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Autori: Sabrina Iommi - IRPET (Capitolo 1) Gabi Dei Ottati - Dipartimento di Scienze per l economia e l impresa, Università degli Studi di Firenze (Capitolo 2) Ivana Acocella e Cecilia Manzo - Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Università degli Studi di Firenze (Paragrafo 2.6) Yili Zhang - Business School dell Università di Wenzhou (Capitolo 3) Stefano Rosignoli - IRPET e Paola Biasi - Dipartimento di Scienze per l Economia e l Impresa, Università degli Studi di Firenze (Capitolo 4) Coordinamento: Stefano Casini Benvenuti - Direttore IRPET Sonia Soldani - Direttore Area sviluppo economico e valorizzazione dei servizi della Provincia di Prato Cristina Corezzi - Funzionario Settore Sviluppo economico della Provincia di Prato Allestimento editoriale: Elena Zangheri - IRPET Si ringraziano in particolare per i dati e la collaborazione fornita: Camera di Commercio di Prato Corpo della Polizia Municipale di Prato Publiacqua S.p.a. Immagine di copertina: Fotografia di Cristina Corezzi (Provincia di Prato) ed elaborazione grafica di Grazia Cadeddu (IRPET) Rapporto realizzato con il contributo economico della Provincia di Prato - Osservatorio sul sistema economico distrettuale e dell Osservatorio economico provinciale. ISBN 978-88-6517-065-6 IRPET, Firenze - 2015

Indice Presentazione 5 1. INTRODUZIONE: la necessità dell integrazione socioeconomica 7 1.1 Obiettivi del lavoro 7 1.2 L evoluzione dei fattori competitivi 8 1.3 Indizi di integrazione 11 1.4 Reti locali e reti internazionali 17 2. la recente evoluzione delle imprese cinesi di prato: diversificazione e relazioni transnazionali e miste 21 2.1 Introduzione 21 2.2 La ricerca empirica 22 2.3 La recente evoluzione delle imprese cinesi a Prato 23 2.4 Cause e conseguenze dell evoluzione imprenditoriale rilevata 31 2.5 Verso l integrazione? 33 2.6 Il focus group con imprenditori cinesi di Prato 37 3. L EVOLUZIONE DELLE RETI SOCIALI ED ECONOMICHE NEI CLUSTER DI IMPRESE: UN CONFRONTO TRA IL CLUSTER DELL ABBIGLIAMENTO DI PRATO E QUELLO DI WENZHOU 43 3.1 Introduzione 43 3.2 I cluster dell abbigliamento di Prato e di Wenzhou 44 3.3 L evoluzione dei cluster dell abbigliamento di Prato e di Wenzhou 49 3.4 I motivi dell evoluzione delle reti dei cluster dell abbigliamento di Prato e di Wenzhou 56 3.5 I problemi derivanti dall evoluzione del cluster del pronto moda di Prato 67 3.6 L evoluzione del cluster dell abbigliamento di Wenzhou: esperienze e lezioni apprese 70 3.7 Azioni e proposte per l ottimizzazione della rete del cluster dell abbigliamento di Prato 71 4. LA DESCRIZIONE DEL SISTEMA ECONOMICO PRATESE DISTINTO PER ETNIE ATTRAVERSO LE MATRICI DI CONTABILITà 75 4.1 Introduzione 75 4.2 Cosa sono le SAM 76 4.3 Descrizione di un sistema economico attraverso le SAM 76 4.4 Analisi del sistema economico e del contributo della comunità cinese attraverso i conti provinciali estratti dalla SAM 80 4.5 Dalla matrice al modello di impatto economico 86 4.6 Valutazione economica delle politiche provinciali 90 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 171 3

Presentazione Guardare dentro al fenomeno dell imprenditoria cinese per valutarne, con numeri reali, la dimensione economica e il sistema di relazioni con il distretto pratese da una parte e con il contesto di origine dall altra. È questa la mission della seconda ricerca di IRPET e dell Osservatorio economico della Provincia che per il report 2015 concentra l attenzione, partendo dal ruolo economico della comunità cinese, sul sistema di produzione e sulle complesse relazioni che legano le comunità. Già la ricerca del 2014 aveva messo in evidenza, analizzando quasi cinquemila aziende cinesi presenti nel distretto, i numeri della produzione e il valore aggiunto che rappresentano. Oggi il report ci dice che il contributo al PIL provinciale dato dalla comunità cinese ammonta a 705 milioni di euro, cioè l 11% del totale, mentre gli investimenti valgono l 8%, e che i consumi delle famiglie cinesi raggiungono i 172 milioni di euro, il 5% del totale. Non sono numeri trascurabili, non rappresentano né un mondo parallelo, né un anomalia da trattare con diffidenza. Il peso economico della comunità cinese sul contesto locale è di tutto rilievo e il contributo in termini economici è ben superiore a quello in termini demografici (9% dei residenti), spiega la ricerca. Da qui dobbiamo partire e dal quadro di elementi critici e potenzialità che lo studio stesso descrive, cogliendo l importanza di un momento storico fondamentale per il distretto pratese, chiamato a realizzare un nuovo equilibrio tra cooperazione e concorrenza, indispensabile allo sviluppo futuro dell area. I segnali ci sono: il miglioramento qualitativo dei prodotti è oggi un obiettivo anche fra gli imprenditori cinesi e i legami sempre più forti con il distretto di Wenzhou rappresentano una prospettiva da non sottovalutare per tutto il sistema economico pratese. Si tratta di trasformare segnali e singole esperienze in un progetto d area, dove l integrazione economica possa fare da leva anche a quella sociale e dove tutti siano convinti dell importanza di partecipare. Matteo Biffoni Presidente della Provincia di Prato 5

1. Introduzione: la necessità dell integrazione socioeconomica 1.1 Obiettivi del lavoro Il presente lavoro mira ad approfondire la conoscenza del contributo economico e delle modalità di funzionamento dell imprenditoria cinese nella provincia di Prato. Esso si pone in continuità con il precedente studio promosso dall amministrazione provinciale (IRPET, Provincia di Prato e ASEL, 2014) e ne condivide l obiettivo di fondo: approfondire la conoscenza dei fenomeni socioeconomici al fine di coglierne le tendenze, i rischi e le opportunità e ricavarne, di conseguenza, indicazioni per l orientamento delle politiche pubbliche. Se la finalità principale del lavoro precedente era di stimare la dimensione economica effettiva connessa alla presenza della comunità cinese, in questo caso l attenzione si sposta sul sistema delle relazioni che caratterizza l imprenditoria cinese, nelle due componenti dei legami con il contesto locale e di quelli con il contesto di origine. Si tratta di due ambiti di relazione, quello locale e quello internazionale, che hanno svolto un ruolo di estremo rilievo per lo sviluppo storico dei distretti, il cui successo, com è ormai assodato, è in gran parte dovuto ai vantaggi competitivi derivanti, da un lato, dal fatto di poter contare su reti fiduciarie locali tra gli operatori economici in grado di abbattere i costi di transazione, consentire la divisione del lavoro, mantenendo tuttavia un livello adeguato di coordinamento e, dall altro, sul collegamento con i mercati di sbocco internazionali, per assicurare uno stock di domanda sufficiente. Cambiamenti strutturali quali l aumento della concorrenza dovuto alla globalizzazione dei mercati, l arrivo di nuova popolazione connesso allo sviluppo di grandi flussi migratori intercontinentali, ma anche alcuni cambiamenti istituzionali come l adesione alla moneta unica europea, che di fatto ha chiuso la possibilità di svalutazioni competitive, hanno tuttavia messo in crisi entrambi gli ambiti di relazione, avviando un periodo ormai più che ventennale di crisi e incertezza. Come giustamente sottolinea Dei Ottati, inoltre, il ruolo dei legami internazionali ha subito un cambiamento importante: mentre nello sviluppo degli anni 60 essi riguardavano solo la fase di esportazione dei prodotti finiti, adesso essi interessano anche la fornitura di manodopera, semilavorati e know-how, perché la comunità cinese che vive e produce nel distretto pratese mantiene intensi legami con il paese di origine. I numerosi studi esistenti sul distretto pratese, a buon diritto ritenuto l emblema stesso del distretto industriale, hanno proposto interpretazioni spesso opposte sul ruolo avuto dall insediamento della comunità cinese: per i pessimisti, essa ha prolungato l agonia di settori industriali ormai maturi e di modalità organizzative non più sostenibili, impedendo di fatto l ammodernamento del distretto; per gli ottimisti ha portato nuove risorse umane ad un modello produttivo tuttora vitale, che però non risponde più alle aspirazioni economiche e sociali della popolazione autoctona. Fra queste due opinioni agli antipodi, se ne colloca una intermedia, più articolata, che guarda all interazione complessa tra vecchi e nuovi residenti, tra vecchie 7

e nuove modalità produttive e vi trova un intreccio di opportunità e di rischi. (Dei Ottati, 2014; Barberis, 2011). 1.2 L evoluzione dei fattori competitivi Una letteratura corposa riconosce i principali fattori competitivi dei distretti di piccola e media impresa nei seguenti: 1. le economie di agglomerazione legate alla concentrazione territoriale e settoriale, che consentono di ricreare, fuori dalla singola impresa, i vantaggi connessi alla dimensione della produzione in merito a varietà e specializzazione del mercato del lavoro (figure specializzate attinenti alle diverse fasi della filiera, quali progettazione, tessuto, confezione, commercializzazione), all offerta di infrastrutture pubbliche dedicate (infrastrutture di trasporto, aree industriali, depuratori) e di servizi specializzati (scuole professionali, costruzione e riparazione di macchinari, fiere, software); 2. la sedimentazione nella comunità locale di un patrimonio professionale, costituito da know-how ed esperienze produttive e commerciali, che contribuisce a creare un atmosfera industriale in grado di facilitare lo sviluppo locale futuro; 3. la presenza di un capitale sociale denso, fatto di relazioni fiduciarie e condivisione di valori culturali simili, nati e consolidati dalla frequentazione quotidiana dello stesso contesto, che riducono i costi di coordinamento delle attività produttive. Si tratta di fattori che hanno subito molte trasformazioni e la cui importanza relativa è cambiata e dai quali, dunque, ci possiamo aspettare ricadute sul grado di tenuta dell economia distrettuale. Iniziamo con la concentrazione territoriale e settoriale. Il territorio della provincia di Prato e il suo capoluogo in particolare mantengono livelli di presenza delle attività produttive molto elevati: gli addetti totali per 1.000 abitanti sono a livelli paragonabili a quelli di Firenze e dell area fiorentina, vale a dire i più alti a scala regionale, mentre la presenza manifatturiera in generale, e nei settori del sistema moda in particolare, è molto più elevata (Tab. 1.1). Tabella 1.1 ADDETTI PER KMQ E PER 1.000 ABITANTI NELLE AREE PRATESE E FIORENTINA. 2011 Addetti totali Addetti per Kmq Addetti manifatturieri Addetti al sistema moda Addetti totali Addetti per 1.000 abitanti Addetti manifatturieri Addetti al sistema moda* PROVINCIA Prato 286 99 81 426 147 120 Firenze 120 25 9 433 90 31 SLL** Prato 274 95 77 411 143 115 Firenze 257 46 15 467 84 27 COMUNE Prato 846 254 207 444 133 109 Firenze 1.948 176 32 557 50 9 TOSCANA 60 13 4 376 80 26 *Tessile, abbigliamento, pelle. **L acronimo SLL significa Sistema Locale del Lavoro, costituito da un aggregazione di comuni creata sulla base degli spostamenti pendolari. L SSL di Prato è composto dai comuni di Agliana, Montale, Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Prato, Vaiano, Vernio; l SLL di Firenze è composto dai comuni di Bagno a Ripoli, Calenzano, Campi Bisenzio, Fiesole, Firenze, Greve in Chianti, Impruneta, Lastra a Signa, Londa, Pelago, Pontassieve, Rignano sull Arno, Rufina, San Casciano in Val di Pesa, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa, Tavarnelle Val di Pesa, Vaglia. Fonte: elaborazioni su dati Istat, Censimento industria e servizi 8

La peculiarità del sistema pratese va tuttavia letta all interno del trend di lungo periodo di perdita della specializzazione manifatturiera che ha interessato la Toscana: solo fra 2001 e 2011 gli addetti manifatturieri complessivi sono diminuiti di 77mila unità, pari a -21%, mentre quelli relativi al solo sistema moda sono diminuiti di 33mila unità, pari a -26%. Anche nell area pratese la presenza manifatturiera è andata costantemente riducendosi, tuttavia, a causa del vero e proprio tracollo avuto dagli addetti manifatturieri nelle altre parti della regione, Prato ha paradossalmente accresciuto il suo ruolo di cuore manifatturiero toscano. Per avere una misura del fenomeno, si ricorda, ad esempio, che l indice di concentrazione territoriale della manifattura a scala regionale è cresciuto dallo 0,99 del 1991 all 1,13 del 2008 (Iommi, 2012). Allo stesso tempo, però, anche a causa della contiguità con l area metropolitana fiorentina, il sistema produttivo pratese è andato acquisendo caratteri più spiccatamente urbani, leggibili in primo luogo nella progressiva differenziazione settoriale del suo tessuto produttivo e, in secondo luogo, nella marcata tendenza alla terziarizzazione (nel capoluogo fra 2001 e 2011 l indice di concentrazione settoriale si riduce da 0,35 a 0,30; mentre il peso della manifattura passa dal 30% al 24% e quello dei servizi dal 55% al 62%). La complessiva contrazione del sistema moda costituisce pertanto un campanello d allarme importante: essa potrebbe essere fisiologica a una riorganizzazione complessiva del sistema produttivo locale, con spostamento dalle componenti più manifatturiere a quelle più terziarie della filiera, ma anche indice di una progressiva sparizione del settore. Se una dinamica così negativa è certamente in gran parte da imputare al cambiamento delle condizioni del mercato internazionale, a causa della forte concorrenza proveniente dai paesi a basso costo del lavoro 1, è bene ricordare che nel periodo considerato sono venute meno anche molte delle condizioni istituzionali che hanno contribuito a creare quelle esternalità locali favorevoli alla crescita. I ripetuti provvedimenti di riduzione della spesa pubblica, dovuti alla necessità sempre più stringente di controllo del debito, hanno ridotto notevolmente il ruolo di facilitatori dello sviluppo economico tradizionalmente svolto dalle istituzioni locali (secondo i certificati dei conti consuntivi, la spesa per investimenti dei comuni toscani è diminuita del 65% dai primi anni 2000 a oggi), mentre altri istituti, come le scuole professionali, sono andati in crisi a causa di progressivi disinvestimenti, ma anche di un mancato aggiornamento dell offerta formativa alle esigenze del tessuto produttivo e alla domanda da parte delle famiglie (Sciclone, 2014). Tale evoluzione ha anche fatto venire meno una delle modalità con cui veniva tradizionalmente trasmesso e arricchito il patrimonio professionale locale. Altro fattore che secondo recenti ricerche (Dei Ottati, 2003) ha contribuito alla crescita passata ed è invece andato fortemente indebolendosi, è il patrimonio dei rapporti fiduciari tra gli operatori dei distretti, in particolare fra committenti e terzisti, messo a dura prova dall inasprirsi della concorrenza locale e internazionale sul costo del lavoro. Alcuni fattori istituzionali, tuttavia, hanno agito come attrattori di un nuovo tessuto produttivo, spesso anche oltre le intenzioni dei decisori politici: secondo quanto riportato da Zhang in questo volume, l aver adottato una politica ricettiva nei confronti degli immigrati, per rispondere alla scarsità di manodopera di cui ha sofferto il distretto pratese alla fine degli anni 80, ha favorito l insediamento massiccio della comunità cinese, con forme anche 1 Anche in questo caso i fattori istituzionali hanno pesato. Negli anni 2000, la contemporanea introduzione dell euro e la revoca dell accordo multifibre hanno messo in seria difficoltà le produzioni tradizionali, ad alta intensità di lavoro, vendute sui mercati internazionali (Ghezzi, 2014). 9

molto precarie di commistione fra luoghi di lavoro e di residenza, da cui sono poi scaturiti i ben noti problemi di insicurezza e irregolarità. L impressione prevalente, dunque, sia dal punto di vista delle agglomerazioni locali che della trasmissione del know-how per arrivare, infine, al ruolo dei fattori non economici, è che il sistema abbia vissuto un progressivo sfilacciamento che ne mette a serio rischio la tenuta futura. Passando, infine, al tema del capitale sociale, è evidente che anche su questo piano vi siano stati cambiamenti importanti. Tradizionalmente il successo del distretto viene attribuito alla presenza di una certa omogeneità culturale, che implica la condivisione di valori simili: l etica del lavoro, l ideologia della scelta imprenditoriale come via per la mobilità sociale, l accettazione della commistione tra tempi e spazi di vita e di lavoro, il ruolo della collaborazione familiare, la diffusione di saperi operativi e organizzativi. Come è noto, questi caratteri vengono storicamente ricondotti all esperienza dell agricoltura mezzadrile toscana, e considerati dunque un atteggiamento culturale tipico della popolazione autoctona (Becattini, 1975). Prato, tuttavia, è da decenni un luogo di forte immigrazione, e dunque di conseguenza un luogo di incontro di popolazioni e culture diverse. Secondo il rapporto provinciale sull immigrazione del 2013, lo sviluppo del distretto è proprio il prodotto di questa capacità di attrarre nuovi residenti, inizialmente dalle campagne mezzadrili toscane, successivamente dalle regioni meridionali e, a partire dagli anni 90, dai paesi stranieri a forte pressione migratoria. L etica del lavoro è dunque una caratteristica della popolazione autoctona, che ha saputo però diffondersi, almeno in passato, ai nuovi residenti, divenendo essa stessa fonte di integrazione sociale. Se oggi questo meccanismo appare in crisi, ciò sembra doversi attribuire più che alle caratteristiche culturali dei nuovi residenti cinesi che per molti aspetti ricalcano quelle funzionali allo sviluppo del modello italiano di piccola impresa (Barberis, 2011) alle mutate condizioni del contesto. Fra gli anni 50 e 70, infatti, c era un sistema economico e sociale in crescita, in grado di assorbire manodopera e diffondere benessere, sia attraverso la partecipazione al lavoro, sia tramite la redistribuzione fatta per mezzo della spesa pubblica, mentre oggi c è un sistema produttivo in arretramento, che si rapporta con i nuovi residenti con finalità prevalentemente difensive, secondo il modello che è stato definito della delocalizzazione in loco (Ceccagno, 2003), che ha consentito cioè alle imprese italiane di abbattere i costi di produzione tramite l esternalizzazione della fasi più labour intensive della produzione a manodopera meno costosa. In mancanza di un ridisegno complessivo delle filiere produttive, tuttavia, tale operazione rischia però di riuscire solo a posticipare di qualche anno la crisi del distretto. Dalla breve rassegna emerge, dunque, un quadro poco confortante circa lo stato di salute dei fattori competitivi che in passato hanno determinato il successo del modello distrettuale. La concentrazione settoriale e la dimensione stessa delle attività si sono progressivamente ridotte, il ruolo di supporto delle istituzioni locali si è indebolito, le condizioni di lavoro sono peggiorate e con esse la capacità dell etica del lavoro di agire quale fattore di integrazione sociale. In questo quadro pessimistico si possono trovare, però, almeno due aspetti che aprono qualche prospettiva futura: come già dimostrato nel lavoro precedente (IRPET, Provincia di Prato e ASEL, 2014) e ulteriormente approfondito nel presente, la dimensione economica complessiva del sistema pratese è maggiore di 10

quella registrata dalle fonti ufficiali a causa della diffusione di forme di lavoro sommerso e irregolare, in secondo luogo, sono oggi leggibili alcuni segni di integrazione sociale ed economica dei nuovi residenti cinesi che devono essere valorizzati affinché il sistema possa fare quel salto qualitativo necessario alla sua sopravvivenza. Nuove prospettive di crescita, anche innovative rispetto al modello tradizionale, sono poi da ricercare nella maggiore integrazione territoriale e funzionale con l area metropolitana fiorentina, così consentendo l accesso a funzioni di pregio che possono accrescere la competitività del sistema produttivo locale. 1.3 Indizi di integrazione I processi di integrazione tra vecchi e nuovi residenti sono notoriamente fenomeni di lungo periodo e per l Italia l immigrazione dall estero è un fenomeno relativamente recente, sviluppatosi in modo evidente dagli anni 90. Possiamo immaginare, tuttavia, di poter cogliere alcuni primi indizi di integrazione o di mancata integrazione dall osservazione di alcuni comportamenti 2. In particolare, verranno presi in considerazione la composizione per età della popolazione e la sua evoluzione, l accesso ad alcuni servizi pubblici locali, la partecipazione al mercato del lavoro e alle istituzioni. Uno dei primi effetti attesi riguarda la composizione per età della popolazione. Di solito, nei processi migratori è la popolazione in età attiva a muoversi alla ricerca di opportunità occupazionali e, solo una volta che la scelta localizzativa si sia stabilizzata, essa assume comportamenti più simili a quelli della popolazione autoctona e dunque cominciano ad aumentare anche le fasce di età più giovani e, più tardi, quelle più anziane. Ovviamente esistono anche modelli migratori differenziati, per cui le diverse etnie vedono uno squilibrio più o meno pronunciato a favore dei maschi in età attiva nella prima fase della migrazione. L immigrazione cinese sotto questo aspetto mostra un carattere peculiare, avendo una struttura per età meno squilibrata e con una notevole presenza anche di popolazione giovane, nella fascia di età compresa tra 0 e 14 anni. La quota di questo segmento di popolazione nella comunità cinese è, infatti, più che doppia rispetto a quanto accade per il resto dei residenti stranieri, ma anche rispetto alla composizione della popolazione italiana. In linea con quanto accade comunemente alla popolazione immigrata, invece, la quota degli anziani risulta molto contenuta (Tab. 1.2). La comunità cinese presenta dunque una distribuzione per età favorevole all innesco di processi virtuosi di integrazione. In termini dinamici, il confronto tra la struttura per età al 2003 e al 2013 (Graf. 1.3) consente di evidenziare che l immigrazione cinese ha sostanzialmente mantenuto le proprie caratteristiche, con una lievissima riduzione del peso della fascia di età 0-14, che partiva però da un livello molto alto. Per il resto degli stranieri, invece, il peso di questa fascia è lievemente cresciuto. Si noti che, nel decennio considerato, la comunità cinese è più che triplicata, passando da 5mila 2 Si noti che dal 2011 Eurostat ha avviato un progetto di costruzione di una metodologia statistica per la misurazione del grado d integrazione socioeconomica della popolazione migrante. Le dimensioni tematiche proposte sono 4: a) l occupazione (tassi di occupazione, disoccupazione, attività), b) l educazione (livello di scolarità medio, quota di laureati, abbandono scolastico e bassa performance), c) l inclusione sociale (livello di reddito, rischio povertà, stato di salute, titolo di godimento dell abitazione) e d) la cittadinanza attiva (riconoscimento di cittadinanza, permesso di soggiorno lungo, rappresentanti politici eletti). Nel periodo 2011-2013, il Ministero dell Interno in convenzione con Istat ha promosso un progetto di ricerca sui processi di integrazione dei cittadini extra comunitari legalmente soggiornanti in Italia. 11

a 16mila persone, con una dinamica relativamente maggiore rispetto a quella del resto degli stranieri, cresciuti da 7mila a 18mila persone. Fin dall origine, quindi, l immigrazione cinese presenta una struttura per famiglie, con adulti in età lavorativa e bambini, in grado potenzialmente di favorire scelte migratorie di lungo periodo e percorsi di integrazione socioeconomica. Tabella 1.2 COMUNE DI PRATO. POPOLAZIONE PER FASCIA DI ETÀ E NAZIONALITÀ AL 31/12/2013 Italiani Cinesi Altri stranieri Totale Valori assoluti 0-14 19.608 4.222 3.868 27.698 15-64 97.626 11.800 25.462 123.088 65+ 39.965 160 673 40.638 Totale 157.199 16.182 34.225 191.424 Valori percentuali 0-14 12% 26% 11% 14% 15-64 62% 73% 74% 64% 65+ 25% 1% 2% 21% Totale 100% 100% 100% 100% Fonte: elaborazioni su dati Comune di Prato Grafico 1.3 PRATO. EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA PER ETÀ. CINESI (SX) E ALTRI STRANIERI (DX). 2003-2013 80% 80% 60% 60% 40% 40% 20% 20% 0% 0-14 15-64 65+ 0% 0-14 15-64 65+ 2003 2013 Fonte: elaborazioni su dati Comune di Prato La distribuzione dei cinesi residenti per luogo di nascita (Tab. 1.4) consente di evidenziare positivamente un cambiamento che può essere considerato indizio di progressiva integrazione nel tessuto locale: la quota dei nati a Prato cresce, infatti, di 6 punti percentuali, a scapito del segmento dei cinesi nati in altre regioni italiane e poi trasferitisi a Prato, ma non a scapito, invece, di quelli nati nel paese di origine. Tale evoluzione evidenzia che il richiamo esercitato dalle opportunità lavorative offerte dal distretto pratese è ancora molto forte nei confronti della Cina 3, ma non più nei confronti delle altre comunità già insediate in Italia, mentre la comunità insediata localmente rafforza le scelte familiari di 3 Secondo quanto ricavato dalle interviste curate da Dei Ottati in questo volume, a partire dal 2009, anno in cui si sono intensificati i controlli sulle imprese cinesi di Prato e si è manifestata la crisi economica anche nel pronto moda, si sono iniziati a registrare anche movimenti migratori opposti, da Prato di ritorno nel paese di origine. Alcuni imprenditori cinesi hanno inoltre deciso di mandare i figli a studiare direttamente nel paese di origine, probabilmente anche attratti dalle agevolazioni che il governo cinese prevede in tali ambiti per i propri connazionali nel mondo. 12

lungo periodo, connesse ad esempio alle decisioni di fecondità. Tra i minori con cittadinanza cinese nel 2013, la quota a dei nati a Prato raggiunge un livello molto elevato, pari al 78% del totale, mentre per gli altri minori stranieri la quota dei nati a Prato è pari al 62%. Tabella 1.4 PRATO. RESIDENTI CINESI PER LUOGO DI NASCITA. 2005 E 2013 2005 2013 2013 solo pop. 0-17 Nati a Prato 17% 23% 78% Nati in Italia 20% 4% 15% Nati all'estero 63% 73% 8% Totale 100% 100% 100% Fonte: elaborazioni su dati Ufficio Statistica Comune di Prato Il secondo ambito tematico in cui si vanno a cercare delle tracce di integrazione con la comunità autoctona è quello relativo al ricorso ai servizi pubblici locali, specialmente a quelli non obbligatori per legge, ma che rientrano nelle consuetudini della popolazione locale. In particolare, vengono presi in considerazione gli accessi ad alcuni servizi sanitari e le iscrizioni alle scuole di infanzia e alle scuole superiori. Secondo quanto pubblicato dal Rapporto Provinciale sull immigrazione del 2013, la percentuale di donne cinesi che ha effettuato una visita medica di controllo nei primi tre mesi di gravidanza è cresciuta dal 44% del 2006 al 71% del 2011, evidenziando dunque una maggiore conoscenza anche dell offerta dei servizi disponibili. Guardando, invece, alla quota dei bambini iscritti alla scuola d infanzia, emerge complessivamente una bassa propensione della comunità cinese a utilizzare tale servizio rispetto alle altre comunità straniere, con una dinamica tuttavia crescente tra 2006 e 2013 (Tab. 1.5). Tabella 1.5 PRATO. INCIDENZA DEI BAMBINI FREQUENTANTI LA SCUOLA DI INFANZIA SUL TOTALE DELLA FASCIA DI ETà di ciascuna etnia. 2006 e 2013 2006 2013 Cinesi 38% 46% Altri stranieri 80% 82% Fonte: stime su dati Comune di Prato Passando, infine, alla scuola secondaria di II grado, che è parzialmente esclusa dall obbligo scolastico (attualmente esteso fino al 16 anno di età), il tasso di frequenza dei ragazzi cinesi si approssima al 65% della popolazione nella fascia di età di riferimento e ha subito un lieve calo tra 2006 e 2013. Di contro, la propensione degli altri stranieri ha avuto una forte impennata nel medesimo periodo (Tab. 1.6). La spiegazione di tale differenziale potrebbe essere riconducibile alla possibilità di entrare precocemente nel mondo del lavoro che per la componente cinese dell immigrazione, più che per le altre, spiazzerebbe gli investimenti in istruzione. La forte incidenza dell autoimprenditorialità e la gestione familiare delle attività produttive potrebbe spiegare perché l effetto spiazzamento tra lavoro e istruzione sia più forte per la comunità cinese piuttosto che per gli altri stranieri. Un altra parte della spiegazione potrebbe stare nel fatto, già accennato in precedenza, che alcuni imprenditori mandano i figli a studiare o nel paese di 13

origine o in contesti caratterizzati da maggiore apertura internazionale, in Italia e nel resto del mondo. Tabella 1.6 INCIDENZA DEI FREQUENTANTI LA SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO SUL TOTALE DELLA FASCIA DI ETà DI CIASCUNA ETNIA. 2006 E 2013 2006 2013 Cinesi 66% 63% Altri stranieri 43% 79% Fonte: stime su dati Provincia di Prato Gli ultimi ambiti in cui si cercano indizi di integrazione sono quelli relativi al mercato del lavoro e alla presenza nelle istituzioni locali. I dati relativi alle dinamiche del mercato del lavoro confermano l elevata partecipazione della componente cinese, sia nella parte di lavoro dipendente, che in quella imprenditoriale. Per la prima parte si fa riferimento alle comunicazioni obbligatorie sui rapporti di lavoro (Tab. 1.7). I dati confermano la forte incidenza delle attivazioni di rapporti di lavoro per la popolazione cinese: gli avviamenti di cittadini cinesi rappresentavano il 15% del totale nel 2006 e sono arrivati al 26% nel 2012, ma soprattutto gli avviamenti per 100 residenti in età attiva sono passati da 68 a 95, contro valori molto più bassi per gli altri stranieri e per gli italiani. In parte, tale fenomeno potrebbe essere dovuto anche al particolare settore di attività, caratterizzato da picchi stagionali di produzione o a specificità della comunità cinese, caratterizzata da forte mobilità della manodopera da un impresa all altra ma anche dalla condizione di dipendente a quella di imprenditore, come pure da dinamiche legate all ottenimento dei permessi di soggiorno (Provincia di Prato e IRES Toscana, 2012). Tabella 1.7 COMUNICAZIONI OBBLIGATORIE AVVIAMENTI E CESSAZIONI DI RAPPORTI DI LAVORO. 2006 E 2012 Avviamenti 2006 Avviamenti 2012 Avviamenti per 100 attivi 2006 Avviamenti per 100 attivi 2012 Italiani 29.914 27.941 18% 17% Cinesi 5.510 12.492 68% 95% Altri stranieri 5.773 6.826 49% 41% Totale 35.687 47.259 19% 25% Fonte: stime su dati Provincia di Prato Ciò che caratterizza di più l immigrazione cinese, tuttavia, è la forte propensione all imprenditorialità e soprattutto all autoimprenditorialità: al giugno 2014 le imprese gestire da cittadini cinesi rappresentano il 17% del totale delle registrate nella provincia di Prato (Graf. 1.8), per un valore di 39 imprese ogni 100 cittadini cinesi in età attiva; le ditte individuali costituiscono l 88% del totale delle attive. Anche il tasso di natalità imprenditoriale si mantiene elevato, pur risentendo della fase di crisi economica: nel confronto fra 2002 e 2012, infatti, il turnover netto delle imprese 4 tende a ridursi in tutti i settori, fatta eccezione per il tessile, che viene indicato da molti osservatori come il nuovo comparto di espansione dell imprenditoria cinese, dopo quello ormai saturo delle confezioni (Tab. 1.9). 4 Il turnover delle imprese è la somma delle nate e delle morte nell anno diviso il numero delle imprese esistenti. 14

Grafico 1.8 INCIDENZA % IMPRESE GESTITE DA STRANIERI SU TOTALE REGISTRATE 2008 12,7 8,1 2009 14,2 8,4 2010 2011 2012 2013 2014 (giugno) 15,3 15,0 15,8 16,3 17,0 8,8 8,8 9,5 9,8 10,0 0 5 10 15 20 25 30 Cinesi Altri stranieri Fonte: CCIAA Prato, Rapporto sull imprenditoria straniera 2013/2014 Tabella 1.9 CARATTERISTICHE DELLE IMPRESE GESTITE DA CITTADINI CINESI. 2002 E 2012 Tasso di natalità 2002 Tasso di natalità 2012 Turnover netto 2002 Turnover netto 2012 D- Attività manifatturiere 29% 25% 7% 2% Di cui Tessile 21% 33% -6% 9% Di cui Confezioni 29% 23% 7% 1% Di cui Pelletteria 33% 34% 22% 11% G - Commercio 44% 27% 19% 7% H - Alberghi e ristoranti 21% 18% 14% 8% TOTALE 31% 25% 9% 3% Fonte: elaborazioni su dati Provincia di Prato Per la prospettiva di analisi che interessa questo rapporto, e cioè la messa in evidenza di percorsi di integrazione socioeconomica, è interessante, però, guardare soprattutto alla composizione settoriale delle imprese, con l idea che laddove si ravvisi una tendenza alla diversificazione, essa possa essere letta come un indizio di progressivo inserimento nel tessuto produttivo locale. In questo senso, il confronto nel decennio 2002-2012 fornisce dati confortanti: l imprenditoria cinese, mantenendosi su livelli elevati, si sta progressivamente aprendo a processi di diversificazione settoriale, sia all interno del comparto manifatturiero (con la riduzione di peso delle confezioni e l aumento del tessile), sia soprattutto con una progressiva terziarizzazione: la manifattura infatti, diminuisce il suo peso complessivo a vantaggio delle attività connesse soprattutto al commercio (in particolare quello all ingrosso) e alla ristorazione (Graf. 1.10). Tale evoluzione trova riscontro anche nelle interviste curate da Dei Ottati per questo volume. 15

Grafico 1.10 COMPOSIZIONE SETTORIALE DELLE IMPRESE GESTITE DA CITTADINI CINESI. 2002 E 2012 100% 2% 3% 90% 80% 10% 2% 15% 2% 70% H -Ristorazione 60% G -Commercio 50% 40% 30% Manifattura 84% 78% Manifattura 76% 66% D -Pelletteria D -Confezioni D - Tessile 20% 10% 0% 3% 5% 2002 2012 Fonte: elaborazioni su dati Camera di Commercio di Prato Un ultimo indizio di integrazione può essere tratto dalla cronaca politica locale. All ultima tornata di elezioni amministrative del 2014 tre cittadini italo-cinesi si sono candidati alla carica di consigliere comunale, rispettivamente nei comuni di Prato, Campi Bisenzio e nel limitrofo Sesto Fiorentino, dei quali uno è poi risultato eletto (nel comune di Campi Bisenzio), diventando il primo cittadino di origine cinese a ricoprire una carica elettiva in Italia. Questa breve carrellata su alcuni aspetti caratteristici dell immigrazione cinese a Prato conferma l immagine di una comunità molto numerosa e molto attiva, che dà un contributo importante all economia locale, sia grazie alla sua struttura per età, decisamente spostata verso le componenti più giovani e attive, sia grazie al forte orientamento al lavoro, vuoi in forma dipendente che imprenditoriale. I dati analizzati hanno consentito di evidenziare alcuni deboli segnali di progressiva integrazione con la comunità autoctona, a partire dal peso crescente delle seconde generazioni, di nazionalità cinese ma nate e cresciute nel territorio pratese e quindi con aspettative più simili a quelle degli autoctoni. In secondo luogo, si è evidenziato un crescente ricorso ad alcuni servizi pubblici locali, che può essere letto come una timida ma progressiva apertura di una comunità che tende a essere molto autoreferenziale. In terzo luogo, infine, è emersa una progressiva diversificazione delle attività produttive, leggibile come progressivo avvicinamento ai comportamenti autoctoni e primo indizio della formazione di una classe media terziaria, anche se i settori di espansione sono comunque caratterizzati da forte intensità di lavoro a basso costo (commercio, ristorazione). Interessante, infine, la volontà di partecipazione alla vita pubblica, che si può leggere attraverso lo sviluppo dell associazionismo imprenditoriale 5, ma 5 Il 4 novembre scorso Confartigianato Prato e Associna hanno firmato un accordo di collaborazione per avvicinare l imprenditoria italiana e quella cinese. L associazione di categoria al momento conta circa una ventina di iscritti cinesi, ma a seguito dell accordo stipulato con Associna sono già una trentina gli artigiani ed imprenditori cinesi che si sono dimostrati interessati ad iscriversi a Confartigianato. Secondo la stampa, inoltre, sono stimate in circa 200 le imprese cinesi che si sono rivolte alle associazioni di categoria (Cna, Confartigianato, Unione industriale, Confesercenti e Unione commercianti) perché interessate a sottoscrivere il patto di fiducia con le istituzioni, nato dal progetto lavoro sicuro promosso da Regione Toscana a seguito dell incendio dell azienda di confezioni in cui sono morti 7 operai cinesi. 16

anche attraverso la volontà di partecipare al governo locale. Questa breve carrellata su alcuni aspetti caratteristici dell immigrazione cinese a Prato conferma l immagine di una comunità molto numerosa e molto attiva, che dà un contributo importante all economia locale, sia grazie alla sua struttura per età, decisamente spostata verso le componenti più giovani e attive, sia grazie al forte orientamento al lavoro, vuoi in forma dipendente che imprenditoriale. I dati analizzati hanno consentito di evidenziare alcuni deboli segnali di progressiva integrazione con la comunità autoctona, a partire dal peso crescente delle seconde generazioni, di nazionalità cinese, ma nate e cresciute nel territorio pratese e quindi con aspettative più simili a quelle degli autoctoni. In secondo luogo, si è evidenziato un crescente ricorso ad alcuni servizi pubblici locali, che può essere letto come una timida, ma progressiva apertura di una comunità che tende a essere molto autoreferenziale. In terzo luogo, infine, è emersa una progressiva diversificazione delle attività produttive, leggibile come progressivo avvicinamento ai comportamenti autoctoni e primo indizio della formazione di una classe media terziaria, anche se i settori di espansione sono comunque caratterizzati da forte intensità di lavoro a basso costo (commercio, ristorazione). Interessante, infine, la volontà di partecipazione alla vita pubblica, che si può leggere attraverso lo sviluppo dell associazionismo imprenditoriale, ma anche attraverso la volontà di partecipare al governo locale. 1.4 Reti locali e reti internazionali Come già detto in apertura, l argomento di indagine del presente volume è rappresentato dalle relazioni economiche e sociali intrecciate dalla comunità cinese, sia a livello locale che con il paese di origine. Il primo contributo del volume, curato da Gabi Dei Ottati, approfondisce la conoscenza sull organizzazione interna ed esterna delle imprese cinesi di Prato tramite la realizzazione di interviste ad un gruppo di imprenditori, operanti prevalentemente ma non esclusivamente nel pronto-moda. I risultati delle interviste sono poi stati discussi in un focus group cui hanno partecipato giovani imprenditori cinesi di seconda generazione. Le informazioni così raccolte confermano i percorsi di origine dell imprenditoria cinese (ingresso nelle attività del distretto tramite laboratori di cucitura per i committenti italiani, inizialmente nel comparto della maglieria, con passaggio successivo al ruolo di produttori di abbigliamento pronto moda in conto proprio, in grado di curare le fasi produttive dal disegno dei modelli alla distribuzione dei prodotti finiti a grossisti e dettaglianti), ma soprattutto evidenziano alcune interessanti tendenze contemporanee, da cui potrebbe dipendere la tenuta futura del distretto. In particolare emerge una tendenza alla diversificazione settoriale delle attività e al miglioramento qualitativo dei prodotti, da cui probabilmente potrebbe discendere un allentamento della concorrenza basata esclusivamente sulla compressione del costo del lavoro. Di pari passo sembrano intensificarsi i legami professionali e gli scambi di competenze con la comunità autoctona: le imprese cinesi cercano lavoratori italiani per le fasi più pregiate della produzione, che richiedono competenze tecniche specifiche o si rivolgono a fornitori italiani per alcune lavorazioni più specialistiche e anche questa tendenza sembra potersi leggere in positivo come indizio di maggiore integrazione reciproca. Infine, e questo rappresenta un elemento del tutto nuovo per la storia del distretto pratese tradizionale, crescono i legami fra i cinesi di Prato e quelli di Wenzhou, che si sono evoluti dai legami familiari e di conoscenza iniziali a vere e proprie reti di affari internazionali, attraverso cui passano 17

importazioni e esportazioni di semilavorati e prodotti finiti, investimenti diretti all estero, catene produttive multilocalizzate. La dimensione notevole raggiunta da tali legami fa sì che in letteratura si parli sempre più spesso dell esistenza di un sistema di subfornitura internazionale, in cui si importano semilavorati dalla Cina, si completano le lavorazioni a Prato e si esporta in tutta Europa, in altri paesi sviluppati e in misura crescente anche verso la Cina. Proprio questo gruppo di relazioni internazionali molto intense potrebbe aprire nuovi interessanti prospettive di sviluppo per il distretto pratese. Nel secondo contributo, curato da Yili Zhang, l evoluzione della presenza cinese a Prato viene analizzata con un cambio di prospettiva, focalizzando cioè l attenzione sulla dinamica di sviluppo sperimentata dal cluster dell industria dell abbigliamento a Wenzhou e sui riflessi che questo ha avuto sullo sviluppo del pronto moda cinese a Prato. L approccio è interessante perché consente di spiegare meglio alcune dinamiche locali, come l arrivo di un numero estremamente elevato di immigrati cinesi concentrato in pochissimi anni in una città di medie dimensioni come Prato, ma permette anche di comprendere meglio le motivazioni alla base di alcuni comportamenti e suggerisce alcune politiche di promozione dell integrazione tra le due comunità. Il cluster di Wenzhou e quello cinese di Prato sono accomunati da dinamiche evolutive simili: entrambi fortemente specializzati nell industria dell abbigliamento, stanno tentando il passaggio dal vantaggio competitivo legato unicamente alla compressione del costo del lavoro e all abbassamento della qualità a quello legato invece alla differenziazione della produzione, alla cura del design e all affermazione di veri e propri brand. I due cluster sono fortemente connessi da relazioni di varia natura, sociali, economiche e commerciali. Assumendo l ottica della comunità cinese, gli immigrati che si sono localizzati a Prato hanno costruito una seconda Wenzhou nel centro d Europa, affiancando all industria tessile tradizionale, in forte crisi alla fine degli anni 80 a causa dell inasprimento della concorrenza internazionale e della carenza di manodopera locale, la nuova industria del pronto-moda. Inizialmente, le reti familiari, sociali e di vicinato hanno consentito il veloce passaggio di informazioni sulle opportunità di business, ma anche sulla regolarizzazione delle migrazioni, nonché sulla fornitura di risorse finanziarie e di semilavorati necessari alla produzione. Si spiega in questo modo la convergenza su Prato di flussi migratori provenienti dalla Cina, ma anche di altri wenzhuoesi, già localizzatisi in altri paesi europei (Francia, in primo luogo), in altre regioni italiane e nella vicina città di Firenze. Una volta insediato il primo nucleo di attività, il cluster è andato poi autoalimentandosi, ampliando la gamma delle attività svolte, sia nel settore del pronto-moda, sia nell ambito delle attività più generali necessarie alla vita di una comunità (commercio, ristoranti, attività culturali, ecc.). Per quanto riguarda i rapporti tra le due comunità, cinese e italiana, se nel periodo iniziale hanno prevalso legami di convenienza reciproca (i nuovi immigrati rispondevano al bisogno di manodopera dell industria locale), successivamente le due comunità hanno teso a svilupparsi in maniera sempre più separata, portando dal 2009 alla esplicitazione di un vero e proprio rapporto conflittuale, sfociato in una forte intensificazione dei controlli sulle imprese cinesi. Dal 2011, con l arrivo della recessione anche nel settore del pronto-moda, la conflittualità è cresciuta anche all interno della comunità cinese, con un intensificarsi della concorrenza. Alla luce delle dinamiche descritte, Zhang conclude con una serie di suggerimenti volti da un lato a favorire l integrazione delle due comunità (rigenerazione delle aree industriali, rimodulazione della tassazione, 18

potenziamento degli scambi culturali), dall altro a incanalare l imprenditoria cinese verso un percorso in cui la compressione del costo del lavoro non sia l unico fattore competitivo. Il contributo di Stefano Rosignoli e Paola Blasi, infine, approfondisce, attraverso lo strumento delle matrici di contabilità, la ripartizione per etnia del contributo economico del distretto pratese. La matrice di contabilità sociale stimata dall IRPET per la Provincia di Prato consente di quantificare il contributo che la comunità cinese fornisce all intero sistema economico provinciale, sia nei termini più tradizionali di produzione di beni e servizi e generazione del reddito, sia in termini di domanda aggregata rivolta dalla comunità stessa al sistema locale. L applicazione di un modello input-output alla matrice così stimata consente, inoltre, sia di stimare gli effetti economici diretti e indotti che si propagano attraverso le relazioni intersettoriali tra le imprese e le comunità etniche, sia di studiare l impatto di particolari politiche settoriali o di scenari evolutivi alternativi. Si tratta, dunque, di strumenti analitici che offrono un ampio potenziale conoscitivo. Alcune stime iniziali consentono, ad esempio, di quantificare il contributo al PIL provinciale dato dalla comunità cinese in 705 milioni di euro, pari all 11% del totale, e i consumi delle famiglie cinesi in 172 milioni di euro, pari al 5% del totale dei consumi interni. Gli investimenti fissi lordi attribuibili a imprese e famiglie cinesi, inoltre, rappresentano l 8% del totale (125 milioni di euro). Le esportazioni estere delle imprese cinesi, infine, con un valore pari a 767 milioni di euro, costituiscono il 33% delle esportazioni complessive dalla provincia di Prato. Tale risultato è frutto anche della maggiore propensione all export delle imprese cinesi, motivata vuoi dalla composizione settoriale (le imprese cinesi sono concentrate in settori manifatturieri ad alto coefficiente di export), vuoi dalla loro maggiore apertura internazionale. Le stime consentono anche di caratterizzare con maggiori dettagli tale contributo. Come era logico attendersi, i settori produttivi in cui maggiore è il contributo della comunità cinese sono, in ordine di importanza, il tessile-abbigliamento (81% della produzione delle imprese cinesi), il commercio (10%) e gli altri servizi personali (5%). Di contro, i settori economici autoctoni che maggiormente si avvantaggiano della presenza di imprese e famiglie cinesi sono, nell ordine: quello della distribuzione di energia elettrica, il cui valore aggiunto attivato grazie alla presenza della comunità cinese risulta il 23% del totale provinciale; quello delle attività professionali (17%); quello delle attività amministrative (16%); quello delle attività finanziare ed assicurative (13%) e quello del commercio (10%). I dati citati evidenziano, fuori da ogni dubbio, che il peso economico della comunità cinese sul contesto locale è di tutto rilievo e il contributo in termini economici è ben superiore a quello in termini demografici (9% dei residenti locali). Tenendo conto di effetti diretti, indiretti e indotti, se non vi fosse la comunità cinese il PIL della provincia di Prato risulterebbe più basso del 22%, il valore aggiunto delle imprese non cinesi si ridurrebbe del 9%, mentre le importazioni regionali ed estere si ridurrebbero rispettivamente del 36% e 39%. Il capitolo si conclude con la simulazione di alcuni scenari alternativi, tutti tendenzialmente virtuosi, ma con conseguenze diverse per l economia locale: da un lato si ipotizzano, infatti, upgrading tecnologico e qualitativo del settore moda, aumento della domanda di servizi intermedi legati alle fasi a maggiore valore aggiunto, aumento dell export verso i paesi ricchi, dall altro riduzione della 19

produzione locale con aumento delle importazioni dalla Cina e adeguamento degli standard operativi delle imprese cinesi, con una conseguente riduzione dell impatto economico locale. Tutti gli interventi sembrano concordare che il distretto pratese si trova in una fase molto delicata del suo sviluppo presente e futuro, in cui coesistono sia elementi critici (condizioni di lavoro precarie e in taluni casi illegali, esasperate dal livello elevato della concorrenza di prezzo, conflittualità tra le due comunità locali), sia potenzialità da sfruttare (operosità della comunità cinese, motivazione e forte etica del lavoro, intense relazioni internazionali, non solo nella fase di vendita dei prodotti finali). Le politiche pubbliche devono ovviamente cercare di valorizzare il più possibile tali potenzialità, al fine di ricreare nel distretto pratese quell equilibrio virtuoso tra cooperazione e concorrenza che in passato ha saputo generare lo sviluppo economico e l integrazione sociale. Di contro, se dovessero prevalere le ragioni della conflittualità, non potremmo che aspettarci un aumento del disagio sociale in entrambe le comunità, ma anche il fallimento dell economia pratese nell adattarsi al mutato scenario competitivo internazionale. è infatti evidente che l integrazione di una porzione così consistente della popolazione stabilmente immigrata è necessaria non solo per importanti motivi di coesione sociale, ma anche per altrettanto rilevanti ragioni di competitività economica del distretto e dunque di sviluppo futuro dell area. 20

2. La recente evoluzione delle imprese cinesi di Prato: diversificazione e relazioni transnazionali e miste 2.1 Introduzione è trascorso ormai circa un quarto di secolo da quando i primi immigrati cinesi, per lo più provenienti dai villaggi intorno a Wenzhou nella provincia del Zhejiang, hanno cominciato ad arrivare a Prato, dove, in relativamente poco tempo, hanno formato una concentrazione di persone e di imprese che per numerosità e affermazione economica non ha uguali in Italia e forse in Europa. Sull immigrazione cinese a Prato esiste ormai una letteratura vasta e varia (Barbu et al., 2013; Berti, Pedone e Valzania, 2013; Bracci, 2009; Ceccagno, 2003 e 2004; Ceccagno e Rastrelli, 2008; Colombi, 2002;, 2013a; Johanson et al., 2010; Marsden e Caserta, 2010; Pieraccini, 2008 e 2010). Prima di soffermarsi sulle recenti tendenze delle imprese cinesi di Prato, sembra utile richiamare brevemente l evoluzione di questo fenomeno dal suo primo manifestarsi fino alla crisi finanziaria internazionale. Durante l ultimo decennio del secolo scorso, favorita dalle catene migratorie, l immigrazione cinese a Prato aumentò rapidamente (da 520 residenti cinesi registrati all anagrafe del Comune di Prato nel 1990 a 4.806 nel 2001) e con essa si moltiplicarono i laboratori di cucitura per conto di imprese committenti italiane, prima di maglieria e poi sempre più di abbigliamento pronto moda (da 210 imprese cinesi di abbigliamento iscritte alla locale Camera di Commercio nel 1992 a 1.201 nel 2001). Dopo circa un decennio dai primi arrivi, quando il numero di immigrati cinesi e delle loro imprese era ormai consistente, alcuni di loro, con maggiore anzianità migratoria e quindi con maggiori conoscenze produttive e relazioni nel contesto di immigrazione, si trasformarono da subfornitori a produttori di abbigliamento pronto moda in conto proprio, specializzandosi nel disegno dei modelli e nella vendita a grossisti e dettaglianti, utilizzando come subfornitori i laboratori cinesi di Prato. Questa trasformazione, presto imitata da altri imprenditori cinesi, accelerò ulteriormente la moltiplicazione delle imprese cinesi a Prato, dove si formò un vero e proprio sistema produttivo cinese del pronto moda: le imprese cinesi in Provincia di Prato passarono da 1.499 nel 2001 a 4.840 nel 2010. Questo straordinario sviluppo avvenne nel primo decennio del nuovo secolo, proprio quando lo storico distretto tessile pratese subiva una crisi senza precedenti, essenzialmente dovuta alle difficoltà ad adattarsi al cambiamento radicale del contesto competitivo del settore tessile: globalizzazione, liberalizzazione del commercio internazionale, concorrenza dei paesi emergenti fra i quali spicca la Cina, perdita di potere di mercato delle imprese di produzione rispetto a quelle della grande distribuzione sempre più dominanti, domanda sempre più frammentata e variabile, introduzione dell euro e suo apprezzamento rispetto al dollaro. Tutto questo comportò una riduzione consistente e non temporanea della domanda di tessuti e filati prodotti a Prato, al punto che le esportazioni tessili della Provincia si dimezzarono e con esse 21