anche la quasi assenza di storia e azione, le tre protagoniste non sono riprese all inizio o nel mezzo di un episodio particolare bensì nella più normale routine, con la sua ripetitività senza grandi eventi di rilievo. 52

53 Il motivo di questa scelta, secondo Kasman, è da ricercarsi nel passaggio di consegne: come erano passivi di fronte alla storia gli uomini del ventesimo secolo, così non riescono a riscattarsi nemmeno le donne in questo nuovo secolo, entrambi i sessi vengono rappresentati da quello che non sanno e quello che non fanno, piuttosto che da quello che riescono a compiere. Con il passare del tempo il patriarcato è diventato meno forte, la vecchia generazione maschile viene vista ora come una banda di criminali interessati quasi unicamente a fare affari e soldi, mentre le speranze di un cambiamento sembrano poste da Hou nelle mani della nuova generazione urbana femminile. Yang Ling, Liang Ching e Vicky divengono, così, simbolo di una generazione smarrita che cerca di trovare la sua strada in una caotica Taipei. 3.5 Zui hao de shiguang Dopo Qianxi manbo, Hou ha girato un film a Tokyo, Kohi Jikou (Café Lumiere, Hou Hsiaohsien, 2003), che ha aperto il festival che commemorava il centenario della nascita del noto regista giapponese Yasujiro Ozu. Nel 2005 è tornato a girare a Taiwan, con Zui hao de shiguang (Three times / Tempi migliori, Hou Hsiao-hsien, 2005). Il film è composto da tre segmenti separati: il primo si svolge a Kaoshiung nel 1966, il secondo a Dadaochen nel 1911 e l ultimo a Taipei nel Per quanto riguarda lo stile, ognuna delle parti di questo trittico sembra un distillato minimalista delle opere precedenti di Hou (rispettivamente Lian lian feng chen, Haishang hua e Qianxi manbo). Nonostante il tempo e il luogo siano diversi, in tutti e tre la storia riguarda una giovane coppia interpretata da Shu Qi (che aveva già lavorato con Hou in Qianxi manbo) e Chang Chen (la cui carriera era iniziata con Gulingjie shaonian sharen shijian di Yang). Per rispecchiare lo spirito di ogni epoca in cui si svolgono le storie, Hou ha utilizzato delle particolarità stilistiche differenti per ognuno di questi tre segmenti: nel primo ha adoperato un filtro verde e una colonna sonora composta da musiche romantiche popolari americane come la famosissima Smoke gets in your eyes dei Platters, per il secondo un filtro rosso, camera fissa e la scelta di filmarlo come film muto, mentre l ultimo è dominato da un filtro blu, un uso della telecamera molto fluido e un gran numero di primi piani. Il tema che unisce 53

54 questi tre frammenti della vita amorosa di tre diverse coppie è la distanza che si frappone tra i due amanti e la difficoltà nel comunicare. Nel primo episodio Chang non riesce a parlare dei suoi sentimenti con Shu e le lascia una lettera prima di partire per il servizio militare, saranno, dunque, le parole scritte a colmare la distanza e i silenzi. Nel secondo, le voci dei due personaggi sono completamente mute e i loro rari scambi di battute sono rimpiazzati da didascalie. Infine nel terzo, nonostante l aumento dei mezzi di comunicazione (il telefono, il computer), i due protagonisti sembrano comunque non essere in grado di comprendersi. Il terzo segmento, intitolato Qingchun meng (A time for youth / Sogni giovanili), è quello che più interessa il tema della tesi. La prima scena riprende i due attori in corsa su una moto, su una strada sopraelevata da cui si può vedere la città grigia e il cielo altrettanto plumbeo. Lo stacco dall episodio precedente è molto forte, dal momento che nel secondo episodio Chang interpretava uno scrittore e attivista che, a inizio secolo, premeva per l indipendenza di Taiwan dal Giappone, con la moto in corsa, Hou sembra volerci indicare il raggiungimento della tanto agognata libertà. Ma come gli spettatori si accorgeranno presto, l indipendenza del presente non è meno tirannica del dominio del passato. In questo segmento Shu Qi interpreta una cantante di nome Jing che ha una relazione con una ragazza, a cui non risponde mai al telefono e a cui sembra completamente disinteressata, e con un ragazzo, un fotografo di nome Zhen, sempre interpretato da Chang Chen, anche lui già impegnato con un altra persona. A una prima visione le scene che compongono questo episodio sembrano mescolate in maniera piuttosto confusa e risulta impossibile comprendere ogni dettaglio in maniera soddisfacente, ma con un attento esame e una seconda visione, si può stabilire che in realtà, ironicamente, il film procede in maniera estremamente lineare. Hou usa delle sottigliezze in modo che si potrebbe definire quasi perverso: in una delle prime scene Jing ha seguito Zhen nel suo appartamento, dove si ritrovano in una camera buia vicino alla finestra illuminata che si affaccia sulla città e il suo caotico traffico. La cantante si copre l occhio sinistro e guarda il suo nuovo amante con un solo occhio, mentre l altro è coperto dalla sua mano. Solo tre sequenze più tardi, però, quando Zhen farà una ricerca su di lei su internet imbattendosi nel suo blog, si scoprirà che, oltre le altre malattie che affliggono la cantante, è anche quasi completamente cieca dall occhio destro. Così, il mistero e la poesia della sua ricerca dell amato con un occhio che è quasi privo di vista sarà chiaro allo spettatore solo con una seconda visione (Sødtholt, 2006). 54

55 Il blog della protagonista è un altro elemento importante all interno della storia: innanzitutto è un sarcastico commento sul presente, dove, dopo aver avuto una relazione intima con una persona, puoi andare a scavare i suoi dati e le informazioni più segrete di cui non eri a conoscenza; inoltre è un mezzo per dar sfogo, in maniera pubblica e piuttosto autocelebrativa, della propria solitudine e di altri dolori personali. Hou, all interno della storia, inserisce anche cellulari, foto, computer, tutti mezzi che i giovani usano per comunicare, cercarsi o evitarsi l un l altro, enfatizzando la loro funzione di evasione dal mondo reale che li circonda. Mentre nei primi due episodi, i tempi non erano maturi per esprimere i propri sentimenti, nel 2005 sembra che sia finalmente giunto il momento per l autodeterminazione e la libertà (espresso in maniera eloquente da una poesia pubblicata sul sito della cantante: non ho un passato, né un futuro, solo un affamato presente ), ma anche in questo momento storico l opportunità non sembra portare a buoni risultati. A time for youth ha sicuramente molti elementi in comune con Qianxi manbo, tra i quali l immersione della protagonista in una doppia fisicità: il sesso e la città. L alienazione che i due personaggi interpretati da Shu Qi provano, si rispecchia nella grande metropoli di Taipei vista quasi esclusivamente di notte con le sue ipnotiche insegne al neon di negozi e pubblicità, e nei suoi luoghi affollati (ristoranti, mercati notturni, discoteche, strade) dove scappare da una solitudine che li perseguita. È in un bagno di una discoteca che assistiamo al primo litigio tra Jing e la sua compagna, mentre altre persone entrano ed escono, interrompendole e disturbandole. Una scena che sarebbe dovuta essere privata avviene in un luogo pubblico, nella più totale indifferenza della protagonista. Stanca della freddezza che Jing continua a mostrarle, al mattino seguente, quando si risveglia in un letto vuoto, la sua fidanzata le lascia un messaggio sul computer minacciandole di suicidarsi come già aveva fatto Olika (un personaggio che rimane ignoto, ma che si potrebbe presumere fosse una precedente fiamma di Jing). Il biglietto non rimane un avvertimento: dopo esser tornata a casa Jing legge il messaggio e si sente un tonfo attutito fuori dalla finestra; ma Hou non mette in scena niente di tragico o drammatico ed è facile che il dettaglio sonoro sfugga a una prima visione. La cantante si affaccia dal balcone ma la telecamera rimane nella sua stanza, dove la protagonista torna immediatamente abbandonandosi sul letto, mentre i suoi contorni si affievoliscono e diventano fuori fuoco, come quando la vista si appannata di lacrime. 55

56 Nella scena seguente, l ultima, Jing è di nuovo in moto con Zhen, chiudendo così questo episodio, con la visione di una nuvolosa Taipei, in modo circolare. La paletta di colori freddi usati dal regista per il terzo episodio di Three times è sicuramente indicativa del momento storico e del distacco emotivo fra i personaggi che vogliono essere descritti in questo frammento; l eroina del nuovo millennio ha una libertà, riguardo a come vivere e chi innamorarsi, che la sua controparte del 1911, una cortigiana, non poteva neanche immaginarsi, eppure la tristezza che la pervade è ancora più forte. Il paesaggio urbano, pur nella sua rappresentazione estetizzante, finisce per essere quasi ripugnante, con il suo paesaggio industriale e fortemente tecnologizzato, e la sua architettura anonima ricoperta di cemento. In questa descrizione del malessere urbano e per la grande rilevanza data alle fotografie, in questo episodio Hou sembra avere in mente Kongbu fenzi di Edward Yang (Warner, 2006). Lo smog, le infedeltà, il sesso occasionale, i cellulari, le discoteche con le loro luci artificiali, sono tutti elementi che parlano chiaro riguardo alla visione personale del regista sul contemporaneo e sulla nuova generazione che risulta cinica, involuta su se stessa e tragicamente persa nella sua modernità. Ma lo sguardo di Hou non è solo negativo e distaccato, a mio avviso è pieno di comprensione per i suoi personaggi, in particolar modo per quelli femminili. La sua riflessione converge sempre sulla storia e su come il presente sia un risultato di quello che è avvenuto in precedenza, costringendo lo spettatore a riflettere sulle connessioni, oltre che tra storia e contemporaneo, anche tra personale e politico e tra la memoria e il cinema. Dopo una serie ininterrotta di capolavori a cui ha lavorato per dieci anni dal 1989 al 1998, a partire da Beiqing chengshi fino a Haishang hua, Hou è entrato in una fase di transizione e ha rivoluzionato completamente il suo stile per adattarlo a un tema che aveva già trattato marginalmente in precedenza, ma a cui ora si abbandona in maniera completa: la giovane popolazione urbana della metropoli contemporanea. Per poter esprimere ogni sfumatura di questo nuovo mondo si è avventurato anche in forme strutturali ancora più audaci di quelli per cui aveva già acquisita una notorietà internazionale. Oltre a un approccio minimalista per quanto riguarda trama e spiegazioni (e a un cast composto da sempre meno individui), Hou ha utilizzato i suoi tipici lunghi piani sequenza per avvicinarsi ed enfatizzare la confusione della vita quotidiana. Osservando con pazienza gli eventi svolgersi come se accadessero in tempo reale, quello che ne emerge è un analisi profonda e poetica della società contemporanea e dei suoi stili di vita, intrecciata indissolubilmente con la città dove ogni azione ha un inizio, una morte e una serie di conseguenze. 56

57 Tsai Ming-liang Film lovers are sick people. F. Truffaut Tsai nasce in Malesia da genitori di origine cinese nel 1957 e trascorre la sua adolescenza, fino ai vent anni, nella città di Kuching insieme ai nonni, grandi amanti del cinema. Grazie a loro sviluppò un intensa passione per il grande schermo, accompagnandoli ogni giorno a vedere uno o due spettacoli di film provenienti dalle Filippine, da Hong Kong e dagli Stati Uniti. A metà degli anni Settanta si trasferisce a Taipei per studiare arti drammatiche all Università di cultura cinese di Taiwan e, dopo essersi laureato nel 1982, comincia subito a lavorare come sceneggiatore per il teatro e in seguito per la televisione (Rehm, Joyard, Rivière, 2000). Decise di stabilirsi definitivamente a Taipei, meta che accoglie una vasta comunità transnazionale della diaspora cinese del sud est asiatico, eleggendola sua città d adozione. Come regista, scrittore, produttore e persino attore, Tsai ha dato vita a un eclettico insieme di opere che comprendono documentari, serie e film per la televisione, drammi teatrali, poesie e ovviamente lungometraggi. Citando il critico Michael Berry, la sua produzione artistica si inserisce nel contesto della nuova generazione di registi che sorge dalle ceneri del Nuovo cinema taiwanese all inizio degli anni Novanta insieme ad altri autori come Ang Lee e Chen Guofu (Berry, 2005: 363). Nonostante Tsai abbia scelto un percorso estremamente personale, l ispirazione e l affiliazione a Hou e Yang, i padri spirituali del Nuovo cinema, è facilmente riconoscibile. Con il cinema di Hou, infatti, ha in comune la costruzione narrativa composta da ritmi lenti, quasi esasperati, dialoghi scarni, quando non del tutto ridotti a silenzio, e inquadrature fisse. Tutti elementi che aiutano a trasmettere l alienazione e l incomunicabilità generate dalla città moderna. Yang, invece, è un altra rilevante influenza 57

58 in quanto primo cantore di Taipei come megalopoli tentacolare in cui si srotolano vite impregnate di nichilismo e malinconia (Neri, 2006). Tsai usa queste cifre già sperimentate ma le radicalizza fino a portarle a conseguenze estreme: smontando i binari della sceneggiatura normativa su cui si erano tenuti i due registi della prima generazione della Nouvelle Vague taiwanese, crea un cinema d esperienza piuttosto che di narrativa (Lu, 2011). Agli elementi della cultura cinese, Tsai mescola sapientemente anche rielaborazioni personali di quella occidentale. In primo luogo il teatro di Beckett e Brecht, da cui riprende la ripetizione compulsiva di azioni prive di senso, lo humor nero, il minimalismo estremo e l utilizzo della scena come luogo dialogico dove sviluppare riflessioni. È impossibile non notare, inoltre, l amore dell autore per il cinema europeo e in particolar modo quello francese. Il suo cinema è, infatti, intriso di citazioni e omaggi cinefili dedicati a Truffaut, di cui è stato definito il discepolo (Neri, 2006). Come il regista francese, anche Tsai ha usato il corpo del suo attore feticcio come strumento per vedere lo scorrere del tempo sulla sua carne, trasformando l attore Lee Kang-sheng in una versione taiwanese di Antoine Doinel, il personaggio interpretato da Jean-Pierre Léaud in cinque dei film di Truffaut. Xiao Kang, il nomignolo di Lee Kang-sheng nella vita e sullo schermo, infatti, è un personaggio ricorrente, anche se non necessariamente sempre lo stesso, e compare in ognuno dei nove lungometraggi del regista, oltre a un corto e a uno dei suoi primi film per la televisione. Anche se c è da tener in conto che, mentre Antoine Doinel è un personaggio inventato, Xiao Kang è una persona reale che mette moltissimo della sua personalità nel personaggio, lasciando, ad esempio, che sia il regista ad abituarsi ai suoi tempi e non viceversa. Un altra differenza con il cinema di Truffaut, è che gli eroi di Tsai non sono dei ribelli, bensì sono caratterizzati come afasici, disperati e paralizzati dentro scenari inquietanti. I temi trattati da questi due registi, in realtà, non potrebbero essere più diversi, nonostante si tratti in entrambi i casi di un cinema individuale, come una sorta di diario intimo, il lavoro di Tsai fa perno sul malessere urbano, l alienazione e la solitudine, l incomunicabilità familiare, soprattutto se ancora basata su vecchi principi sorpassati come il confucianesimo, e l angoscia per lo scorrere inarrestabile del tempo. Il nucleo familiare che appare in molti dei film di Tsai, è composto, oltre al già nominato Lee Kang-sheng, da Miao Tien, famoso attore di film di arti marziali negli anni Sessanta, nelle vesti del padre, e da Lu Hsiao-ling, che interpreta la madre di Xiao Kang. 58

59 Un quarto personaggio ricorrente è Taipei. Lo spazio di questa giungla urbana, che sia visto attraverso il quartiere dei divertimenti dei giovani a Ximending, o il cavalcavia sopra la stazione dove si fermano a fare affari i venditori ambulanti o gli appartamenti di lusso rimasti invenduti nel quartiere di Da an, rimane sempre in primo piano: è la fonte, e allo stesso tempo l unico conforto, della grande solitudine che provano tutti i suoi abitantipersonaggi (Berry, 2005: 91). Nei suoi oltre vent anni di carriera Tsai ha stimolato un grande interesse nei critici internazionali, che su di lui hanno prodotto una folta letteratura, e ha ricevuto un considerevole numero di premi ai maggiori festival di cinema, incluso il Leone d oro nel 1994 per la sua seconda pellicola Aiqing wansui (Vive l amour, Tsai Ming-liang, 1994) l Orso d argento nel 1997 per Heliu (Il fiume, Tsai Ming-liang, 1997) e il premio Alfred Bauer, un riconoscimento che viene assegnato per i film che sono considerati innovati per l arte cinematografica, nel 2005 per Tianbian yi duo yun (Nuvole ai margini del cielo/ Il gusto dell anguria, Tsai Ming-liang, 2005), oltre a due premi Fipresci (Fédération Internationale de la Presse Cinématographique) per Dong (The hole Il buco, Tsai Ming-liang, 1998), a Cannes nel 1998, e per Bu san, a Venezia nel 2003 (Udden, 2011). 4.1 Qingshaonian Nezha Qingshaonian Nezha è il primo lungometraggio che Tsai gira per il cinema sotto la CMPC ed è una sorta di modello che pone le basi per le pellicole che lo seguiranno. Per il nucleo della storia del film, Tsai si è ispirato al vero Xiao Kang, che aveva conosciuto sul set del suo lavoro precedente, una miniserie televisiva intitolata Xiao hai (Boys / Ragazzi, Tsai Ming-liang, 1989), e con il quale aveva stretto una profonda amicizia; tanto che era stato il regista stesso ad averlo accompagnato a iscriversi al test di ammissione all università per la terza volta, ancora senza successo. Questo episodio gli fece venir voglia di girare un film semplice, su un ragazzo che, deludendo le aspettative dei genitori, abbandona la scuola e, non sapendo più cosa fare di se stesso, gira per la città senza una meta precisa. 59

60 È ironico notare come Tsai, che aveva iniziato la sua carriera proprio come sceneggiatore, per i suoi film in genere si avvale in minima parte della scrittura, lasciando ampio margine di libertà ai suoi attori, per quanto riguarda le battute, le reazioni e il tempo d azione 10. Per rendere ancora più realistici i suoi film, inoltre, usa spesso attori non professionisti, come inizialmente, era Lee Kang-sheng. La pellicola inizia con un piccolo furto: Ah-ze e Ah-bing, due giovani teppistelli, scassinano una cabina telefonica per intascarsi tutte le monete. Nel frattempo, nella stessa notte piovosa, Xiao Kang, mentre studia distrattamente in camera sua, cerca di disfarsi di uno scarafaggio, infilzandolo con un compasso e gettandolo poi dalla finestra. L odioso insetto, però, ricompare dall altra parte del vetro e Xiao Kang non riesce a frenarsi dal cercare di colpirlo con il palmo della mano. Il risultato ovviamente è il vetro in frantumi e la mano ferita. Sotto gli occhi perplessi dei suoi genitori, Xiao Kang entra tranquillamente in bagno con il braccio ricoperto di sangue per medicare il taglio. Con un cambio di scena, introdotta da uno dei rarissimi pezzi di musica dei film di Tsai, che nella maggior parte dei casi sono composti quasi unicamente da un sonoro diegetico, la macchina da presa entra in un arcade, dove ritroviamo i due ladruncoli di prima che sembrano avere tutte le intenzioni di sperperare il loro bottino nei vari video giochi. La mattina seguente, Xiao Kang decide di annullare la sua iscrizione ai corsi preparatori per l esame universitario, e intascarsi i soldi che avevano versato i suoi genitori. Tornato nel parcheggio della scuola, scopre che il suo motorino è stato rubato e mentre si incammina verso casa si imbatte nel taxi guidato dal padre. Alla notizia del furto, il padre cerca di alleggerire la situazione proponendogli di andare insieme al cinema, come facevano quando era piccolo, saltando per una volta le lezioni del pomeriggio. A un semaforo, però, si imbattono nella moto di Ah-ze che sta portando Ah-keui, la ragazza di suo fratello, alla pista di pattinaggio dove lavora. Il padre di Xiao Kang gli suona il clacson un paio di volte, infastidito dal suo modo di guidare e dalla posizione in cui si ferma allo stop che occupa troppo spazio. Ah-ze sfodera una catena e gli rompe il vetro dello specchietto prima di ripartire a tutta velocità. Xiao Kang rimane muto e impassibile, il padre, dopo aver cercato di accusare un altro guidatore che evidentemente non aveva nessuna colpa, riprende a guidare, e mentre si lasciano indietro frammenti della città in una visione distorta data dallo specchio rotto in diversi frammenti, gli dice con volto serio di dimenticarsi del cinema e di tornare a 10 Regista e attore hanno entrambi tenuto dei diari sul set che sono stati in seguito pubblicati insieme alla sceneggiatura e ad alcune foto del set. Da questi si possono apprendere diversi aneddoti sul film, come il fatto che Tsai ha trovato il giusto ritmo di ripresa solo dopo aver capito che forzare Lee a compiere le sue azioni in maniera più veloce era innaturale e non realistico (Tsai, 1992). 60

61 scuola. Xiao Kang sembra deluso e il padre intristito, ma, senza controbattere, il figlio scende dal taxi e si incammina in direzione della scuola attraversando uno stretto vicolo intasato da motorini e pieno di insegne di negozi e di case editrici universitarie. La telecamera, immobile e in tempo reale, guarda tenendosi con una certa distanza il ragazzo ripreso di schiena che si allontana. La metropoli, con le sue strade soffocanti, lo inghiotte, rendendolo indistinguibile dagli altri passanti. Xiao Kang, in realtà, a insaputa dei suoi genitori, ha già ritirato i soldi delle lezioni che ha deciso di non voler più seguire, e si ritrova così a girovagare per la città, passando gran parte del suo tempo in un centro commerciale. Un giorno, per caso, riconosce Ah-ze nella sala giochi e comincia a seguirlo ovunque, affascinato dal suo carisma e allo stesso tempo pensando a come mettere in piedi un piano di vendetta. Nel frattempo, a casa, la madre di Xiao Kang si è convinta che il figlio sia una reincarnazione di un principe ribelle di nome Nezha11 e al sentire questa rivelazione il ragazzo inscena una sorta di possedimento divino che sembra più che altro volerla prendere in giro; il padre, invece, scopre che ha smesso di frequentare i corsi preparatori e lo caccia di casa, anche se non chiude del tutto la porta alle sue spalle e in seguito andrà alla sua ricerca in modo disperato. Quella notte mentre Ah-ze si apparta in un hotel con la fidanzata del fratello, Xiao Kang riesce finalmente a prendersi la sua vendetta sfasciandogli la moto e lasciando sul marciapiede la scritta: Nezha è stato qui. 11 Il dio Nezha è una divinità taoista cinese il cui nome è stato anglicizzato in Neon; si tratta di un giovane indisciplinato che combatte contro il padre e quasi lo uccide. Rappresenta un esempio pressoché unico nella cultura popolare cinese di una palese violazione della pietà filiale confuciana. Nel 1979 la sua storia è stata trasposta in un cartone animato a cui Tsai ha dichiarato di essersi liberamente ispirato. In anni più recenti, Nezha è diventato un icona della cultura gay cinese (Ceresa, 2009). 61

62 La mattina seguente spia la reazione furiosa del suo nemico e ne gioisce, ma quando lo vede incamminarsi portando quel che rimane del veicolo a piedi, sembra impietosirsene e gli si avvicina per offrirgli il suo aiuto, rendendo ancora più sfumata questa relazione di disprezzo e ammirazione che unisce i due protagonisti. Ah-ze, però, non lo considera nemmeno e lo scaccia in malo modo. Quest ultimo e il suo compagno di scorribande alla fine del film fanno una brutta fine: vengono picchiati ferocemente dal proprietario della sala giochi al quale avevano tentato di rivendere la matrice di un videogioco che gli avevano appena rubato. Xiao Kang, invece, continua a rimandare il suo rientro a casa e prosegue con il suo pellegrinaggio per la città che si è fatta buia, inseguito dallo stesso pezzo musicale che si era sentito all inizio della pellicola, composto da un basso ripetitivo che assomiglia a un ronzio minaccioso. Tsai con Qingshaonian Nezha presenta un esame intenso e tormentato della decadenza urbana, dell alienazione e della noia che ne derivano, riuscendo a confrontarsi con temi impegnativi mescolando pathos e compassione per la vita triviale che conducono i suoi personaggi. Il pessimismo, in realtà, sembra essere meno forte dello humour di cui è permeata la pellicola e la sua storia. È, infatti, possibile leggere con uno sguardo ironico, ad esempio, la scena in cui il silenzioso e indolente Xiao Kang si ritrova sotto un poster di Rebel without a cause (Gioventù bruciata, Nicholas Ray, 1955) e si confronta con James Dean. Oltre a raccontare dei giovani, il film parla moltissimo di Taipei e dei suoi cambiamenti dolorosi: dalla nascita dei suoi nuovi non-luoghi, come le sale gioco e i centri commerciali, alla perdita delle credenze dei genitori, non solo spirituali ma anche più in generale della vita, che crea una generazione di ragazzi perduti che si compiacciono nella loro inerzia, senza riuscire a stabilire tra di loro nessun contatto che non sia una pulsione sconsiderata e improvvisa di violenza. Anche le tubature intasate della casa di Ah-ze, che rendono l intero appartamento allagato, sono una vibrante metafora della situazione stagnante della sua esistenza. La presenza onnipresente dell acqua, la condivisione di spazi ristretti tipicamente urbani (come la cabina telefonica dove compiono il loro primo furto Ah-ze e il suo complice o l inseguimento nel centro commerciale e nella pista da pattinaggio da parte di Xiao Kang) insieme alla regressione del comportamento umano al puro istinto, sono tutti temi cari al regista che continuerà a esplorarli anche nelle sue pellicole successive. Inoltre, con questo ammaliante ritratto della gioventù di Taipei, Tsai si è dimostrato molto abile nello scoprire il potenziale espressivo di quegli spazi comuni e quotidiani che in genere 62

63 vengono tralasciati, come i vicoli, i parcheggi, le sale gioco, i centri commerciali e gli hotel a ore. 4.2 Aiqing wansui Aiqing wansui, il secondo lungometraggio di Tsai, è una fotografia realistica della fine del boom economico di Taipei degli anni Novanta, in particolare del settore immobiliare, che in quel periodo produsse il più alto tasso mondiale di case sfitte. La pellicola comincia con Xiao Kang, un venditore di nicchie per le urne dei defunti, che ruba un mazzo di chiavi trovato per caso abbandonato nella serratura di un appartamento. Quando vi si intrufola scopre che la casa è disabitata, decide di stabilircisi e, oppresso da una solitudine silenziosa, tenta il suicidio incidendosi le vene del polso. Viene, però, interrotto dall arrivo di una coppia clandestina. Lei, Meimei, è l agente immobiliare che non ha ancora trovato clienti per l appartamento, e l uomo che si è portato dietro è Ah-rong 12, un rivenditore di strada di abiti femminili importati da Hong Kong, che ha appena conosciuto in un bar. I due fanno l amore mentre Xiao Kang si medica la ferita fermando il sangue e si apposta nella stanza adiacente alla loro per ascoltarli. Ah-rong ruba alla sua nuova amante le chiavi dell appartamento e inizia a frequentarlo anche lui, senza inizialmente sapere che c è un altro coinquilino abusivo, dando così inizio a una sorta di taciturno gioco a nascondino tra i tre personaggi che occupano le stesse stanze, ma riescono a non incontrarsi: Meimei vi si reca per mostrarlo a dei possibili acquirenti, per mangiare il suo pranzo in tranquillità e una volta anche per fare un riposino pomeridiano, Ah-rong, invece, oltre che per fare ancora sesso con lei ci va per farsi un bagno nella vasca e per mangiare hot-pot con Xiao Kang, che, dopo aver rinunciato all idea del suicidio, rimane nell appartamento e passa le sue giornate in un insolita routine afasica che comprende il travestirsi con gli abiti femminili trovati nelle borse del venditore ambulante e giocare a bowling con un anguria. Quando Meimei e Ah-rong si incontrano di nuovo per del sesso occasionale, Xiao Kang, che si trovava sotto il loro letto, si masturba, creando così una sorta di immaginario triangolo erotico tra i tre coinquilini. Al mattino poi, quando Meimei lascia l appartamento, Xiao 12 L attore è Chen Zhaorong, lo stesso che nel film precedente di Tsai, Qingshaonian Nezha interpretava Ahze. 63

64 Kang esce dal suo rifugio e lentamente scivola al fianco di Ah-rong, ancora addormentato, fino a sfiorargli la guancia e a lasciarvi impresso un delicato bacio. Meimei, che, dopo essersi svegliata da un altra notte di sesso anonimo, ha lasciato il suo amante senza dirgli neanche una parola, si ritrova a passeggiare in un parco appena riabilitato, dove c è pochissimo verde e moltissima terra rivoltata, e attorniato da una strada rigurgitante una fiumana di macchine, da grossi palazzi grigi e da gru in movimento. Più che a un giardino il luogo sembra assomigliare a un sito abbandonato nel bel mezzo della costruzione, come se fosse una ferita aperta nel cuore della città. Seduta su una panchina, con una ripresa in primo piano sul suo viso, l attrice scoppia in un pianto dirotto che non è né elegante e silenzioso né lacerato e melodrammatico, ma che sembra accordarsi perfettamente con il luogo in cui si trova. Il film si chiude con questa lunga scena di dolore che dura oltre cinque minuti, i titoli di coda arrivano solo quando lo spettatore è convinto che le sue lacrime potrebbero continuare a scendere all infinito (Lim, 2001). A dispetto del titolo, quello che il regista mostra è un assenza di amore: i tre personaggi pur gravitando tutti sullo stesso vuoto appartamento, sono isolati, soffrono di una solitudine terribile in una metropoli con oltre sei milioni di abitanti. La città che ci mostra e la maniera in cui la riprende richiama le pellicole di Edward Yang, in particolare Kongbu fenzi, per il grigiore, e la sensazione di logoramento che emanano gli edifici in cemento, che non rappresentano altro che la doppia faccia del miracolo economico in via di esaurimento. I film di entrambi questi registi espongono la particolare modernità che si compiva in una determinata zona alla fine del ventesimo secolo: Taipei si trovava in una fase di mescolanza irregolare che comprendeva spazi residenziali, commerciali, industriali, zone in costruzione e zone ancora agricole, tutte una accanto all altra. La mise-en-scène di questa pellicola è dominata da cavalcavia pedonali, affollati ristoranti fast food, templi, sale da gioco, hotel a ore, mercati notturni, appartamenti sfitti, edifici in via di demolizione, vicoli bui e parcheggi dove i motorini sembrano straboccare. La distopia che riproduce sulle sue pellicole è in verità una fotografia realistica dello spazio urbano caratterizzato da noia, alienazione e disagio fisico (Martin, 2008: 175). Il critico Chris Berry sottolinea come l appartamento che si trovano a condividere i tre personaggi del film, privo di ogni ornamento e ridotto al minimalismo (il letto dove dormono Ah-rong e Meimei, ad esempio, è composto da un semplice materasso senza nemmeno le lenzuola), richiama l attenzione sull assenza della famiglia, concetto centrale nella cultura cinese. È interessante notare che il termine jia in cinese indica tanto la casa quanto la 64

65 famiglia, lasciando intendere che non si può realmente avere la prima se non sia ha anche la seconda (Berry, 2005: 98). Tutti e tre i personaggi, infatti, sono al di fuori del sistema tradizionale familiare in una società che di norma non permette nessuna defezione dai canoni che impone. Eppure sembra una situazione alla quale non sono stati obbligati dalla povertà, piuttosto una che ognuno di loro ha scelto di propria volontà. Meimei fa parte di quella nuova generazione di donne in carriera poco interessate al matrimonio e alla maternità, Ahrong e Xiao Kang, in contrasto, sono spesso a casa e vengono ripresi in attività domestiche come cucinare e lavare i vestiti; non rientrano, insomma, all interno del modello sociale tradizionale, in particolar modo il personaggio interpretato da Lee Kang-sheng, che rappresenta un giovane che giunge ad accettare la sua omosessualità. Passa, infatti, da un tentativo di suicidio a un crescendo di interesse per l altro abitante maschile delle casa: si prova gli abiti femminili che Ah-rong vende per strada e infine, la mattina dopo aver dormito sotto il suo letto, esce dal suo nascondiglio per imprimergli un timido bacio sulla guancia. Gli spazi dei tre protagonisti, in realtà, si incrociano di rado e quado lo fanno i risultati sono dolorosi e mai positivi, sembra piuttosto che si trovino più a loro agio in questa situazione di emarginazione. La struttura familiare, come viene descritta da Peggy Chiao, non è più una trama fitta come lo era un tempo, bensì, trovandosi senza più legge né ordine, è in via di disintegrazione. La consapevolezza spaziale di Tsai è proprio la sua personale dichiarazione di dolore per la perdita, da parte dell umanità, della capacità di comunicazione agli albori del nuovo millenio (Chiao, 1994). Aiqing wansui è, dunque, la rappresentazione realistica di chi si rifiuta di vivere all interno del sistema familiare, dando spazio a persone che nel contesto sociale rimangono invisibili; senza doverle forzatamente riportare all interno dei binari canonici come invece due anni prima aveva fatto il taiwanese Ang Lee con Xiyan (Il banchetto di nozze, Li An 1992), dove l unione di due uomini viene in qualche modo fatta rientrare in un modello tradizionale allargato, con una famiglia composta da tre genitori e un bambino (Martin, 2003: 176). Nonostante la loro solitudine sia un prodotto dello stile di vita moderno e dell economia consumistica con la quale è facile che qualunque spettatore possa empatizzare, riconoscendo come proprio questo sentimento, da un secondo punto di vista questa emarginazione può essere vista anche come molto specifica. La bolla di speculazione edilizia scoppiata a Taipei alla fine degli anni Ottanta aveva creato un numero eccessivo di appartamenti di lusso vuoti, ovvero delle case senza famiglia, proprio come quelli che vende Meimei. Il regista dipinge la città in un quadro molto cinico e critico, senza uno spiraglio di speranza fino alla fine. I 65

66 termini con i quali viene descritta Taipei, infatti, sono alienante, affamata di sentimenti e alla febbricitante ricerca di denaro. La città, nelle mani di Tsai, si trasforma in un luogo spettrale dove tristi fantasmi sono rinchiusi in grandi palazzi grigi che assomigliano più a dei mausolei. 4.3 Heliu Il film comincia con un incontro casuale tra una giovane donna (interpretata da Shiang-chyi Chen) e il solito Lee Kang-sheng nei panni di Xiao Kang, mentre si trovano fuori da un centro commerciale su delle scale mobili in direzioni opposte. La ragazza, una vecchia amica dei tempi del liceo, convince Xiao Kang, che stava girovagando senza nessuno scopo preciso, ad andare insieme sul set dove sta lavorando come assistente di produzione. Lì la regista (impersonata dalla vera autrice hongkonghese Ann Hui), scontenta del manichino che stanno usando per una scena, convince Xiao Kang a immergersi nelle acque inquinate del fiume Tamsui per interpretare un cadavere, prendendo così il posto del poco realistico fantoccio. Xiao Kang, anche se riluttante, entra nel fiume per girare la scena, a seguito della quale, la ragazza lo porta in un piccolo hotel nei paraggi per ripulirsi e dove invece finiscono per fare sesso. Questa è l ultima sequenza in cui si vede l attrice che interpreta l amica, ella, infatti, non tornerà più nella storia. A questo punto, la telecamera comincia anche a seguire le azioni di altri due personaggi che solo con un certo ritardo gli spettatori identificheranno con i genitori di Xiao Kang, poiché inizialmente non li si vede mai assieme, nonostante vivano tutti e tre nella stessa casa. La madre (Lu Hsiao-ling, che era già comparsa in questo ruolo in Rebels of the non god) lavora in un ascensore di un grande magazzino e porta avanti una relazione clandestina con un uomo che vende video pornografici e che le presta poche attenzioni. Il padre (Miao Tian, anche lui già interprete nel primo film di Tsai), invece, è un uomo anziano in pensione alla ricerca di fugaci rapporti occasionali con ragazzi adescati per strada o nelle saune della città. Nello stesso momento in cui Xiao Kang comincia a lamentarsi di un dolore insopportabile al collo, dato forse da un infezione presa nel fiume, il padre si accorge di un infiltrazione d acqua nella sua stanza da letto che va via via facendosi sempre più grossa. Invece di sistemarla una volta per tutte, però, rimanda il problema usando inizialmente dei catini che 66

67 svuota regolarmente, poi costruendosi un intricato quanto precario apparato idraulico composto da tubi di plastica per fare defluire l acqua fuori dalla finestra, riusando in modo ingegnoso il liquido dell infiltrazione per innaffiare le sue piante sul balcone. Il dolore al collo di Xiao Kang si fa così insostenibile che sia la madre che il padre lo portano da diversi medici, chiropratici e perfino esorcisti in cerca dei più svariati tipi di cure, che però si dimostrano tutti insoddisfacenti; in una scena che mescola ironia e surrealtà, la madre gli consiglia persino di provare a massaggiarsi il collo con il suo vibratore. Il povero ragazzo non riesce praticamente a fare più niente a causa del dolore, persino quando prova a salire sul motorino perde subito l equilibrio e dev essere aiutato dal padre, che si siede dietro di lui e gli tiene la testa per permettergli di guidare dritto. Dopo innumerevoli tentativi Xiao Kang viene portato dal padre in una cittadina di provincia per visitare un monaco che inizialmente li costringe a una lunga attesa. Nel mentre, l uno all insaputa dell altro, i due decidono di ingannare il tempo facendo una visita alla sauna locale. Qui, avvolti dal buio, hanno un rapporto, inconsapevoli delle rispettive identità fino a quando il padre non accende la luce e colto dalla sorpresa schiaffeggia il ragazzo. La notte i due dormono nello stesso letto dandosi le spalle e senza rivolgersi parola. La mattina seguente, come se nulla fosse successo, il padre chiama al telefono il leader spirituale che attendevano di incontrare. Questo, inaspettatamente gli annuncia che possono fare ritorno a Taipei senza aver più bisogno di visitare il tempio. Il padre esce allora dalla stanza, e il film si chiude con Xiao Kang che si affaccia sul balcone scaldato dai raggi del sole. Tra i film di Tsai questo probabilmente è quello con una storia più densa, dove oltre a guardare i personaggi in una sorta di non-azione, si susseguono cronologicamente degli avvenimenti che si svolgono in luoghi precisi nell appartamento della famiglia, in ospedale e all aperto, riempiendo la scena non solo di vuoto, come è sua abitudine, ma con comparse, autostrade, motorini, vicoli e quant altro, facendo apparire in paragone i prossimi film del regista ancora più minimali di quanto già non siano. Inoltre, Heliu è, probabilmente, oltre a essere la più tetra anche l opera più esplicitamente trasgressiva dell autore. Il tradizionale nucleo familiare viene sezionato con una franchezza a dir poco brutale, culminando con una scena difficile e complessa, ma innegabilmente brillante, che provoca un forte shock negli spettatori e li lascia con un senso di disgusto. L incurabile dolore al collo di Xiao Kang porta un peso sia corporeo che simbolico. La condizione fisica del giovane riflette, infatti, la 67

68 condizione familiare che si può descrivere solo come disfunzionale e sul punto di collassare; questa a sua volta rappresenta, come un microcosmo, la società moderna (Hughes, 2003). Le ricorrenti immagini legate all acqua, presenti nella maggior parte dei film di Tsai, sembrano qui collegarsi a un desiderio di tipo sessuale. Non ci sono solo le frequenti visite del padre nei bagni pubblici, la scena più indicativa è sicuramente quella in cui l infiltrazione d acqua nell appartamento arriva a toccare i piedi della madre in cucina nello stesso istante in cui padre e figlio stanno avendo un rapporto in una sauna, a indicare che la passione è tracimata (Marchetti, 2005). La pellicola presenta inoltre nuove variazioni su un altro tema caro al regista, l alienazione urbana. L intera struttura narrativa ne è affetta, ma il segnale più forte è dato dal fatto che devono passare almeno trenta minuti, quando si è penetrati a fondo nella pellicola, perché lo spettatore si accorga che i personaggi sono relazionati tra loro (Rosenbaum, 2000). La prima volta che Xiao Kang e suo padre si incontrano, quando il primo in motorino è finito addosso alla macchina guidata dal secondo, sembrano due perfetti sconosciuti. Heliu ha riscosso un notevole successo in Europa, vincendo anche l orso d argento alla quarantasettesima edizione del Festival Internazionale di Berlino, ma fu duramente criticato in patria per la scena d incesto e per la tematica omosessuale. Il padre dell attore Lee Kangsheng lo definì perfino un film porno (Nanouk, 2002). 4.4 Dong Commissionato dal canale televisivo francese-tedesco Arte, Dong ha luogo in una Taipei devastata da un virus misterioso a pochi giorni dallo scoccare dell anno Tsai torna ancora una volta a sbizzarrirsi in giochi di coabitazioni e traslochi: gli abitanti di un vecchio palazzo fatiscente sono costretti all evacuazione dai propri appartamenti a causa di una malattia denominata virus di Taiwan che si sta rapidamente espandendo ovunque e i cui effetti sembrano portare gli uomini a comportarsi come insetti, agli scarafaggi per maggior precisione la cui presenza sull isola è effettivamente notevole. Nonostante siano stati avvisati che i servizi come la raccolta dell immondizia e l acqua saranno interrotti, rimangono alcuni inquilini che si rifiutano di andarsene. 68

69 Uno di questi (Lee Kang-sheng) è un commerciante che si ostina ad aprire il suo negozio, che si trova in un mercato al chiuso, nonostante non si presenti quasi più nessuno; l unica persona che gli fa visita, in un modo alquanto spettrale, è un uomo anziano, interpretato da Miao Tian, che è in cerca di un cibo in scatola che non viene più prodotto da tempo. L altra (Yang Kuei-mei) è una giovane donna che abita nell appartamento sotto quello di Lee Kangsheng. L azione si svolge quasi esclusivamente in questo palazzo, che sembra anch esso ammalarsi lentamente, a partire da un problema di tubature che tormenta la donna e che apparentemente ha origine dall appartamento al piano di sopra. Su sua pressante sollecitazione, l uomo al piano superiore riceve la visita di un idraulico, che però non solo non risolve la questione ma gli lascia anche un buco nel pavimento che si affaccia sul salotto della sua vicina. In una commedia convenzionale, questo fortuito incidente potrebbe portare a una felice unione tra due personaggi solitari, ma il regista è ben lontano da questo tipo di standard stereotipati. I due protagonisti cominciano un gioco voyeuristico rincorrendosi nei corridoi del palazzo diventato vuoto e spiandosi dal foro che unisce i loro appartamenti, senza però mai osare scambiarsi neanche una parola, rimanendo, dunque, due estranei di cui non si viene mai a sapere nemmeno il nome. L uomo è sicuramente quello spinto da una curiosità maggiore tanto da allargare il buco a colpi di martello, mentre la donna respinge ogni tentativo di approccio scivolando sempre più nella malattia. Queste scene si susseguono con un andamento kafkiano: compaiono delle squadre di disinfestazione che spruzzano pesticidi per i corridoi deserti, la gente getta rifiuti dall alto dei tetti e lentamente l esodo di massa sembra aver lasciato la città bagnata da una pioggia incessante quasi totalmente deserta, all infuori dei due strani personaggi uniti da un buco nel cemento. A questa fiaba apocalittica si alterna la giocosa rievocazione dell epoca spensierata dei musical hongkonghesi degli anni Cinquanta e Sessanta. Il film, infatti, è punteggiato da cinque balletti musicali che rendono omaggio a Grace Chang 13, celebre cantante e attrice di musical. Nonostante Lee prenda parte a due di questi intermezzi, non gli viene mai concesso di cantare e rimane sempre muto; è la donna, la vera protagonista di questi cabaret surreali. Queste fantasie musicali dai toni vivaci e brillanti in cui i due attori appaiono all improvviso vestiti con costumi sfavillanti, sono in forte contrasto con la disastrosa realtà. Il fatto che si svolgano tutti in ambienti ristretti come l ascensore, le scale e il corridoio, indicano il loro 13 Nata a Shanghai nel 1934 con il nome Ge Lan, conobbe un enorme fortuna nel genere chiamato gewu pian (film con canzoni e danze, di ambientazione contemporanea). Questi film traevano ispirazione dai musical in voga in quel periodo a Hollywood. 69

70 desiderio di fuggire da quella condizione di vita disperata all interno di un palazzo decadente dove i muri sono sporchi, la carta da parati è scrostata e la spazzatura abbandonata (Wu, 2004: 81). L edificio intrattiene un vero e proprio rapporto con i suoi abitanti: l esempio più lampante è quando l uomo del piano di sopra infila una gamba nel buco sul pavimento e geme come se stesse provando piacere; ma viene personificato anche in una scena successiva, quando la donna al telefono parla in modo sensuale e dice che si sta spogliando, mentre in realtà sta strappando la carta da parati marcita a causa dell umidità, è dunque l edificio che si sta denudando. Così il regista descrive il suo rapporto con gli oggetti e gli spazi: Quando filmo una città, è come se filmassi un personaggio. Perché penso che ogni cosa abbia il suo posto e la sua vita. È un idea molto vicina al buddhismo cinese che considera il corpo umano come un paesaggio. Vale a dire che, in capo a qualche decennio, il corpo sarà lasciato allo spirito. E, a mio avviso, per un appartamento o un edificio è la stessa cosa; hanno la propria vita, il proprio posto. (Rhem et al., 2000) Come le fantasie dell anonimo personaggio femminile la aiutano a scappare dalla realtà catastrofica, così l immagine autoindotta di una Taipei ricca e fortemente urbanizzata non è altro che un aspetto coperto da un trucco allegro e colorato. Così l esperta Meiling Wu spiega la relazione tra Dong e la capitale taiwanese (Wu, 2004: 82). Nel finale, quando ormai la donna sembra soffrire del progredire del misterioso male tra i resti marciti del suo appartamento semi-allagato, l uomo dal piano di sopra le offre aiuto allungando la sua mano dal buco, prima per offrirle un bicchiere d acqua poi tirandola su verso di sé. L ultima scena ritrae i due personaggi vestiti elegantemente mentre ballano lentamente abbracciati, lasciando così gli spettatori con una nota positiva. 4.5 Ni nabian jidian Questa pellicola trae ispirazione dal recente lutto per la morte del padre del regista e del padre del suo attore feticcio Lee Kang-sheng, andatosene poco prima delle riprese del film precedente (Neri, 2004). Si tratta, infatti, di un film sul cordoglio ma ancor più sull eredità 70

71 dei padri e dei maestri, visti come padri spirituali. Anche dopo la loro scomparsa, essi rimangono come presenze fantasma, insinuandosi nelle vite dei vivi. Per molti aspetti la storia sembra ripartire da dove si era interrotto Heliu, riportando sulla scena la stessa famiglia. Ni nabian jidian si apre con il padre del protagonista, incastrato tra due stanze comunicanti, incorniciato tra le loro porte come da migliore tradizione del cinema taiwanese (così aveva ripreso Hou Hsiao-hsien suo padre in Tong nian wan shi). Nella scena successiva, senza nessuna spiegazione, lo spettatore assiste alla cerimonia di deposizione dell urna funeraria in un cimitero L immagine del volto del padre torna in continuazione all interno del film, la sua foto, infatti, viene tenuta in casa accanto al santino di un altro padre, Chiang Kai-shek, il defunto Presidente della Repubblica di Cina, il cui viso sorridente è ritratto all interno di un piccolo piattino souvenir. Due genitori ingombranti che lasciano delle eredità pesanti che rendono difficile l indipendenza dal padre-padrone (Ceresa, 2009: 291). Xiao Kang vende orologi a un banchetto che allestisce sul passaggio pedonale sopraelevato affacciato su un cantiere ridosso alla stazione e sempre affollato di gente in transito 14. Una mattina gli fa visita una ragazza che sta per partire per la Francia, in cerca di un orologio con il doppio quadrante che possa indicare entrambi i fusi orari. L unico che corrisponde a tale caratteristica è quello che Xiao Kang porta al polso. La ragazza cerca di convincerlo a venderglielo, ma lui è titubante perché essendoci stato da poco un lutto in famiglia porterebbe male darlo a uno sconosciuto. Dopo molta insistenza, è infatti costretta prima a chiamarlo al telefono per rassicurarlo che lei non crede in questo tipo di superstizione essendo cristiana, poi a tornare a fargli visita sulla sopraelevata pedonale; alla fine riesce a far acconsentire Xiao Kang a cederle il suo orologio. Arrivata a Parigi, la ragazza si aggira per la città senza apparente meta. Xiao Kang, invece, viene colto da un improvvisa ossessione per la ragazza e comincia una sorta di personale percorso di riavvicinamento. Per prima cosa regola sull ora di Parigi tutti gli orologi del suo commercio ambulante e tutti quelli che gli capitano sotto mano (correndo avventure sempre più spericolate e divertenti, a un certo punto tenterà di cambiare anche quello che si trova sulla facciata di un grande magazzino), poi va a comprare dei film ambientati nella capitale francese e si rinchiude in casa a guardare, la videocassetta de Les quatre cents coups (I quattrocento colpi, François Truffaut, 1959) stringendo a sé un cuscino e bevendo vino francese. 14 È questo il ponte che verrà di lì a poco demolito e al quale Tsai si ispira per il cortometraggio che gira subito dopo Ni nabian jidian di cui si parlerà in seguito. 71

72 Nella scena successiva, lo spettatore, dunque, viene convinto che questi avvenimenti stiano accadendo sincronicamente, la ragazza, nel giardino di un cimitero, incontra l attore de I quattrocento colpi, Jean-Pierre Léaud. Questo, seduto sulla sua stessa panchina, le viene incontro con un inaspettato aiuto: dal momento che lei è indaffarata a cercare un numero di telefono perso nella borsa, lui semplicemente scrive il suo numero su foglio di carta e glielo porge. La madre di Xiao Kang nel frattempo si è convinta che il fantasma del marito abiti ancora nella loro casa (uno dei segni che più la inquieta è il fatto che l orologio segni improvvisamente un ora sbagliata, anche se probabilmente è stato il figlio a spostarlo sul fuso francese) e fa di tutto per regolare i suoi ritmi a quelli del defunto: cucina a tarda notte, copre le finestre con dei pesanti tendaggi per non far entrare la luce che potrebbe disturbare il fantasma e riempie di piccoli bocconcini prelibati la ciotola del marito rimasta sul tavolo. È evidente come il concetto di tempo in questo film sia la chiave portante delle storie che si intrecciano: la madre che vive secondo i tempi dei morti, la ragazza che perde il suo tempo a Parigi (l episodio più significativo è quello del suo incontro con una donna hongkonghese con cui passa la notte e con cui tenta un timido approccio erotico che finisce per tramutarsi in una situazione imbarazzante dalla quale fugge all alba), e Xiao Kang che, ancora più letteralmente, si fa rubare il tempo quando, dopo aver avuto un rapporto con una prostituta, questa si porta via di nascosto la sua valigia con tutti gli orologi del suo commercio ambulante. Ancora in un rapporto di sincronicità, mentre la madre si masturba pensando al marito di cui tiene sempre vicino a sé la foto, Xiao Kang si assopisce nella sua macchina dopo aver fatto sesso con la ladra del tempo. A Parigi intanto la ragazza si addormenta nei giardini delle Tuileries, mentre dei bambini si divertono a buttare la sua valigia in una fontana. Xiao Kang torna a casa e prima di stendersi a letto, guarda a lungo la foto del padre. Questo compare alle Tuileries dove mette in salvo il bagaglio della fanciulla che continua a dormire senza accorgersi di niente. Il film si chiude con l immagine del padre di Xiao Kang che, dopo essersi acceso una sigaretta guardando dritto verso la telecamera, si allontana in direzione della ruota panoramica, gigantesco quadrante d orologio che cammina in senso antiorario. Il film è l elaborazione di un lutto sostenuto dal pensiero che il passato comunque non scompare mai. Il fantasma del padre scompare dal tempo di Taipei per riapparire in quello di Parigi, mentre lo spettro della Nouvelle vague francese compare nel cinema di Tsai 72

73 attraverso gli spezzoni de I quattrocento colpi e con la presenza di Jean-Pierre Léaud, sviluppando tra i due un interessantissimo dialogo fatto di prestiti stilistici e tematici che riesce a mantenersi sempre molto personale senza mai essere plagio (Neri, 2004). Si tratta anche di un film sull incomunicabilità, altro tema importante per il regista: Xiao Kang e la ragazza sono chiaramente interessati l uno all altra, ma si incontrano brevemente per due volte senza riuscire a comunicarselo; quando poi a Parigi lei si ritrova a letto con la donna hongkonghese incontrata in un caffè, quest ultima non ricambia le sue attenzioni e si gira piuttosto dall altro lato, lasciandola nella sua solitudine. È in quel letto che perderà il suo orologio dal doppio quadrante acquistato a Taipei. Anche la madre di Xiao Kang, che continua a preparare i pasti per il marito assente, si ritrova a vivere in un altra solitudine. La Parigi che porta sullo schermo Tsai Ming-liang non è diversa dalla Taipei che ha mostrato nella sua intera filmografia: un territorio di transito dominato da scale, ascensori, stanze d albergo, stazioni della metropolitana; uno spazio dove vivono persone all eterna ricerca d amore ma incapaci di comunicare. La vera differenza sta nel fatto che Parigi è percepita come città immutabile, perché fissata all interno delle immagini cinematografiche di un epoca passata, mentre Taipei muta costantemente, tanto che la sua architettura diventa il fantasma di se stessa, come il ponte sul quale Xiao Kang vendeva orologi e che scompare o la sala cinematografica dove passa i suoi pomeriggi che è in via di demolizione in un film successivo di Tsai (Ceresa, 2009). 4.6 Tianqiao bu jian le Questo cortometraggio del 2002 dal titolo Tian qiao bu jian le (The skywalk is gone/ il cavalcavia è scomparso, Tsai Ming-liang, 2002) è l immaginario anello di congiunzione tra Ni nabian jidian e il film girato nel 2005, Tianbian yi duo yun. L azione si svolge nel periodo successivo a un evento che non è stato visto: il ponte vicino alla stazione dove Xiao Kang vendeva i suoi orologi è stato demolito, non esiste più. Per i primi due minuti la ragazza che si presume sia da poco tornata da Parigi, guarda incredula le pubblicità di un megaschermo posizionato sulla facciata di un centro commerciale della zona. Frastornata dal caos che la circonda, cerca momentaneo riparo sul marciapiede, guardandosi intorno in cerca di un punto di riferimento che le sia noto, ma il 73

74 ponte che sta cercando è scomparso. L immagine della sua silhouette si riflette sulle vetrine e sui vetri dell enorme grattacielo sotto il quale si sta riparando, sfaccettando anche spicchi della strada in mille frazioni con una carrellata che richiama alla mente la frammentazione dello spazio urbano di Edward Yang in Qing mei zhu ma e Yi yi. Con aria sperduta, la ragazza cerca un modo per attraversare la strada trafficata e decide di seguire una signora che si getta tra le macchine, trascinandosi dietro anche una grossa valigia, per arrivare dall altro lato, dove vengono subito fermate da un poliziotto. Questo intima a entrambe di mostrargli le carte d identità perché, avendo violato le regole del traffico, sono punibili con una multa. La signora più anziana si lamenta che lei era ben disposta a prendere il ponte, ma dal momento che questo non esiste più, è stata costretta ad attraversare in quel modo la strada. La ragazza, con aria sempre più smarrita, gli chiede che fine abbia fatto il passaggio pedonale sopraelevato e il ragazzo che vendeva orologi lì sopra, ma il poliziotto ignora la sua seconda domanda rispondendole solo che ora esiste un sottopassaggio per attraversare. Sistemata la questione, la ragazza si siede a un bar la cui vetrina si affaccia dall alto nello stesso punto dove il ponte non c è più e guarda a lungo qualcosa che non si può più vedere. Nel locale è costretta a ordinare il suo pasto senza bevande perché, cosa straordinaria in un film di Tsai, la città è affetta da una scarsità d acqua. Tornata nella strada affollata, dove si sente l incessante suono di allarme di una sveglia, si ritrova all improvviso sulle stesse scale mobili che apparivano nella prima sequenza de Heliu, un luogo facilmente riconoscibile per lo spettatore anche perché vengono riprese dalla stessa prospettiva dal basso verso l alto. Fig. 1 Heliu Fig.2 Tianqiao bu jian le Xiao Kang nel frattempo viene ripreso mentre fuma in un bagno pubblico, dove sperimenta anche lui la mancanza d acqua, non trovando lavandini funzionanti per lavarsi le mani. Quando ne esce, sale delle scale da cui in proprio in quel momento sta scendendo la ragazza 74

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